Immagine copertina dell'articolo su Mesos

Mesos – Che Bella Storia!

Oggi vi presento Mesos, un gioco per 2-5 giocatori dagli 10 anni in su, ideato da Yaniv Kahana e Simone Luciani, con le illustrazioni di Kerri Aitken, edito da Cranio Creations. Sulla scatola si legge un ottimista “30 minuti a partita”, ma a pieno tavolo si arriva tranquillamente intorno ai 45 minuti.

La. Scatola di Mesos

Mesos ti mette al centro di una tribù primordiale, dove sopravvivere e farsi valere significa prendere decisioni strategiche sotto pressione. Anche se l’ambientazione è quella del Mesolitico, la dinamica è più attuale di quanto si pensi: la competizione e i ruoli che ognuno ricopre in un gruppo restano sempre gli stessi, sia che si accenda un fuoco con pietre, sia che si pianifichi la prossima mossa al tavolo da gioco.

Come si gioca

Nel setup iniziale si forma il tracciato offerta, su cui si posizionano tessere in base al numero di giocatori. Accanto si dispongono due file di carte: nella fila superiore un numero pari al numero dei giocatori più quattro, mentre in quella inferiore carte pari al numero dei giocatori più una. Ogni giocatore parte con una quantità di cibo determinata dall’ordine di turno. La partita si sviluppa in 10 round, ognuno diviso in due fasi: piazzamento del totem e risoluzione delle azioni.

Immagine tratta da una partita a Mesos

Durante il piazzamento, ogni giocatore colloca il proprio totem su una tessera del tracciato offerta. Più si va verso la fine della fila, più carte si potranno prendere da entrambe le file, ma si scenderà nell’ordine di turno e si rischierà di dover pagare cibo. Chi sceglie una posizione iniziale, invece, potrà agire prima e aver maggiori chance di ottenere le carte desiderate, oltre alla possibilità di ottenere un bonus in cibo.

La scelta non è banale: prendere molte carte apre più possibilità ma costa cibo, restare avanti aiuta a contenere i costi e giocare per primi. Ogni personaggio nella tribù andrà prima o poi sfamato, e per ogni carta nella nostra area sarà necessario avere un segnalino cibo, pena la perdita di punti durante gli eventi di sostentamento. Ma arriviamoci con calma.

Una volta sistemati i totem, si procede alla risoluzione delle azioni. In ordine di piazzamento, ogni giocatore sceglie carte personaggio o costruisce edifici, pagando il relativo costo in cibo. Le carte ottenute vengono aggiunte alla propria area personale, e il totem viene spostato sulla tessera turno corrispondente, incassando o pagando eventuale cibo legato alla posizione.

Le Carte

Nel gioco troviamo due categorie principali di carte: personaggio ed edificio.

Le carte personaggio di Mesos

Le carte personaggio rappresentano sei ruoli diversi, ciascuno con una funzione specifica e modalità di punteggio ben distinte. I cacciatori generano cibo e permettono di ottenere punti durante la fase di caccia. I raccoglitori aiutano a ridurre il costo di mantenimento dei personaggi, essenziali per non perdere punti nella fase di sostentamento. Gli sciamani diventano determinanti nei rituali che si attivano più avanti nella partita. Gli artisti permettono di accumulare punti grazie alle pitture rupestri, con soglie che crescono nel tempo. I costruttori agevolano la costruzione di edifici offrendo sconti e punti. Gli inventori, infine, premiano la varietà delle carte raccolte nella propria area.

Le carte edificio di Mesos

Le carte edificio, invece, si costruiscono pagando un costo in cibo e offrono bonus o punti prestigio a fine partita. Possono essere scelte liberamente in alternativa alle carte personaggio.

Gestione delle carte e delle Ere

Alla fine del turno, tutte le carte personaggio presenti nella riga inferiore vengono scartate. Quelle rimaste nella riga superiore scendono nella fila inferiore, lasciando spazio a nuove carte, fino a ricreare il totale iniziale nella fila superiore.

Durante una partita di Mesos, esempio di disposizione delle carte

Le carte edificio, presenti fin dal setup, non vengono scartate alla fine di un round, ma restano in gioco fino al cambio di Era. Quando si passa all’Era 2, le carte edificio della fila superiore vengono spostate in basso e rimpiazzate da nuove carte di Era 2. Quando si accede all’Era 3, eventuali carte edificio ancora presenti dell’Era 1 vengono definitivamente rimosse e sostituite con quelle di Era 2, che scendendo lasciano spazio a quelle di Era 3 nella droga superiore. Lo so, sembra un casino, ma giocando tutto diventa più chiaro.

Gli Eventi

Durante la partita entreranno in gioco carte evento, mescolate nei mazzi delle tre Ere. Quando un evento si troverà nella riga inferiore, andrà risolto immediatamente.

Le carte Evento di Mesos

Gli eventi principali sono quattro e si attivano ciclicamente durante la partita. Il sostentamento richiede di spendere un cibo per ogni carta personaggio posseduta, pena la perdita di punti. Il momento della caccia permette di ottenere punti e cibo grazie ai cacciatori presenti nella propria tribù. I rituali sciamanici premiano il giocatore con più sciamani e puniscono quello con meno. Infine, le pitture rupestri offrono punti in base al numero di artisti, con soglie sempre più alte man mano che la partita avanza.

Questi eventi partono in sordina, ma con il passare dei round diventano sempre più determinanti, creando divari anche consistenti.

Strategie e scelte

Anche se a prima vista Mesos può sembrare un gioco family, sotto la superficie si nasconde un gioco altamente strategico, capace di premiare i giocatori con attitudine alla programmazione e all’ottimizzazione. Non è un titolo punitivo, ma ogni scelta lascia un’eco nei round successivi, e fare le cose “tanto per” porta quasi sempre a rincorrere gli altri.

La selezione delle carte è il cuore della strategia. Non si può prendere tutto, e ogni raccolta ha un costo, non solo in cibo, ma in sostenibilità. Avere cinque o sei carte a fine round può sembrare un bel bottino, ma quando arriverà un evento di sostentamento, sarà facile trovarsi a perdere punti se non si è costruita una buona base di raccoglitori o una scorta sufficiente di cibo.

I personaggi non vanno solo collezionati: vanno gestiti nel tempo. Alcuni danno punti subito, altri solo a fine partita, altri ancora richiedono presenza nei momenti giusti. I raccoglitori, ad esempio, sembrano poco interessanti all’inizio, ma senza di loro si paga tutto a prezzo pieno. Gli artisti e gli sciamani sono fondamentali solo a metà o fine partita, ma vanno costruiti fin da subito se si vuole ottenere qualcosa. I costruttori sono spesso snobbati ma necessari: pochi ci investono, ma offrono ottimi punti se usati bene. Gli inventori, infine, sono il classico “jolly”, ma diventano davvero efficaci solo se si è riusciti a raccoglierne un po’ e tutti con elementi diversi fra loro.

Una delle tessere turno di Mesos, girata sul lato 4 giocatