Immagine copertina dell'articolo su Mesos

Mesos – Che Bella Storia!

Oggi vi presento Mesos, un gioco per 2-5 giocatori dagli 10 anni in su, ideato da Yaniv Kahana e Simone Luciani, con le illustrazioni di Kerri Aitken, edito da Cranio Creations. Sulla scatola si legge un ottimista “30 minuti a partita”, ma a pieno tavolo si arriva tranquillamente intorno ai 45 minuti.

La. Scatola di Mesos

Mesos ti mette al centro di una tribù primordiale, dove sopravvivere e farsi valere significa prendere decisioni strategiche sotto pressione. Anche se l’ambientazione è quella del Mesolitico, la dinamica è più attuale di quanto si pensi: la competizione e i ruoli che ognuno ricopre in un gruppo restano sempre gli stessi, sia che si accenda un fuoco con pietre, sia che si pianifichi la prossima mossa al tavolo da gioco.

Come si gioca

Nel setup iniziale si forma il tracciato offerta, su cui si posizionano tessere in base al numero di giocatori. Accanto si dispongono due file di carte: nella fila superiore un numero pari al numero dei giocatori più quattro, mentre in quella inferiore carte pari al numero dei giocatori più una. Ogni giocatore parte con una quantità di cibo determinata dall’ordine di turno. La partita si sviluppa in 10 round, ognuno diviso in due fasi: piazzamento del totem e risoluzione delle azioni.

Immagine tratta da una partita a Mesos

Durante il piazzamento, ogni giocatore colloca il proprio totem su una tessera del tracciato offerta. Più si va verso la fine della fila, più carte si potranno prendere da entrambe le file, ma si scenderà nell’ordine di turno e si rischierà di dover pagare cibo. Chi sceglie una posizione iniziale, invece, potrà agire prima e aver maggiori chance di ottenere le carte desiderate, oltre alla possibilità di ottenere un bonus in cibo.

La scelta non è banale: prendere molte carte apre più possibilità ma costa cibo, restare avanti aiuta a contenere i costi e giocare per primi. Ogni personaggio nella tribù andrà prima o poi sfamato, e per ogni carta nella nostra area sarà necessario avere un segnalino cibo, pena la perdita di punti durante gli eventi di sostentamento. Ma arriviamoci con calma.

Una volta sistemati i totem, si procede alla risoluzione delle azioni. In ordine di piazzamento, ogni giocatore sceglie carte personaggio o costruisce edifici, pagando il relativo costo in cibo. Le carte ottenute vengono aggiunte alla propria area personale, e il totem viene spostato sulla tessera turno corrispondente, incassando o pagando eventuale cibo legato alla posizione.

Le Carte

Nel gioco troviamo due categorie principali di carte: personaggio ed edificio.

Le carte personaggio di Mesos

Le carte personaggio rappresentano sei ruoli diversi, ciascuno con una funzione specifica e modalità di punteggio ben distinte. I cacciatori generano cibo e permettono di ottenere punti durante la fase di caccia. I raccoglitori aiutano a ridurre il costo di mantenimento dei personaggi, essenziali per non perdere punti nella fase di sostentamento. Gli sciamani diventano determinanti nei rituali che si attivano più avanti nella partita. Gli artisti permettono di accumulare punti grazie alle pitture rupestri, con soglie che crescono nel tempo. I costruttori agevolano la costruzione di edifici offrendo sconti e punti. Gli inventori, infine, premiano la varietà delle carte raccolte nella propria area.

Le carte edificio di Mesos

Le carte edificio, invece, si costruiscono pagando un costo in cibo e offrono bonus o punti prestigio a fine partita. Possono essere scelte liberamente in alternativa alle carte personaggio.

Gestione delle carte e delle Ere

Alla fine del turno, tutte le carte personaggio presenti nella riga inferiore vengono scartate. Quelle rimaste nella riga superiore scendono nella fila inferiore, lasciando spazio a nuove carte, fino a ricreare il totale iniziale nella fila superiore.

Durante una partita di Mesos, esempio di disposizione delle carte

Le carte edificio, presenti fin dal setup, non vengono scartate alla fine di un round, ma restano in gioco fino al cambio di Era. Quando si passa all’Era 2, le carte edificio della fila superiore vengono spostate in basso e rimpiazzate da nuove carte di Era 2. Quando si accede all’Era 3, eventuali carte edificio ancora presenti dell’Era 1 vengono definitivamente rimosse e sostituite con quelle di Era 2, che scendendo lasciano spazio a quelle di Era 3 nella droga superiore. Lo so, sembra un casino, ma giocando tutto diventa più chiaro.

Gli Eventi

Durante la partita entreranno in gioco carte evento, mescolate nei mazzi delle tre Ere. Quando un evento si troverà nella riga inferiore, andrà risolto immediatamente.

Le carte Evento di Mesos

Gli eventi principali sono quattro e si attivano ciclicamente durante la partita. Il sostentamento richiede di spendere un cibo per ogni carta personaggio posseduta, pena la perdita di punti. Il momento della caccia permette di ottenere punti e cibo grazie ai cacciatori presenti nella propria tribù. I rituali sciamanici premiano il giocatore con più sciamani e puniscono quello con meno. Infine, le pitture rupestri offrono punti in base al numero di artisti, con soglie sempre più alte man mano che la partita avanza.

Questi eventi partono in sordina, ma con il passare dei round diventano sempre più determinanti, creando divari anche consistenti.

Strategie e scelte

Anche se a prima vista Mesos può sembrare un gioco family, sotto la superficie si nasconde un gioco altamente strategico, capace di premiare i giocatori con attitudine alla programmazione e all’ottimizzazione. Non è un titolo punitivo, ma ogni scelta lascia un’eco nei round successivi, e fare le cose “tanto per” porta quasi sempre a rincorrere gli altri.

La selezione delle carte è il cuore della strategia. Non si può prendere tutto, e ogni raccolta ha un costo, non solo in cibo, ma in sostenibilità. Avere cinque o sei carte a fine round può sembrare un bel bottino, ma quando arriverà un evento di sostentamento, sarà facile trovarsi a perdere punti se non si è costruita una buona base di raccoglitori o una scorta sufficiente di cibo.

I personaggi non vanno solo collezionati: vanno gestiti nel tempo. Alcuni danno punti subito, altri solo a fine partita, altri ancora richiedono presenza nei momenti giusti. I raccoglitori, ad esempio, sembrano poco interessanti all’inizio, ma senza di loro si paga tutto a prezzo pieno. Gli artisti e gli sciamani sono fondamentali solo a metà o fine partita, ma vanno costruiti fin da subito se si vuole ottenere qualcosa. I costruttori sono spesso snobbati ma necessari: pochi ci investono, ma offrono ottimi punti se usati bene. Gli inventori, infine, sono il classico “jolly”, ma diventano davvero efficaci solo se si è riusciti a raccoglierne un po’ e tutti con elementi diversi fra loro.

Una delle tessere turno di Mesos, girata sul lato 4 giocatori

L’ordine di turno è un altro aspetto da non trascurare. In certi momenti, agire per primi fa la differenza tra prendere una carta fondamentale o accontentarsi. Ma per farlo bisogna rinunciare alle posizioni che garantiscono più carte, o pagare pegno in termini di cibo. Senza contare che, volendo prendere più carte e quindi posizionandosi per ultimi, si corre il rischio di restare a bocca asciutta e vedersi soffiare tutte le carte dagli avversari, o doversi accontentare degli scarti rimasti. Lo dico per esperienza, ho perso il conto delle volte che mi sono trovato a non poter raccogliere tutte le carte che avrei potuto!

Il fine partita

Dopo il decimo round si calcolano i punti finali. Si sommano i punti già ottenuti durante la partita, quelli dati dagli edifici, quelli per gli inventori (in base alla varietà dei personaggi raccolti) e i punti delle pitture rupestri, che valgono sempre di più a seconda della quantità di artisti posseduti. Infine, ogni tre cibi rimasti si ottiene un punto extra.

Disposizione delle carte di Mesos in partita

Chi ha il punteggio più alto vince, con un sistema chiaro e senza sorprese. Ma spesso, la partita si decide negli ultimi due round, quando le combo costruite iniziano a dare frutti e i piccoli vantaggi accumulati diventano un solco difficile da colmare.

In conclusione

Ho giocato la prima volta a Mesos l’estate scorsa, durante un’anteprima al GiocAosta, e mi aveva colpito molto positivamente. Ora, potendo finalmente dedicargli più tempo, ho potuto apprezzare appieno la qualità del gioco.

Grazie a un manuale snello e chiaro, Mesos è un gioco facile da intavolare e proporre, a mio avviso ottimo per chi sta iniziando ad alzare leggermente l’asticella, ma adatto anche ai giocatori più esperti. L’impatto strategico, soprattutto per quanto riguarda la programmazione, è di livello superiore rispetto ad altri giochi della stessa fascia.

Particolare dell'artwork sulla scatola di Mesos

Poche regole eleganti e veloci da assimilare, che non appesantiscono i giocatori nella spiegazione, lasciandogli tutto il tempo di potersi concentrare sulle carte da raccogliere. Che poi, detto fra noi, mica è poco! È il cuore del gioco, il bilanciamento tra raccolta e mantenimento, il tempismo con cui si scelgono le carte: tutto gira con coerenza e crea una curva di apprendimento piacevole.

Anche la gestione del cibo, per quanto meno oppressiva rispetto ad altri titoli (in Mesos non muoiono appartenenti alla tribù, al massimo si rimedia qualche punto negativo), porta i giocatori a dover ragionare su più piani in contemporanea. Sotto questo punto di vista si vede l’ottimo lavoro fatto in fase di sviluppo, nel bilanciamento delle risorse.

L'organizer di Mesos

Mesos è un gioco in cui bisogna cercare di leggere gli avversari, capire dove stanno puntando, e anticiparli quando serve può fare la differenza.

Il comparto grafico è pulito e funzionale, senza fronzoli, e il regolamento è ben scritto. L’ambientazione resta leggera, ma la scelta dei ruoli e degli eventi riesce comunque a evocare un’atmosfera coerente con il tema.

Mesos apparecchiato al Muse di Trento durante il Playmuse del 2025

Se devo proprio cercare un pelo nell’uovo, mi resta qualche dubbio sulle partite a due giocatori, perché l’impressione che ho avuto è che il gioco diventi quasi una corsa ad accaparrarsi le carte sciamano, dato che verso fine partita incidono in maniera importante nei punteggi. Ammetto di non averne giocate chissà quante in questa configurazione (e di non amare a prescindere l’uno contro uno), ma ho la certezza che quattro giocatori sia il numero perfetto per giocare a Mesos.

E poi dai, soltanto in due, che razza di tribù sarebbe?!

Si ringrazia Cranio Creations per aver fornito la copia di valutazione, che sarà messa a disposizione dell’associazione ludica Ludoteca AltoMilanese, di cui faccio parte, per poter essere giocata.

Copertina del libro Nessuno Gioca per Perdere

Nessuno Gioca Per Perdere – La Recensione

Fin dal primo capitolo, pardon, il primo turno, le parole dell’autore, Andrea Dado, ci colpiscono come uno schiaffo in faccia. In Nessuno Gioca per Perdere sembra quasi che le regole vengano riscritte. Ritroviamo i familiari contorni macabri dei volumi precedenti, con la stessa crudezza linguistica che raramente associamo ai giochi da tavolo. Forse a quelli di ruolo, ma mai a quelli da tavolo.

Letture serali - Nessuno Gioca per Perdere
Era tardi, ma dovevo assolutamente finire di leggerlo!

Ancora una volta, Dado ci spiazza. Forse più che nel primo libro. All’inizio ti manca l’appiglio, ti chiedi cosa stai leggendo. Poi le pagine scorrono rapide e realizzi: tutto ciò che il secondo libro ha costruito ci ha condotto esattamente qui. E mentre cerchi di riprendere fiato, ti rendi conto che l’autore ti ha già preso alle spalle. Ti immobilizza, ti graffia con le parole: “Sei mio!” E quando sembra allentare la presa, lo fa solo per sbatterti di nuovo a terra. In un continuo, incessante turbinio di emozioni.

Premessa

Non è facile parlare di questo libro e della sua trama senza rischiare di svelare troppo. Ci proverò, ma non ne parlerò approfonditamente, per scongiurare ogni rischio di spoiler. E guai a fare torto a una bella opera come questa. Una storia costruita con pazienza e cura, che trova compimento soprattutto in ciò che, nato nel primo libro, ha preso davvero forma nel secondo. Questa non è una recensione canonica, o accademica se preferite. Pur essendo un buon lettore e rientrando in quel 7-8% di persone che legge più di dieci libri l’anno, non ho le competenze per andare oltre una riflessione personale, poco più che una recensione soggettiva.

Tutti e tre i romanzi della trilogia dei Mostri del Rock, scritti da Andrea Dado per DV Games: Nel dubbio prendo risorse, I punti di contano alla fine e Nessuno gioca per perdere
Che bel trittico!

Il Secondo Libro

Ho scritto un articolo su Nel dubbio prendo risorse, ma ho glissato sul secondo. Mi fa strano effettivamente scrivere del terzo volume della saga, saltando la parte centrale. Ma perché non ho parlato di I Punti si Contano alla Fine? Semplicemente perché ho avuto la sensazione che il romanzo fosse, seppur ottimo, mancante di qualcosa. La trama principale in sottofondo, quasi avvolta da una nebbia. Come fosse in preparazione di un qualcosa che, ora lo capisco, doveva arrivare con questo terzo capitolo. Qualcosa che portasse a una degna conclusione la storia. Non mi aspettavo però un pugno allo stomaco così forte.

Il Protagonista

Stefano Scalcianti è uno psicologo e un amante dei giochi da tavolo. Ne ha una profonda conoscenza e non lo nasconde, nonostante non sia mai semplice per un giocatore affermare la propria passione e condividerla con il mondo. Spesso ci si nasconde dietro poche parole, quasi sminuendo per stemperare un imbarazzo con frasi tipo “è un hobby”. Anch’io lo facevo all’inizio, temevo il giudizio e i mezzi sorrisi delle persone che con parole taglienti cercano di sminuire questo hobby. Stefano però sa che un Giocatore, uno con la G maiuscola, dedica a questo hobby molti più pensieri di quanti se ne dedichino a lavoretti di giardinaggio o fai da te.

Una passione che lo porta quasi a vivere la vita in funzione del gioco. Una passione che lo aiuta a superare la propria disabilità. Il protagonista ha perso una mano in un incidente da ragazzo. Il gioco è la sua ancora, il suo rifugio. Un’oasi sicura in cui ritirarsi da un mondo duro, dove il bullismo e la prevaricazione sui più fragili si alimentano in una Torino descritta con precisione tagliente.

Io invidio Stefano. Certo non per la serie di sfighe in cui vive la sua vita, ma per la forza interiore che lo porta a rimettersi in gioco ogni volta, nonostante tutto.

Il trittico di romanzi di Andrea Dado per DV Games

Espedienti Letterari

Difficile parlare di questo romanzo senza rovinarvi il gusto della lettura, ma non posso non parlare dei continui salti temporali che guidano la trama. L’autore ci ha abituati a una vera e propria modalità “in prima persona”. Come un videogioco narrativo, ti costringe a guardare attraverso gli occhi del protagonista, a farti le sue stesse domande. Che, lentamente, trovano risposta attraverso i salti temporali, come flashback che si intrecciano con naturalezza al presente.

Sarà per i continui richiami, ma mentre leggevo Space Oddity, la mia canzone preferita di David Bowie, continuava a suonarmi in testa. A un certo punto ho pensato che anche l’antagonista, come Major Tom, si è perso. Non nello spazio, ma in quel luogo nascosto della mente dove il dolore si trasforma in qualcosa di più oscuro quasi a giustificare il male che ne deriva.

In Conclusione

Vorrei parlarvi di altri personaggi fondamentali e dei semplici comprimari, tutti funzionali e ben disegnati dall’autore, ma preferisco non avventurarmi oltre e rovinare sorprese (Dico solo che il mio preferito è il signor Pinna!).

Apprezzo come Dado infili elementi del suo vissuto, spaziando dalle fitte descrizioni della sua Torino, ai modi di dire e sapori tipici abruzzesi. E soprattutto ammiro la precisione con cui inserisce tecnicismi, non solo ludici. Si sente che c’è studio dietro ogni dettaglio. E poi il finale. Che dire, davvero molto ben raccontato e con grande intensità. Quattro capitoli, quattro turni di gioco, davvero ben concepiti e portati a termine con cura.

Io che tengo in mano la mia copia di Nessuno Gioca per Perdere
Ringrazio DV Games per avermi fornito questa copia per scrivere l’articolo

Lo Consiglierei a Chi Non Gioca da Tavolo?

Ecco, a essere sinceri il dubbio mi perseguitava fin dalla fine del primo romanzo. So che leggere di Avalon, Dune Imperium o Florenzia potrebbe non dire nulla a chi non gioca. Ma allo stesso tempo, nell’insieme della storia, percepisco che nell’idea dell’autore il gioco, seppur predominante (vedi un po’ tu, è edito da DV Games…) non è determinante. Tutto ruota intorno al gioco, ma chiunque, anche un non giocatore, può apprezzare la storia e lasciarsi trasportare.

Sì, fatelo leggere anche a vostra moglie o vostro marito che sbuffano quando elemosinate una partita a Patchwork. Nessuno gioca per perdere non è un libro che parla di giochi. Almeno, non solo. È un libro che parla di rivincita. Anche perché, come l’autore ci insegna, perde solo chi smette di giocare.

P.S. Se non vi ho convinti a leggere questo romanzo, provate a farvi un’idea di come scrive Andrea andando sul suo blog, potreste cambiare immediatamente idea!

Ricordatevi di ringraziarmi poi…

Copertina dell'articolo di Gloomies

Gloomies: alla ricerca di fi…ori!

Non capita spesso di sedersi a un tavolo a Play Bologna, tra un appuntamento e l’altro, e ritrovarsi davanti a un gioco che ti prende nel giro di pochi turni. Ma è esattamente quello che è successo con Gloomies, provato in anteprima direttamente con l’autore, Filippo Landini. Il colpo d’occhio è notevole: i colori sparano forte, tra viola, turchese e arancione, e l’estetica pucciosa da fantasmini spaziali ti strappa subito un sorriso.

Play Bologna Gloomies e Filippo Landini

Effetto wow

Gloomies è un gioco per 2-4 giocatori dai 10 anni in su, con partite da circa 45 minuti. Un family game? Sì, ma non solo. Perché sotto la grafica sgargiante c’è un gioco vero, compatto e ben strutturato. Le regole girano lisce, ma dietro c’è una bella profondità, il gioco è curato in ogni dettaglio e le scelte da fare non mancano. Insomma, un family con la testa al posto giusto.

La scatola di Gloomies

Le illustrazioni, firmate da Justin Chan, si fanno notare eccome, e danno un’identità visiva precisa a un gioco che non passa inosservato sul tavolo. Il tutto arriva sotto l’etichetta Ravensburger, che ormai da qualche anno sta sfornando titoli per famiglie che non si accontentano di fare da contorno.

I materiali di Gloomies

Nella scatola

Gloomies si gioca direttamente nella scatola, che funge da plancia grazie a due strati sovrapposti: uno inferiore e uno forato in alto, dove pianterai e raccoglierai fiori. Ogni giocatore riceve una tessera riassuntiva, un certo numero di carte e dei piccoli aiutanti. Al centro del tavolo si sistemano i mazzi di carte fiore e ordine (con tre carte scoperte per tipo), la ciotola con i fiori in legno, e i gettoni bonus viola da un lato, turchesi dall’altro. La preparazione è veloce e scenografica: una volta montato il “campo”, si è subito pronti a giocare.

Porta Token Fiore

Come si gioca a Gloomies

Una partita a Gloomies si articola in due fasi principali: Crescita e Raccolto. Entrambe le fasi si svolgono a turni, in senso orario, e prevedono tre passaggi per ogni giocatore. Ogni fase termina quando il campo da gioco, delimitato dalla “linea bianca”, è rispettivamente pieno (fase 1) o vuoto (fase 2). Al termine della prima fase si effettua un primo conteggio dei punti, ma ci torniamo più avanti.

Durante la prima Fase di gioco di Gloomies

Fase 1: Crescita

Durante il proprio turno, ogni giocatore esegue tre azioni: gioca carte fiore per piantarle in una fila, prende eventuali bonus e pesca nuove carte. I fiori devono rispettare l’ordine e il tipo richiesto dalla fila, e gli aiutanti possono estendere le azioni disponibili. Dopo aver piantato almeno un fiore, si controlla la colonna dell’ultimo buco riempito: se c’è un gettone bonus, lo si prende e si sposta sull’altro lato del campo. Infine, si pescano carte dal display, con la possibilità di usare aiutanti per ottenere più opzioni.

La fase prosegue così, turno dopo turno, fino a quando tutti i buchi del campo da gioco, fino alla linea bianca, sono stati riempiti. A quel punto si effettua un primo conteggio dei punti… ma ci torniamo dopo.

Tabellone di Gloomies

Fase 2: Raccolto

Le azioni sono le stesse, ma stavolta si raccolgono i fiori invece di piantarli. Si sceglie una fila, si giocano carte corrispondenti e si prende in sequenza quello che si riesce a raccogliere, partendo sempre dal lato indicato dalle frecce. Anche qui vale l’uso degli aiutanti per estendere le giocate. I bonus, se presenti nella colonna dell’ultimo fiore raccolto, vengono presi e scartati, e si pescano due nuove carte dal proprio mazzo personale.

La fase termina quando il campo è completamente svuotato. A quel punto, si fa il bilancio definitivo.

Carte di Gloomies

Il punteggio, tra metà partita e traguardo

Alla fine della prima fase, ogni carta giocata sotto la propria plancia porta punti. Se si è stati abbastanza coerenti da giocare almeno quattro carte dello stesso tipo (sei in due giocatori), quei fiori valgono il doppio. E se lungo il percorso si è raccolta un po’ di polvere di stelle, si ottengono punti extra anche per quella, in base alla quantità accumulata. Questi punti vengono trasformati in gettoni e tenuti da parte, pronti per essere sommati più avanti.

Carte Obiettivi Gloomies

Dopo la seconda fase, arriva il conteggio finale. I fiori raccolti vengono sistemati sulla propria plancia o usati per completare gli ordini accumulati: ogni fiore piazzato vale da uno a tre punti, a seconda del tipo, mentre gli ordini completati premiano con il valore indicato sulla carta. Se un ordine è incompleto o sbagliato, non conta nulla. Anche qui si ricalcola la polvere di stelle con la stessa logica della prima fase, e si aggiungono i punti per gli aiutanti Gloomies rimasti inutilizzati, che regalano un punto ciascuno.

Alla fine si somma tutto: punti della prima fase, punteggio finale, stelle, ordini, aiutanti. Chi ha fatto meglio, vince. In caso di parità si confronta il numero di ordini completati, poi il valore del più alto. Se sono ancora pari… amici come prima.

Carte di Gloomies impilate sotto la plancia giocatore

Raccogli quel che hai seminato

Il gioco mantiene un ritmo sempre vivace, con turni rapidi e zero tempo morto. Una volta entrati nel mood, si va lisci dall’inizio alla fine. La prima fase ha un tono più leggero, quasi di costruzione tranquilla: si gioca in modo rilassato, ma mai distratti. Nella seconda invece cambia tutto, lì si tirano le somme e ogni scelta pesa. Dove metto i fiori? Rischio l’ordine o vado sul sicuro con la plancia? E soprattutto: mi conviene davvero spendere subito questi piccoli aiutanti, sapendo che a fine partita valgono un punto ciascuno?

Aiutanti Gloomies, delle sorte di modificatori

È proprio qui che Gloomies mostra il meglio di sé.Perché sotto l’aspetto colorato e l’accessibilità da gioco per famiglie, riesce a infilarti in una serie di scelte che funzionano, senza mai rallentare il ritmo.E poi, diciamolo: nella seconda metà della partita, il fatto di poter utilizzare solo le carte, gli obiettivi e i piccoli aiutanti raccolti, somiglia un po’ alla vita, dove si raccoglie soltanto quello che si è seminato.Nel mio caso ben poco, ma sono fiducioso che, con tutto il concime che ho usato, quel poco sarà davvero rigoglioso!

Il fatto che Filippo Landini, l’autore, abbia vinto un’edizione del prestigioso Premio Archimede e, nell’edizione successiva, sia arrivato secondo proprio con Gloomies, conferma ancora di più le sue qualità come game designer: capace di dare ai suoi giochi quel quid che li rende immediatamente riconoscibili e vivi.

Qui sopra trovate il video tutorial che ho realizzato per il mio nuovissimo canale YouTube: non dimenticate di farci una visitina, lasciarmi un bel like e iscrivervi al canale!

Ringrazio Ravensburger, che su segnalazione dell’autore, mi ha mandato una copia del gioco per poter scrivere questo articolo.

Annuncio collaborazione per i giochi da tavolo fra Le Cronache del Gioco e Weega

Collaborazione con Weega: Giochi da Tavolo e Nuove Opportunità

In breve: ho iniziato a collaborare con Weega, un social commerce per l’acquisto di giochi da tavolo. In questo articolo (quasi un comunicato) vi spiego il perché.

Ah, già che ci siamo, ve lo scrivo subito qui, all’interno del blog da oggi troverete un banner in alto e dei link referral di Weega. Se la cosa vi infastidisce potete non cliccare oppure andare a leggere altri blog, dove i link referral ci sono comunque… solo che probabilmente non ve lo dicono.

Partiamo da qui

Esattamente sette anni fa (giorno più, giorno meno) nasceva Le Cronache del Gioco, un blog il cui unico impegno è sempre stato quello di parlare di giochi da tavolo senza prendersi mai troppo sul serio. Una scommessa, un modo per condividere la mia passione e, perché no, per creare un po’ di scompiglio nel panorama ludico. Nel tempo, tra alti e bassi, sparizioni e ritorni, il blog si è ritagliato il suo spazietto, restando sempre fedele a un principio: niente collaborazioni dirette con editori o negozi.

Eppure, si cresce. Si cambia. Si impara a guardare avanti.

Annuncio collaborazione per i giochi da tavolo fra Le Cronache del Gioco e Weega

Aprire a collaborazioni senza perdere indipendenza

Ho capito che aprire a collaborazioni non significa cedere la propria indipendenza, ma semmai rafforzarla.

Ho già scritto in passato (altrove) di giochi “gentilmente offerti” dagli editori, ma senza mai addolcire la pillola per il quieto vivere. Perché se si perde la propria equità solo per assecondare le dinamiche tra editori e recensori, si perde tutto. L’onestà intellettuale viene meno, e con essa crolla qualsiasi progetto. Anche il grattacielo più imponente, se costruito su fondamenta fragili, prima o poi cade.

Quindi sì, ho sempre evitato di aprire a collaborazioni, perché so bene che, agli occhi di chi ti conosce poco, se ricevi un gioco da un editore sarai sempre un falso al soldo dei potenti. Fa niente se poi ne hai scritto peste e corna: tanto, la maggior parte della gente non legge, e se legge, spesso non capisce.

Ma c’è di peggio. C’è chi, pur di emergere dalla massa, sceglie di stroncare giochi a caso e viene osannato come un paladino della giustizia. O, peggio ancora, chi parla male di un gioco perché ha sbagliato a interpretare le regole, e chi lo segue non se ne accorge neppure.

Vi ricordate questo mio vecchio articolo? Scemo chi legge

Annuncio collaborazione per i giochi da tavolo fra Le Cronache del Gioco e Weega - screenshot dal sito con i dati dei giochi venduti
Giusto qualche gioco venduto!

Weega e la collaborazione con Le Cronache del Gioco

Chi mi segue sui social aveva già intuito qualcosa, ma rendiamo le cose ufficiali com’è giusto che sia: Le Cronache del Gioco ha aperto a una collaborazione con Weega, il primo social e-commerce dedicato ai giochi da tavolo.

Anni fa avevo già parlato con loro, in altre vesti e in altri lidi, ma per vari motivi non se n’era fatto nulla. Oggi, invece, eccoci qui.

La cosa mi fa piacere, perché il loro progetto è chiaro, pulito e poco invasivo per il blog. Weega è un portale che si occupa dell’acquisto di giochi da tavolo in modalità social, con prezzi competitivi e la capacità di trovare titoli difficili da reperire. Inoltre, ha un contatto diretto con la community, coinvolgendola nella selezione dei giochi da cercare e proporre.

In questo momento, in alto su Le Cronache del Gioco, c’è un banner con link referral. A voi non è chiesto nulla, se non supportare questo blog andando a cliccare qualche volta su quel banner.

Fine del comunicato. Ora possiamo tornare a parlare di giochi.

Attendo il vostro parere nei commenti.

Scatola Flower Fields

Flower Fields: il giardino che vorrei… ma senza api!

Se sistemare il giardino fosse facile come in Flower Fields, probabilmente non avrei più bisogno di passare le mie domeniche mattina a maledire le erbacce e passare il tosaerba. Che poi, fosse per me, stenderei una colata di cemento e via, ma vabbè… Più che il pollice verde io ho il pollice nero! Per non parlare delle api, che lo so anch’io che non pungono mica per sport, però quando le vedo il mio istinto grida “fuggi, sciocco” con la stessa voce di Gandalf. E invece, mentre nella realtà sistemare il giardino significa combattere con piante infestanti (maledetta ambrosia), con questo gioco potremo entrare in un mondo meno snervante, dove creare il giardino perfetto con pochi piazzamenti ben ragionati.

Leila e Flower Fields

Flower Fields è un gioco di Luca Bellini e Luca Borsa, sviluppato dalla Horrible Guilds e pubblicato da Ghenos Games, pensato per 1-4 giocatori dagli 8 anni con partite della durata di circa 40 minuti circa . Un bel piazzamento tessere semplice da spiegare e per questo facile da proporre in ogni occasione.

Scatola del gioco Flower Fields

Come diventare un perfetto giardiniere

In Flower Fields l’obiettivo sarà quello di creare un giardino fiorito e pieno di api, piazzando tessere aiuola di varie forme e dimensioni su una plancia personale. Ogni aiuola avrà il suo colore e potrà ospitare api, che saranno fondamentali per ottenere punti alla fine della partita. Solo le aiuole bianche presenteranno un simbolo speciale, l’alveare, che permetterà di raccogliere nuove api alla fine di ogni stagione.

Azione Tessera Piccola Flower Fields

Il gioco si sviluppa in tre stagioni, ognuna composta da un numero variabile di turni. Si partirà con una plancia giardino per ogni giocatore, un certo numero di tessere aiuola grandi disposte a cerchio con un segnalino che girerà (questa disposizione dei polimini ricorda vagamente Patchwork), alcune tessere aiuola piccole e una riserva di api. Durante ogni turno si potrà compiere una tra queste azioni. Si potrà prendere gratuitamente la tessera aiuola grande adiacente al segnalino sole, oppure pagandola in api se si sceglierà una tessera successiva, piazzandola subito nel proprio giardino. In alternativa, si potrà prendere una tessera aiuola piccola dalla riserva e posizionarla, raccogliere due api dal campo, oppure piazzare un’ape su un’aiuola che abbia lo spazio apposito, pagando il costo richiesto.

Fine partita Flower Fields

Di fiore in fiore

Alla fine di ogni stagione, quando saranno terminate le tessere aiuola grandi, si otterranno nuove api in base agli alveari visibili sulle aiuole bianche e si ripartirà con una nuova disposizione di tessere. Dopo la terza stagione si passerà al conteggio finale. Ogni aiuola varrà un certo numero di punti, con un sistema di moltiplicazione che premierà le aiuole più grandi e ricche di api. Inoltre, si riceveranno punti bonus per ogni riga o colonna completata sulla propria plancia.

Tessere Promo Flower Fields
Tessere promo direttamente da Essen

Ti raserò l’aiuola…

Flower Fields riesce a unire la bellezza di un giardino fiorito a una piccola sfida gestionale adatta a tutti. Ogni tessera andrà pensata con cura, ogni ape avrà il suo valore strategico e le scelte degli avversari influenzeranno la partita. E la cosa più bella? Qui non ci saranno erbacce da estirpare come nella realtà! (Si capisce tanto che il giardinaggio mi stressa?).

L'autore Luca Borsa mi lascia una dedica sulla mia copia di Flower Fields
Luca Borsa ha lasciato una dedica sulla mia copia di Flower Fields

Dal punto di vista strategico, converrà concentrarsi maggiormente su un paio di colori di aiuole, perché cercare di svilupparli tutti non sarà redditizio. Inoltre, un’ottima idea sarà cercare di collegare fra loro due piccoli agglomerati di aiuole con almeno un’ape già presente in ognuna. In questo modo si potranno ottimizzare le risorse e ottenere un punteggio migliore a fine partita.

Luca Bellini alle prese con la presentazione del gioco a una delle nostre serate in associazione LAM

Conclusioni

Flower Fields è un gioco che avrà il potere di rilassarti, senza togliere il gusto della sfida. Basterà sistemare le aiuole e distribuire le api al momento giusto, per poter quasi sentire il profumo dei campi fioriti. Una quarantina di minuti in cui realizzare un tabellone coloratissimo, pieno di tessere ben incastrate, regalando un’esperienza soddisfacente.

Un ape di Flower Fields

Certo, se invece ti cimenterai in partite contro avversari determinati e amanti della sfida, scoprirai che Flower Fields può diventare a tratti spietato. Si lotterà per accaparrarsi ogni tessera aiuola, si cercherà di arraffare l’ultima apina disponibile, rivelando la vera anima del gioco, ben nascosta dietro un’ambientazione leggera e delle api pucciose… capaci però anche di pungere!

Ironicometro valore basso
per informazioni clicca qui

Per me Flower Fields è un ottimo gioco, perfetto da portare alle serate in associazione e da proporre sia ai neofiti che ai giocatori più esigenti. Intanto, continuo a fare pratica, sperando che mi aiuti a pianificare la piantumazione del mio piccolo giardino. Il gioco piace anche a mia moglie, anche se continua a ripetere che, più che strategie di piazzamento, a casa nostra servirebbe un giardiniere in carne e ossa…

Badge IdeaG 2025

IdeaG 2025 – A Ognuno il Proprio Eroe

Sono tornato anche quest’anno a Parma per il 20° Incontro Nazionale delle Autrici e degli Autori di Giochi, ovvero: IdeaG!
La mia settima edizione nazionale! Inizio quasi a sentirmi un veterano, vecchio, stagionato o, se preferite, profondo conoscitore dell’ambiente. Un esperto, se vogliamo, non di giochi forse, ma di come si sta a un tavolo per fare del playtest sì.
E quindi, voi direte: “Ne avrai fatto una miriade di playtest, giusto?”

No

Non prendiamoci in giro, sono sempre stato uno scansafatiche che approfitta di queste occasioni per rivedere amici, mangiare e bere senza alcun ritegno. Tuttavia, nonostante abbia giocato poco, devo ammettere di aver giocato bene.
Diciamo che quest’anno ho puntato più sulla qualità che sulla quantità!

A differenza degli anni passati, dove ho scritto migliaia di righe per ogni report, addirittura in un caso facendo due articoli (vedi qui e qui), raccontando con minuzia di particolari i regolamenti di tutti i giochi provati, quest’anno ho deciso di tornare alle origini con articoli meno voluminosi e più immediati. Solo un breve accenno a ogni gioco provato, anche perché tanto poi le regole da qui ai prossimi mesi cambieranno in un battito di ciglio. Ah, probabilmente sarò ancora più dispersivo del solito, ma ormai immagino mi conosciate abbastanza…

Appena arrivato. Ancora poca gente a IdeaG

Sabato

Il sabato a IdeaG è da sempre il mio giorno preferito, perché solitamente ho la forza di affrontare i giochi che più amo, quelli corposi e impegnativi da almeno 4.0 su BGG. Ecco, solitamente dicevo, certo che se però parti da casa con poche ore di sonno in saccoccia, non è che disdegni partire con cosine più light. Quindi, ho saltato dritto ignorando ogni ben di Dio che mi si parava davanti agli occhi, che anche solo sembrasse più complesso di un Carcassonne.

Pirati e Farfalle

No Prey No Pay

Ho ritrovato il caro Emanuele Briano, e dopo averci scambiato due chiacchiere, mi sono seduto a provare No Prey No Pay.
In questo gioco, i giocatori vestono i panni di pirati intenti a dividersi il bottino delle loro razzie, ma dove spesso capiterà di lasciare qualcuno al tavolo a mani vuote. Ci sono diverse carte che daranno punti a fine partita per dei set collection, maggioranze e altre condizioni. Soltanto i più bravi a fare previsioni potranno accedere al bottino. I giocatori disporranno di carte con sopra riportati dei valori da 1 a 3, uguali per tutti, e dopo averne giocata una a ogni turno dovranno scommettere sul valore totale di tutte quelle in gioco. In base a chi si sarà avvicinato di più al valore totale, i giocatori avranno la possibilità di raccogliere dal tavolo il bottino, che sarà in quantità limitata a ogni round. Ho avuto l’impressione che il gioco non avesse bisogno di alcun intervento e che fosse già pronto per essere piazzato a qualche casa editrice. Non mi è dispiaciuto.

Butterflowers

Curiosando qui e là, vagando tipo The Walking Dead tra i tavoli, vengo attratto da quello del buon Filippo Landini per provare il suo Butterflowers. In questo gioco bisogna collezionare principalmente carte con fiori e farfalle, sbloccare delle milestone per acquisire nuove abilità e poter agire su di un mercato comune, dove far crescere il valore delle varie tipologie di farfalle. Interessante la gestione delle presa delle carte, condizionata dai simboli presenti sulle stesse, rappresentanti l’alba, il sole di mezzogiorno e il tramonto, che ti obbligano a prendere soltanto carte dello stesso tipo. Lasciate perdere il discorso farfalle e fiori, che immagino possano attrarre quanto una visita dall’urologo, ma questo gioco è a mio avviso davvero ben fatto e, con qualche limatina, sono sicuro ne uscirà un buon prodotto.

IdeaGDR

Quest’anno, per la prima volta, a IdeaG, era presente un distaccamento dedicato al GDR! Sei o sette tavoli dedicati al playtesting del Gioco di ruolo in un’altra saletta, meno caotica delle altre ma carica di magia. Ho soltanto incrociato Mauro Longo, uno degli artefici di questa innovazione, senza però poter scambiare nulla di più che due parole. Immagino comunque la sua emozione e soddisfazione nel vedere realizzarsi un passo così importante. Così, passeggiando curioso fra i tavoli, ho assorbito tutto l’entusiasmo di quel manipolo di autori, lasciandomi coinvolgere nel loro mondo e raccogliendo i loro feedback (molto positivi) sull’evento. Non ho giocato a nulla, mi sono limitato ad ascoltare un paio di idee e ne sono uscito soddisfatto.

Ground Zero

IdeaG è una polveriera di menti in costante lavoro, puoi quasi sentire gli ingranaggi che stridono i loro denti mentre ruotano, al quale solo gli autori più navigati sanno porre rimedio “lubrificando” con una buona birra. È il caso del mitico Simone Cerruti Sola, che dopo qualche anno ritorna in quel di Parma e subito mi propone una bella bevuta, non prima però di testare il suo ultimo gioco: Ground Zero. Un gioco di gestione e piazzamento dadi dove lo scopo sarà quello di fondare un’accademia della magia. Sarà nostra cura sviluppare i vari attributi, gestendo anche quelli di luce e oscurità, bene e male, cercando di bilanciare in un perfetto equilibrio ogni cosa.

Non posso scendere maggiormente nei dettagli senza dover scrivere un romanzo. Premesse buone, c’è ancora da lavorarci, ma visto il nome dell’autore, sono sicuro che verrà fuori qualcosa di buono.

Sabbia e Mana

Castelli di Sabbia

Dopo la pausa dissetante, si torna in sala a provare cinghialoni! Scherzo, non è vero, mi fermo dal mitico Filippo – Jack Black – Brigo a provare un gioco di carte, Castelli di Sabbia, fatto in collaborazione con Francesco Corato, per un target dichiarato di 7+, ma che ha intrattenuto piacevolmente anche un 47+ come il sottoscritto. Meccaniche semplici: peschi delle carte, giochi quelle con gli stessi numeri presenti sul castello di sabbia, andando a completare la struttura e attivi i poteri per stimolare un’interazione diretta, spietata ma divertente. Non male, dai!

Non ricordo il nome

Poi, con il grandissimo Tommaso Vezzali, ci siamo appropriati di mezzo tavolo e abbiamo provato un suo gioco (lo aggiungo dopo che ora non ricordo il nome). Un gioco di quelli che di solito rifuggo come la peste! Non amo i giochi di carte in generale, se poi sono vagamente di carte collezionabili, uno contro uno, sento del dolore fisico anche solo a stargli vicino. Però questa volta ho sopportato, dopo tutto, il playtester a IdeaG è al servizio dell’autore! E poi, col senno di poi, non mi è andata neanche così male. Questo gioco mi ha mostrato in pochi turni una fase di crescita esponenziale, dove, dopo una prima mano esplorativa, un po’ lenta, ne è seguita un’altra più veloce e appagante, regalandomi delle buone sensazioni.

Il sistema di attivazione a modi tris delle nove carte disposte in una griglia tre per tre, permette di accumulare risorse e mana per poter migliorare al mercato le proprie carte, oppure risolvere le missioni prima dell’avversario, sfruttando altre intuizioni, che per brevità, non sto qui a raccontare. Questo gioco mi ha colpito soprattutto per l’impressionante quantità di carte già pronte e, a occhio inesperto quale può essere il mio, già ben bilanciate.


E pensare che questo genere di giochi solitamente mi fa ca… capire quanto i gusti dei giocatori possano essere condizionati dalle esperienze negative pregresse, e che non è detto che un buon gioco non possa farci ricredere. Bisogna sempre dare delle seconde chance!

Quindi ho dato una seconda chance anche al barista, bevendo un’altra birra, questa volta con una nuova crew.

A IdeaG solo per giocare. Sì…

Il Mio Preferito

Per riprendermi dalle mille fatiche, ne ho approfittato per andare a fare il check-in al mio albergo. Sì, perché per la prima volta non sono rimasto nello stesso hotel dove si svolge l’evento. Ho trovato un’offerta migliore in una struttura molto vicina e con i soldi risparmiati mi ci sono pagato la cena. No, non scenderò nei dettagli dei prezzi, ma ne è valsa la pena.

Manarola

Mezz’ora dopo, sono nuovamente ai tavoli, giusto in tempo per poter provare il mio gioco preferito di questa edizione di IdeaG. Due giovani e acerbi autori, come Walter Obert e Carlo Lanzavecchia, mi portano a Manarola. Un gioco scenografico che soltanto due menti geniali come le loro potevano partorire. Oltretutto, gioco non registrato nel listone dei prototipi e con le plance disegnate al momento su dei pezzi di carta, perché il regolamento vero e proprio è stato definito quella mattina stessa…

Immagine presa da internet

A turno, ogni giocatore può eseguire 4 azioni, fra cui prendere un edificio, posizionare un edificio, prendere un contratto, prendere un oggetto fra un gatto, un gabbiano e un omino. Sì, possono fare più volte le stesse azioni, ma con una riserva limitata dove stipare le cose. Lo scopo è quello di ricreare le condizioni dei contratti, rispettando posizione, colori, presenza di oggetti e portoni, negozi o finestre, cercando di ottimizzare il più possibile le proprie mosse. Man mano che il gioco prosegue, la città si costruisce davanti ai propri occhi, regalando uno scorcio esattamente uguale alla realtà. Sono due geniacci e io non vedo l’ora di poterlo giocare nuovamente!

La Cena e la Cialtronata

Ironicometro valore alto
Per informazioni clicca qui
La Cena

Arriva il momento più bello della giornata, ovvero quello dove si mangia! Anche quest’anno mi ritrovo a cena con Luca Ciglione di Giochi Sul Nostro Tavolo, Nicola il Green Player e Stefano il Boardgamer di Montagna. Siamo così male assortiti e casinisti che pariamo Abatantuono and Company in Attila il flagello di Dio. Per fortuna i nostri Unni sono Claudia, Licia, Christian e Sara che alzano un pochino il livello (solo un pochino), ma non basta ad evitarci le occhiatacce della proprietaria. Quest’anno siamo andati a mangiare in un posto sperduto trovato all’ultimo momento, perché la bettola dove eravamo stati l’anno scorso ha chiuso, probabilmente per la vergogna, subito dopo averci ospitati l’ultima volta. In questa nuova location (voto diesci) ho potuto apprezzare specialità del luogo come il risotto taleggio e radicchio, annaffiato da dell’ottima acqua.

Nient’altro da segnalare, se non che per la fretta di tornare in albergo siamo andati via senza salutare Sara, che ho scoperto soltanto in un secondo momento essere colei che sta dietro il profilo Instagram I Giochi di Sasha. Adesso capisco come mai ricorreva spesso nei discorsi della serata!

Nicola Mosca che istiga alla violenza contro un altro tavolo
La Cialtronata

Ma perché tutta sta fretta di tornare a IdeaG? Perché per le 21 era prevista la cialtronata! Ora, per chi non è mai venuto in passato a un’IdeaG nazionale sarà difficile comprendere questa cosa, ma IdeaG, oltre che un ritrovo di grandi autori, è anche un ritrovo di gran cialtroni! La sera si organizza uno spettacolo dove i partecipanti, solitamente, collaborano fra loro per la creazione di un gioco da tavolo, sfidando gli altri tavoli a suon di esposizioni surreali, urli, insulti, ululati, incitamenti e applausi vari. A presentare la serata un impeccabile Luca Borsa, stimato concittadino e gran visir di tutti i cialtroni di IdeaG!

Appena arrivati, e dopo aver rovesciato acqua sul tavolo e preso a insulti gli altri presenti, accogliamo Chiara de Le Recensioni di Chiara, per creare una super squadra capitanata dal sottoscritto.

Le interviste di IdeaG mentre la gente dorme!

GLI INCONTINENT CREATOR

Purtroppo, nonostante un’idea brillante, la realizzazione di un prototipo perfettamente funzionante e l’ottima e impeccabile esposizione del sottoscritto, non abbiamo vinto, giungendo però a un rispettabile secondo posto. Ho provato in tutti i modi a farmi amico la giuria e il pubblico, esponendo la mia teoria secondo cui per creare un gioco di successo quelle che contano veramente sono le recensioni degli influencer e le loro storie su Instagram, e che essere autori è sopravvalutato, ma nonostante tutto ci hanno preferito altri. Per la cronaca, ha vinto una squadraccia capitanata da Riccardo Vadalà e sovvenzionata dai soldi di Max Calimera, che dopo aver unto la giuria e soprattutto il super giurato editore Silvio Negri Clementi, promettendo una prossima uscita della rivista Io Gioco interamente e unicamente dedicata a Pendragon Game Studio, ha avuto gioco facile. A tal proposito, chiedo ufficialmente indietro i soldi che ho allungato alla giuria per vincere il primo premio! Comunque, se volete una panoramica dettagliata del nostro gioco, lo trovate nella seconda parte del video di Chiara cliccando qui. Potete cogliere le mie indiscusse doti oratorie che mi hanno valso un premio speciale della critica, per la migliore presentazione.

Premio speciale della giuria. Un gioco di Luca Bellini. In russo!

Cinque o sei anni fa avrei fatto le quattro del mattino a giocare, per macinare quanti più giochi possibili, ma a mezzanotte e cinque sono già in debito di ossigeno. Scambio due chiacchiere con Licia Cavallini e Christian Viaggio, i mitici ragazzi di Salso Ludix, che quest’anno hanno curato i social di IdeaG durante tutta la kermesse. Bevo qualcosa, annuisco e rispondo con sciocchezze a domande intelligenti, saluto e poi quasi senza accorgermene mi ritrovo in camera mia, pronto per andare a dormire.

Cose che capitano. Spesso. Solo a me!

Domenica

Rinvigorito dal sonno e dall’abbondante colazione, torno alla carica ai tavoli di IdeaG. Il mio programma è sempre lo stesso di tutti gli anni: si gioca fino all’ora di pranzo, poi si torna a casa.

Golden Acorn

Trovo il carissimo Luca Zack Piran e il suo splendido gioco Day Zero, un american che tanto attira sia per la veste grafica che per l’idea di gioco in sé. Ho declinato l’offerta di provarlo, consapevole dello scarso apporto che avrei potuto dare in termini di playtesting, ma ho potuto provare, sempre dell’autore, un bel gioco di corse di nome Golden Acorn. Ambientato in un bosco, si tratta di un gioco di gestione mano di carte, con una parte interessante di programmazione del turno, sia per quanto riguarda la carta da giocare nel turno successivo, sia nella scelta di dove posizionare il proprio segnaposto su di un lato o l’altro del ramo.

Se decidiamo di partire in posizione più avanzata per ottenere maggiori risorse ghiande (vero e proprio carburante del gioco), poi muoveremo la nostra pedina senza alcun vantaggio, mentre invece, se lo posizioniamo più indietro, potremo avanzare più velocemente, sfruttando dei boost, ma a costi più alti in termini di ghiande. Gioco pulito e piacevole, soprattutto per chi al tavolo apprezza le sportellate, con situazioni di gioco forse un po’ troppo al limite della controllabilità, per via delle abilità asimmetriche dei giocatori e dall’interazione diretta che ne scaturisce, ma davvero divertente. Bella idea, bravo!

Tobia Botta

Finalmente Tobia

Io e Tobia Botta abbiamo sempre un appuntamento fisso le domeniche a IdeaG, perché lui prende sempre il tavolo quel giorno, dedicando il sabato a playtestare i giochi degli altri, mentre io la domenica solitamente non riesco a provare roba troppo complessa, spesso sfatto dal giorno prima. I suoi giochi sono perfetti, mazzetti di carte con poche regole, ma davvero geniali.

Jinn

Anche qui non entrerò troppo nello specifico, altrimenti non finisco più di scrivere, ma da lui ho potuto provare Jinn, un gioco di prese dove puoi giocare carte davanti a te o agli avversari in base ai colori, e che alla fine del round, chi ha davanti a sé il numero più alto, prende una carta tesoro, così poi il successivo e così via. Se la carta tesoro indica un 3, ad esempio, i 3 giocatori con la carta più alta della manche prenderanno ognuno un tesoro. Nella sua semplicità si è rivelato essere un gioco preciso e divertente.

Colorzilla

Poi abbiamo provato Colorzilla, il mio preferito del trittico, che però richiede ancora un po’ di lavoro di sviluppo. Un uno contro tutti, formato da un mazzetto di carte che riportano da un lato sei tipi diversi di colori. Un giocatore interpreta Godzilla che entra in città, giocherà una carta coperta dalla propria mano, vincolato da una sequenza di colori obbligatoria preventivamente visionata, che lo obbligherà a giocare seguendo un ordine senza mai cambiarlo durante tutta la partita. Gli altri giocatori, ignari dell’ordine dei colori, dovranno rispondere, carta su carta, confrontandosi e giocando a loro volta una carta. Se i colori saranno uguali, Godzilla subirà un colpo, altrimenti proseguirà nella propria avanzata.

Una ricerca del codice colori alla Mastermind per cercare di intuire le mosse dell’avversario, ma pur sempre condizionato dalle carte nella propria mano. Credetemi, è molto più semplice di come l’ho spiegato io, ma non vorrei dilungarmi troppo, anche perché i regolamenti dei prototipi evolvono durante la fiera stessa!

Bonzo Gonzo

Terzo gioco provato sul wrestling Bonzo Gonzo, anche qui un’idea meravigliosa e che secondo me diverte tantissimo, ma che ha bisogno ancora di qualche aggiustatina. Partendo con delle carte disposte casualmente in una griglia, con i colori dei giocatori e valori da 1 a 5, puoi eseguire una delle due mosse: atterrare l’avversario adiacente con il valore uguale o più basso del tuo, ma nel farlo ti giri di spalle modificando il tuo valore di forza in zero, e quindi a tua volta rischi di essere schienato, oppure ti sposti su uno spazio libero della griglia. Dopo il test, abbiamo discusso sulla possibilità di aggiungere un sistema di punteggio e sulla possibilità di non avere il controllo solo dei lottatori di un determinato colore, ma di poter utilizzarli tutti. Moooolto promettente!

Il gioco che non fa per me

Everything, Fast!

Poi sono finito da Dario Massa per provare ancora tre giochi, sempre di peso light. Il primo è una bomba: Everything, Fast!, che a mio avviso potenzialmente può spaccare. Un party game in cui tutti devono liberarsi delle proprie carte in mano, scartandole al centro del tavolo seguendo delle regole per ogni figura. Tipo, ad esempio, la carta Scala, che puoi scartarla solo liberando il centro del tavolo di un set di tre carte dal valore in scala (per l’appunto), oppure la carta Re, che può essere giocata solo se è l’unica presente in quel momento sul tavolo, senza che ce ne sia presente nemmeno una con le sue stesse caratteristiche (Re, Colore, Valore). Questo gioco non fa per me, così come non fanno per me altri giochi come Dobble, perché mi sento frastornato cercando di decifrare le carte che ho in mano, mentre vedo gli altri scartarne come se non ci fosse un domani. Non è un gioco per vecchi, ecco, però secondo me spacca davvero!

Please Understand

Poi ho provato un altro gioco: Please Understand, dove a ogni giocatore viene assegnata una carta regola, sul cui retro dovrà posizionare degli oggetti di partenza che possano rispondere alle domande sì o no. Se la mia regola, ad esempio, è “si trova in una casa”, assegnerò il libro e le fragole sul sì, il motore e la rana sul no. Gli altri giocatori chiederanno dove andranno posizionati gli oggetti che a loro volta passeranno, e man mano, andando a riempirsi il tavolo di oggetti disposti sui vari sì e no, bisognerà cercare di intuire la regola alla base di ogni ragionamento.

Per ammissione dello stesso autore, è impensabile indovinare le regole, se non dopo lunghi e svariati tentativi, e la presenza di oggetti difficilmente assegnabili alle due semplici categorie ne aumentano la difficoltà. Tuttavia, non è impensabile riuscire a risolvere una o due carte, e farlo è anche piacevolmente gratificante. C’è da lavorarci, però mi intriga.

A Strange Town

Dell’ultimo gioco, A Strange Town, in realtà ho seguito solo la spiegazione e il primo turno, perché mi stavano aspettando per altro. Un giocatore interpreta la parte di un abitante di una città dove ci si esprime con dei modi di dire particolari. Gli altri, i forestieri, devono porgli delle domande e cercare di integrarsi nella città. In base alle risposte, si dovrà giungere a comprendere il loro modo di esprimersi. Ad esempio, se devo rispondere mettendo nella frase sempre almeno un colore e un giocatore mi chiede che tempo fa, io risponderò che è una giornata grigia. Se mi chiedono quale manga sto leggendo, io rispondo che sto leggendo One Piece, ma che sono nero perché non finisce più, ecc… Un gioco particolare, che ha la caratteristica di essere formato da pochissime carte, perché ne servirà una per ogni round, ma che potrebbe funzionare più come print and play che come prodotto da mettere in vendita!

In un mondo di Batman io voglio essere…

Ho mentito all’inizio, lo avevate capito vero? Ho detto che sarei stato breve e invece non ce l’ho fatta, mi sono fatto trasportare dai ricordi e ho iniziato a scrivere. Mica è facile però, provateci voi ad avere un’esplosione di emozioni da raccontare e doverle invece contenere! Ammetto che ho parlato poco dei giochi, preferendo concentrarmi di più sul resto, per il semplice fatto che ha poco senso parlare di regolamenti, quando questi variano in continuazione. Basta dare un’idea di massima e un’impressione, senza scendere troppo nei particolari.

Foto rubata dai social di IdeaG, non diteglielo!

E poi, parliamoci chiaro, a IdeaG non ci vai solo per giocare, ma per poter vivere e condividere attimi di puro divertimento insieme ai tuoi eroi. Perché io da piccolo non volevo essere Batman, io volevo essere Pestrin!

Il Pabis pronto per un'intervista nell'area dedicata al Salso Ludix

Salso Ludix 2024

Anche quest’anno ho avuto la fortuna di essere ospite a Salso Ludix, evento sul gioco da tavolo e di ruolo nello splendido Palazzo dei Congressi di Salsomaggiore Terme, svoltosi il 19 e il 20 ottobre, organizzato dall’omonima associazione A.S.D. Salso Ludix, con la direzione artistica di Christian Viaggio, Daniele Molinari e Andrea Storti.

Potendo fare affidamento su diverse associazioni ludiche del territorio, un gran numero di volontari e professionisti, supervisionati da un’organizzazione ormai oliata e consolidata, anche quest’anno la kermesse è stata un successo, forse anche più dell’anno scorso, cosa che non credevo fosse possibile.

Posso fare un piccolo confronto, avendo partecipato anche all’edizione scorsa, trovando un miglioramento in termini di organizzazione degli spazi, volti a cercare di lasciare ancora più zone dedicate al gioco, senza perdere tuttavia le aree tematiche dedicate al gioco di ruolo, ai giochi di carte collezionabili, ai Lego e ai panel, offrendo addirittura un’intera arena a questi ultimi.

Ok, finita la parte seria (la maggior parte scopiazzata dal comunicato stampa), passo a parlarvi della mia Salso Ludix.

Conta più la persona che il personaggio

Resto spiazzato, imbarazzato e grato quando Daniele e Christian, anche quest’anno, mi chiamano per invitarmi a partecipare a Salso Ludix. Non sono certo un personaggio come TeOoh, I Giullari o Helios Pu. Soprattutto lo sono ancora meno quest’anno, che, per mille ragioni, ho contribuito davvero poco alla divulgazione del gioco sui miei canali, ma è chiaro che, per loro, conta più la persona che il personaggio. Per dire, mia madre si dimentica di invitarmi a cena (forse anche perché sa quanto mangio) e loro, invece, si ricordano di me! Scherzi a parte, capisci subito quando hai a che fare con ragazzi appassionati e con le idee chiare, che sanno quello che vogliono: “Vogliamo il Pabis perché… perché vogliamo il Pabis?” me li immagino così durante il loro briefing.

Poi, diciamocela tutta, Luca Borsa, mio esimio concittadino, ha bisogno di un badante, e loro sanno benissimo che sono la persona più adatta per questo ruolo!

Esterno del palazzo dei congressi di Salsomaggiore Terme durante il Salso Ludix
Quello con la borsa è il Borsa. Scusate…

Scende la pioggia ma che fa

Partiamo da casa con calma a metà mattina e, in un’oretta e mezza, arriviamo in quel di Salsomaggiore Terme, in tempo per il pranzo. Subito a pensare male, eh? È solo un caso. Giusto il tempo di scrollarci di dosso la pioggia e ambientarci nelle splendide sale del Palazzo dei Congressi, dove si svolge Salso Ludix, che veniamo accolti da Daniele e Christian. Abbandonato Luca Borsa al suo programma, assaporo il clima piacevole nelle sale, approfittando dei tanti amici e “colleghi” per scambiare due chiacchiere. Ci sono tanti bravissimi autori, ma anche Roberto Pestrin, tanti bravissimi divulgatori capaci, ma anche Luca Ciglione. Insomma, di tutto un po’, alti e bassi.

Dettaglio interno del palazzo dei congressi al Salso Ludix
Peccato per l’estintore, potevano farlo bianco!

Giochi provati a Salso Ludix

Ho proposto un paio di giochi per il “Gioca Con” di quest’anno e ne ho approfittato per sedermi a provare qualcosa. Senza scendere troppo nei particolari dei giochi, ecco cosa ho provato in questi due giorni:

I ritardatari

Botanicus

Botanicus ha davvero un bel ritmo, semplice e chiaro; si spiega con semplicità, e il suo pregio migliore è che lo puoi giocare sia con il neofita che con il giocatore esperto, senza perdere il piacere di giocare. Il difetto è che parla di piante e giardini. Questo è il primo gioco che ho deciso di proporre per il mio “Gioca Con” del sabato.

All’orario prefissato lo apparecchio sul tavolo assegnatomi, ma, con il passare dei minuti, sembra chiaro che chi si è prenotato non sarà della partita. Decido allora di cedere e farlo giocare ai “tre scappati di casa”, che, in barba alle prenotazioni, avevano già preso posto al tavolo: Luca Borsa, Walter Obert e Carlo A. Rossi. Faccio l’errore di dire a Carlo che, secondo me, la strategia degli animali, nella versione base, soprattutto nelle prime partite, è un pelino troppo redditizia; subito fa suo il consiglio e ci asfalta. A un certo punto arrivano anche i due che si erano prenotati (con solo 23 minuti di ritardo) e, cogliendo la loro delusione nell’aver perso il posto, mi offro di intavolarlo nuovamente appena finita la partita. Tutti felici, e anch’io di prendere mazzate anche da loro.

Ero troppo preso per fare foto mentre giocavo

Fruit Cup

Scopro di essere una sega assurda a questo gioco, ma che inspiegabilmente vorrei, così da farci giocare tutti in ludoteca e a casa. Davvero, sono imbarazzante mentre cerco di decifrare le richieste delle carte e, con il cucchiaino, tento di tirare fuori gli ingredienti inadatti al loro completamento. Il mio cervello ragiona al contrario, togliendo gli ingredienti che invece dovrei lasciare nel bicchierino. Al tavolo ho perso con chiunque sia passato di lì: da Paolo Mori a Gabriele Mari, da una bambina di tre anni ad addirittura Roberto Pestrin!

Bel gioco davvero

Shogun No Katana

Provato la domenica nella Sala delle Cariatidi (un nome un programma) ai tavoli di Orizzonte degli Eventi, associazione attiva dal 2007 in quel di Piacenza, che vanta fra le proprie fila proprio l’autore del gioco, che però non c’era. Meglio così, ho evitato di fare figuracce davanti a lui! Oltretutto il gioco non l’avevo mai provato, se non in versione prototipo nel 2017, quindi sono riuscito a colmare una mia lacuna. Purtroppo ho scelto male i miei compagni di tavolo: Luca Ciglione e Fabio Lopiano, soprattutto quest’ultimo, la devo smettere di giocarci assieme! Ha infierito inanellando una serie infinita di combo, forgiando più katane lui che Hattori Hanzō in Kill Bill. Comunque, questo è un gioco davvero ben fatto, che fa venire voglia di rigiocare immediatamente. Quasi quasi me lo regalo a Natale…

Un Pestrin desideroso di menare

Gioco di menare

Lo so, è tutto l’articolo che parlo male di lui, ma Roberto Pestrin mi ha fatto provare un gioco di menare (manco mi ha detto il titolo) che ricorda i classici beat ‘em up, o picchiaduro se preferite, in stile Street Fighter, misto a Sushi Dice. Non so realmente quanto possa parlare di questo prototipo, ma posso dire che mi sono divertito davvero parecchio e che non vedo l’ora che sia mio! Che poi, riflettendoci, ha tutti gli elementi che più odio nei giochi: il dexterity, il dover essere veloci, urlare e suonare una cacchio di campanella, eppure mi sono davvero divertito. Eh sì, lo ribadisco anche qui, collegandomi a un discorso nato al tavolo: i giochi per ragazzi possono essere anche di puro divertimento ignorante, non devono per forza insegnare sempre qualcosa.

Dall’Egitto con furore

Pyramidice

Altro gioco proposto dal sottoscritto per il “Gioca Con” è Pyramidice. Non ho avuto prenotazioni dal sito del Salso Ludix, ma, una volta apparecchiato, ha riscosso fin da subito la curiosità dei passanti. Infatti, dopo qualche minuto di attesa, tre amici si siedono al tavolo. Due di questi ci stanno dentro, capiscono al volo come si gioca; quello che mi preoccupa, però, è il loro amico, quello con la birra in mano, che mi confida di star seguendo una dieta liquida. Praticamente ho giocato anche per lui, ma la cosa più sconvolgente, al termine, è stata sentire il gruppetto decidere di andare a giocare a un Lacerda. Non oso immaginare cosa possa essere stata quella partita.

A cena con Aky, Lopiano, Ciglione, Mari e Pestrin durante Salso Ludix
Aky, Lopiano, Mari, Pestrin, Ciglione e il sottoscritto.

Just One

Qui sto un po’ imbrogliando; questo l’ho giocato all’hotel, dove, dopo cena (ne avrei tante da raccontare anche sulla cena, ma vi risparmiamo certe scene), ho trovato il clan degli autori Obert, Borsa, Pestrin, Mari e Spada, a cui poi si è aggiunta anche Aky, e abbiamo dato vita a una partita memorabile di Just One, dove abbiamo scoperto che: Walter Obert ha un pensiero laterale, ma così tanto laterale, che è quasi fuori dalle mura della stanza. Per capirci, per farmi indovinare un dolce, la crêpe Suzette, scrive “MURO”. Muro per le crêpe! Quella sera ho scoperto che David Spada utilizza sempre e solo termini francesi quando tocca a me indovinare qualcosa, qualsiasi cosa essa sia. Ho anche scoperto che sono l’unico stronzo a non ricordare i nomi dei personaggi di Asterix. È stata una chiusura di serata bellissima di cui purtroppo non ho scattato foto.

Ironicometro valore altissimo
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Hai presente Frank Drebin?

Il sabato a Salso Ludix, tra le varie attività, le partite, qualche panel da seguire e chiacchiere varie, scivola che è una bellezza. A un certo punto mi cercano dall’organizzazione per un’intervista, cinque minuti per chiederti come sta andando la manifestazione, con una o due domande da montare poi in spezzoni da mettere sui loro social. Vengo microfonato e buttato sotto il mega riflettore. Mi lamento della luce, insistendo che con la mia bella carnagione da mozzarella potrei confondermi con i muri, ma vengo giustamente ignorato. Parte la domanda e, mentre rispondo, si sente un frastuono alle mie spalle dietro il telo. Licia e Michele, intervistatrice e cameraman, indispettiti vanno a controllare chi ci sia dietro, ma scoprono che non c’è nessuno. Insomma, delle scatole sono cadute da sole appena ho iniziato a parlare. Più volte. Mi piace pensare che fosse il fantasma formaggino, annoiato dalla mia voce, che desiderava mettere fine a quello strazio.

Finisco l’intervista, ringrazio e annuncio (mi pare logico farlo a voce alta) che mi sto pisciando addosso e mi avvio verso i bagni… ancora microfonato! Per fortuna vengo raggiunto in tempo e spogliato di ogni aggeggio radiofonico. Sta scena mi ricorda un po’ Frank Drebin in Una Pallottola Spuntata

Con Luca Ciglione che scende al mio livello

Non contento, raggiungo il bagno, faccio passare un tizio che esce dalla porta e mi infilo a espletare le mie funzioni. Esco e, mentre lavo le mani, guardo alla mia sinistra, vedendo due signore che stanno facendo la stessa cosa. Sono leggermente imbarazzate ed evitano di guardarmi, io probabilmente sono viola e balbetto frasi sconnesse:

“Oh, ho sbagliato io o avete sbagliato voi?”
“Mi sa lei…”
“Scusate, ma c’era dentro un signore!”

Silenzio. Esco fuori impacciato, mentre le due sghignazzano, guardo dietro la porta, che, da spalancata, nasconde l’omino con la gonna, a confermare quanto sono pirla.

Praticamente la sala dedicata a me!

Vuole un caffè?

Domenica mattina, colazione all’hotel insieme a tanti altri avventori del Salso Ludix. Siedo a un tavolo da solo, di fianco a TeOoh, seduto a sua volta a un tavolo da solo, di fronte a Helios Pu, a sua volta seduto a un tavolo da solo, così come Gabriele Mari… Sì, insomma, ogni persona è seduta a un tavolo da sola, non perché siamo un branco di asociali — forse anche quello — ma perché la stragrande maggioranza dei tavoli presenti nella sala è con un solo posto a sedere.

Scorcio interno del salone del palazzo dei congressi di Salsomaggiore Terme durante il Salso Ludix
Non ho fatto foto nell’hotel, quindi ecco un dettaglio interno del palazzo dei congressi

Due chiacchiere, solite formalità con chi ti sta vicino, mentre addenti una brioche e bevi un po’ di succo, poi però arriva lui: il cameriere. Molto impostato, vecchia scuola, sebbene penso abbia sì e no la mia età (quindi moooolto giovane), con un’espressione che ricorda un po’ Elmo dei Muppets e una voce incredibilmente uguale a quella di Zed di Scuola di Polizia:

Le porto un Caffffeeeeeueue?

Muoio, trattengo a malapena le labbra mentre gli occhi mi si stringono. Sento il cuore battermi nel petto mentre resto impassibile, guardandolo e annuendo. Non oso guardarmi attorno finché non si allontana, ma percepisco gli occhi spalancati di tutti gli altri attorno a me che, a loro volta, a stento si trattengono dal ridere fragorosamente.

Da lì in poi, il delirio: ogni volta che passava leggevo negli sguardi dei presenti l’attesa e il desiderio di riascoltare quel soave gracchiare, mentre si avvicinava ai nuovi avventori.

Una scacchiera a Salso Ludix
Sembra gigante, ma è soltanto una normale scacchiera all’interno di una delle bellissime sale del palazzo

Conclusione

Torniamo seri, almeno quel poco. Salso Ludix è fra i migliori eventi ludici a cui un appassionato possa decidere di partecipare. Puoi giocare a stretto gomito con personalità di spicco di questo mondo ludico, seguire panel molto interessanti in un ambiente davvero fuori dall’ordinario.

Il contrasto tra l’architettura Liberty-Decò del palazzo e i tavoli ricolmi di giochi restituisce un alone di rara bellezza. Al piano di sopra ci sono passato solo rapidamente, ma le tante sale colme di giocatori di ruolo testimoniano la buona riuscita dell’evento, capace di unire e fare giocare chiunque. Anche famiglie e casual gamer sono stati degnamente accontentati con un’intera area al piano inferiore dedicata ai Lego. E poi, zone dedicate alla pittura di miniature, in cui ho visto tantissimi giovani, ma soprattutto l’immancabile stand della cioccolata di Marco Biolzi, che ha fatto la gioia della mia famiglia, a cui ho portato gli immancabili cioccolatini a forma di meeple.

Cioè, ma vi rendete conto di cosa voglia dire giocare qui dentro?

Solo una cosa prima di chiudere: questa edizione è stata dedicata a Giovanni Melandri, giovane divulgatore ludico della zona che ci ha lasciato troppo presto poche settimane fa. Ero suo amico di Facebook da alcuni anni senza mai realmente conoscerlo, poi, proprio l’anno scorso al Salso Ludix, ho potuto scambiare un po’ di parole con lui, scoprendo una persona appassionata e davvero piacevole. Ci eravamo ripromessi di mantenere i contatti, ma si sa, sono cose che si dicono tanto per dire, prima di essere rapiti dalla frenetica quotidianità. Siamo abituati a pensare che c’è sempre tempo per qualsiasi cosa… no, non è così: prendiamoci il nostro tempo per fare quello che amiamo, quando lo vogliamo, insieme a chi vogliamo.

Copertina cartoon Orion Duel

Orion Duel, non cadere nel buco nero

Torniamo a parlare di giochi, visto che è da un po’ che in questo blog si latita, portando su queste “pagine” Orion Duel, un gioco astratto a tema spaziale per 2 giocatori dai 12 anni in su, della durata di circa 25 minuti a partita.

Orion Duel sul tavolo

Dalle geniali menti di Andrea Mainini e Alberto Branciari, pubblicato da Matagot (che ha recentemente fatto annunci discutibili sulle prossime strategie di mercato, come spiegato bene da Geek Pizza in questo articolo), Orion Duel arriva in Italia grazie a Oliphante, che ringrazio per avermene donato una copia da fare giocare in LAM, l’associazione di cui faccio orgogliosamente parte. Lo so, non vi aspettavate un articolo… Dico a Oliphante, non a voi!

Componenti di Orion Duel

Come si gioca

Orion Duel è composto da una plancia suddivisa in esagoni, 14 tessere prevalentemente blu e altrettante arancioni, con dimensioni e forme variabili da 1 a 3 esagoni ciascuna, 8 gettoni galassia e 7 gettoni buco nero.

Distribuiti i gettoni galassia e i gettoni buco nero sulla plancia, rispettando le semplici regole di setup riportate nel regolamento, i giocatori potranno, a turno, posizionare una delle proprie tessere, cercando di raggiungere per primi una delle condizioni di vittoria prima dell’avversario.

Setup casuale di Orion Duel

Le condizioni di vittoria sono 3:

– Collegare le costellazioni

– Connettere le galassie

– Forzare l’avversario a connettere i buchi neri

La plancia di gioco rappresenta il cosmo, il cui perimetro esagonale riporta, nei lati estremi, 6 galassie, i cui opposti, se collegati da un serpentone di tessere dello stesso colore di un giocatore, portano immediatamente alla prima condizione di vittoria. Le tessere, durante il gioco, potranno essere posizionate liberamente sulla plancia di gioco sugli esagoni liberi. Ovviamente, non potranno sovrapporsi o uscire dai limiti del cosmo, ma potranno anche essere posizionate staccate fra di loro.

Una tessera di Orion Duel

L’unico modo, però, di poter posizionare una tessera sotto un gettone galassia o buco nero sarà quello di connettere il colore che vi si posizionerà sotto con lo stesso colore presente adiacente su di una tessera precedentemente piazzata. So che non è di facile lettura, ma è più semplice comprenderlo con degli esempi.

Prima condizione di vittoria a Orion Duel

Tornando alle condizioni di vittoria, la seconda è quella di annettere 4 galassie nel proprio sistema, tutte connesse tra loro. Significa che le galassie non basta averle sopra gli esagoni del proprio colore, ma devono essere direttamente collegate fra loro, senza interruzioni. Terza e ultima condizione di vittoria è quella di infilare i buchi neri sopra le tessere del colore dell’avversario, anche in questo caso direttamente collegate fra loro.

Partita a Orion Duel

Il regolamento di quattro paginette è chiaro e non lascia spazio a dubbi. In caso si arrivasse a fine partita senza la vittoria di uno dei giocatori, si procede al conteggio assegnando un punto per ogni galassia presente sopra le tessere del proprio colore, meno un punto per ogni buco nero.

Ironicometro valore bassissimo
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Metto le mani avanti

Non amo particolarmente gli astratti e non sono un esperto. Anzi, a dire il vero, non stravedo a prescindere per i giochi da due. Eppure, Orion Duel mi ha rapito. Dopo tutto, se ne parlo, una ragione c’è. Partiamo da quella che potrebbe sembrare una banalità, ma che ai miei occhi è un notevole punto a favore per questo gioco: Orion Duel offre due diversi tipi di setup, simmetrico o casuale. Questa intuizione degli autori permette a chi, come il sottoscritto, predilige situazioni di gioco sempre diverse, oltre ai puristi che amano sfide dalle condizioni eque e non disdegnano aperture standard, di potersi divertire con lo stesso prodotto. Questa libertà mi fa apprezzare maggiormente il gioco, anche perché, utilizzando un setup casuale (che prediligo), ho la certezza di non avere mai una partita uguale a un’altra.

Galassie e buchi neri Orion Duel

Un’altra cosa che ho apprezzato in Orion Duel è il posizionamento delle tessere, che, proprio per la loro fattura in due colori, porta il giocatore a dover ragionare su più fronti. È sempre concreta la possibilità di avvantaggiare anche l’avversario con la propria mossa. Non sempre seguire a testa bassa la propria strategia porterà a buoni risultati, perché ci sarà sempre il rischio, posizionando tessere, di avvicinarsi sì a una delle condizioni di vittoria, ma di fare allo stesso tempo, inavvertitamente, anche il gioco dell’avversario, avvicinandolo a sua volta a una delle altre condizioni di vittoria.

Copertina articolo Orion Duel

In conclusione

Orion Duel è quello che si può definire un gioco semplice da imparare, ma difficile da padroneggiare. Tuttavia, con già poche partite alle spalle, si riuscirà a leggere le situazioni di gioco, valutando contemporaneamente più strategie. Anche i tempi dichiarati sulla confezione, di 25 minuti, in realtà si ridurranno dopo le prime partite. Se ancora non siete convinti della bontà del gioco, potete provarlo su BGA e valutare di persona, anche se la sensazione di godimento nel guardare negli occhi il proprio avversario e chiudergli in faccia ogni possibilità di vittoria con una tessera non può essere replicata da un freddo monitor!

Il Pabis al GiocAosta - selfie

I Love GiocAosta – 2024

Si è appena chiusa la sedicesima edizione di GiocAosta, l’evento ludico (a mio avviso) più bello d’Italia. Una manifestazione capace di attrarre oltre 35000 persone di cui almeno il 72% (dati presi dal comunicato stampa di chiusura dell’evento) da fuori la Valle d’Aosta. Una città che in questo 2024 conta poco più di 30000 abitanti, e che per una manciata di giorni si ritrova ad ospitare almeno 25000 persone in più. Tutti qui per giocare!

Una foto del padiglione del GiocAosta
la foto copertina perfetta, se solo non ci fosse davanti il furgoncino degli spurghi…

Magia 

Questa è stata un’edizione da urlo, e non soltanto perché era dedicata al famoso urlo di Munch, ma per i numeri strepitosi da record che anche quest’anno sono stati infranti. Lascio l’onore e l’onere a testate più serie di riportarli, ma non posso esimermi dal commentare che 8646 prestiti della ludoteca, il 15% in più rispetto lo scorso anno, è un numero folle. Forse merito anche della novità di quest’anno: un giorno di 40 ore! In che senso?! Magia!

Incontri belli al GiocAosta
Non c’entra nulla, ma volevo condividere ugualmente la foto con Dave!

In pratica, sabato la ludoteca non ha chiuso ed è rimasta aperta tutta notte, grazie a un manipolo di impavidi volontari, tirando dritto per la gioia dei numerosi nottambuli affamati di gioco! Un turno unico che si è andato a concludere domenica, non a mezzanotte, ma addirittura alle due del mattino! 

Io che vado a dormire alle 2:30
Io vado, voi restate pure

Io, nonostante il venerdì mi sia trascinato a letto alle 23 circa, come ben si confà ai diversamente giovani come il sottoscritto, sabato ho fatto il figo e sono rimasto a giocare fino alle 2:30… La pagherò per il resto del 2024!

Danilo mi cerca al GiocAosta
Danilo: “Ma dove sei, stai ancora dormendo?”

Volontari 

La vera forza di GiocAosta sono i volontari, le maglie gialle, quelli che dedicano mesi alla preparazione di questo evento, ma anche i volontari non autoctoni, quelli che arrivano da fuori e che offrono il loro prezioso tempo agli altri (tempo rubato al sonno, alla famiglia e soprattutto al gioco), per rendere questa manifestazione la meraviglia che è. 

Giornalista importunato durante una diretta
“Giornalista” importunato durante una diretta

Vorrei davvero fare qualche nome, ma non sarebbe corretto non farli tutti e, ricordare quelli di tutti e 400 i volontari, la vedo davvero difficile. 

Giocare 

Ho giocato a tanti giochi, qualcosa di nuovo e qualcosa di meno nuovo. Anche qualcosa di molto vecchio effettivamente, ma lascio i dettagli per un articolo a parte.

Selfie al criptoportico di Aosta

Ringrazio l’organizzazione per avermi dato l’opportunità di giocare a qualche succosa novità e soprattutto per avermi dato la possibilità di accedere a luoghi magnifici come il Criptoportico: cioè, sarò banale, potrei parlare del significato storico di questo luogo magnifico, ma la cosa che mi è rimasta più impressa è soprattutto la frescura provata nelle sue profondità di pietra!

Giocando al Criptoportico

Mangiare e bere 

Anche quest’anno abbiamo avuto la birra della manifestazione, un’ottima pils chiamata “La Grande Bionda” per restare in tema artistico, come il celebre quadro La Grande Onda, fornita da uno dei locali presenti in piazza (non ricordo il nome scusate!). Per gli astemi, invece, fondamentale la fontanella di piazza Channoux, vera e propria ancora di salvezza per lenire l’arsura delle giornate incandescenti di Aosta.

La Birra del GiocAosta

Ah, il tempo di Aosta ad agosto, se avessi un Penny Market per tutte le volte che mi sono sentito dire dai babbani: “che bello, vai ad Aosta a prendere un po’ di fresco…”, sarei l’uomo più ricco della terra!

Ironicometro valore alto
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Lato cibo, anche quest’anno ho mangiato a sbafo un paio di panini destinati agli organizzatori del GiocAosta, approfittando oltremodo della loro gentilezza. Sarà l’aria, sarà il fatto che non pago, ma quei panini sono sempre uno spettacolo! Poi, per le cene mi sono immerso nelle tipicità valdostane, come hamburger, pizza, ramen e Onigiri.

Piatto tipico Valdostano: Tonkatsu e Onigiri
Piatto tipico Valdostano: Tonkatsu e Onigiri

Piccolo appunto per le trattorie del centro storico: io quei 9 euro per un ventilatore li investirei, che nel 2024 magari sarebbe anche ora…

Vedi GiocAosta e poi muori… dalla voglia di tornare 

Anche quest’anno le giornate del GiocAosta sono scivolate via in un momento. Ho avuto il piacere di condividere bellissimi momenti con “colleghi” divulgatori, anche qui non farò nomi, anche perché di alcuni non me li ricordo, ma resta il fatto che il clima di “coabitazione giocosa” che si crea all’interno del padiglione dedicato, è un qualcosa di impareggiabile.

Giocando con Giulia
Troppo divertente Super Mega Lucky Box, grazie Giulia di avermelo fatto scoprire!

Tante menti vivaci e brillanti che, messe tutte insieme, arrivano ad annullarsi a vicenda, dando luogo a siparietti tragicomici con sessioni di gioco imbarazzanti! Sì, Luca Ciglione, anche se non abbiamo fatto una foto insieme lo sai che sto parlando proprio di te!

Crack list
Hai presente Nomi Cose Città mescolato a Uno? Questo è Crack List. Con le persone giuste può diventare assurdamente divertente!

Ognuno di questi attimi lo porterò nel cuore!

Ora, sguardo avanti e occhi puntati alle prossime avventure ludiche. No, non vi dico quali, non sporcherò questo articolo parlando di altri eventi: ci vuole rispetto.

Foto utilizzata per una challenge, di me davanti a uno schermo con aperto PornHub

Tutta colpa del sesso

Ma tu dimmi se non potevo scegliere un momento peggiore! Dopo mesi passati a grattarmi la pancia senza un briciolo di voglia o stimolo a scrivere, eccomi qui, circondato da scatoloni per il trasloco. E il computer? Ah, si, anche lui ben riposto in una scatola! Quindi, dove mi trovo a scrivere? Sullo smartphone, ovviamente! E perché? Beh, la colpa è del sesso, ovviamente!

Sesso 1

Il problema è che ho letto un articolo dell’ottimo Emiliano Gambelli su Boardgame Italia, dove intervista Pinkandy, una content creator che, oltre a essere appassionata di giochi da tavolo e presentare sul proprio canale YouTube Kandy Sul Tavolo contenuti dedicati al mondo ludico, ha anche un canale OnlyFans

Apriti cielo

Ho letto l’intervista, trovandola interessante e divertente, scoprendo una persona sì maliziosa, ma anche ironica e simpatica. Poi, ovvio che uno, a posteriori, spulciando i video, si soffermi non solo sui contenuti, ma anche sulla forma, e che forma. Ma il punto non è quello.

Il punto

I commenti! Mamma mia, quelli che ho letto sotto il post di Facebook mi hanno fatto rabbrividire. Ma è possibile giudicare così duramente una persona senza neanche provare a capirla, solo perché non rispecchia i nostri standard? Etichettare gli altri come inferiori o non meritevoli di rispetto solo per delle differenze è davvero subdolo. Il sesso, buh, che paura! 

Non fraintendetemi, non voglio fare il moralista a tutti i costi. Io stesso spesso cado in errore nella valutazione delle persone, però cerco sempre di andare oltre le apparenze. 

Ironicometro valore alto
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Sesso 2

Ho recentemente vissuto il disagio di vedere rubate delle mie foto, pubblicate da ignoti su siti di incontri, spacciandosi per il sottoscritto. Foto profilo, eh, non pensate male! Che poi io dico, non è che sono George Clooney, giusto solo un po’ i capelli mi si stanno ingrigendo, ma tant’è. Tuttavia, la cosa è stata imbarazzante e ci ho messo più di qualche giorno a superare questa cosa. 

Ma perché Daniele poi? Ti faceva schifo il mio nome?

Fastidio

Mi ha dato fastidio sentirmi additare da qualcuno, come fossi un malato di sesso. Sentire violata la mia privacy e dover prendere da parte le persone per spiegare che si trattava di un equivoco. Mi ha dato fastidio dover prendere la decisione di rendere pubblica questa disavventura, onde evitare di doverla spiegare ogni volta che sarebbe saltata fuori. 

Che poi sta cosa è più diffusa di quanto credessi, con decine di migliaia di denunce alla polizia postale per casi analoghi, che ti danno la consapevolezza che è più probabile fare un ambo al lotto piuttosto che giungere a un lieto fine. Avrei voluto scrivere ‘happy end‘, ma mi sono trattenuto!

Sesso 3

Tornando a parlare di giochi da tavolo, mi è successa una cosa davvero bizzarra. Ne ho già parlato sui social, ma visto il contesto, lo riporto anche qui. Copio e incollo, come il manuale del content creator pigro insegna:

Aspetto un pacco da DHL in consegna ieri e, siccome non ho voglia di tribolare, ho preventivamente spuntato l’opzione per farlo consegnare in un punto di ritiro convenzionato. Verso le 18:20 mi chiama il corriere dicendomi che il punto di ritiro è chiuso e che, se voglio, posso passare direttamente da lui a ritirare il pacco. Sto già uscendo per andare a un evento di gioco, quindi perché no? Allungo un attimino e lo raggiungo, almeno ho una menata in meno da fare il giorno dopo.

Arrivo, lo trovo in una stradina poco illuminata che mi aspetta con le quattro frecce. Ciao ciao, grazie davvero, e bip vari del palmare mentre scansiona il QR Code del pacco. Vedo che smadonna un po’, ma alla fine mi dà il pacco e lo infilo nel bagagliaio. Sono in ritardo, devo andare in biblioteca ad aprire per l’associazione e non ho ancora mangiato. Mi dimentico del pacco.

Il pacco 

Oggi mi arriva una notifica della consegna del pacco al punto di ritiro. Che strano, ma il pacco ce l’ho in macchina. Non resisto, vado, lo apro direttamente lì e con mia grande sorpresa non ci trovo un gioco come pensavo. È qualcosa di voluminoso dentro una busta trasparente, morbido ma pesante, sembra lattice al tatto. Inizialmente penso sia un peluche, ma non ne sono sicuro. Solo una volta sfilato dalla scatola e rigirandolo fra le mani capisco di cosa si tratta.

Ecco, diciamo che è un oggetto che non mostreresti mai a tua madre o a tua moglie. Guardo sulla scatola, la giro un paio di volte e trovo l’etichetta di consegna, con il vero destinatario. Chiamo il corriere pazzo, ho il numero memorizzato da ieri, gli dico che ho un pacco non destinato a me e se può passare a riprenderselo, ma nulla. Dice che non può. Mi dice che mi farà contattare dal suo responsabile. Non so perché, ma ho un brutto presentimento…

Ore 14:30, per il momento ancora nulla. Non è che a qualcuno serve una figa di gomma?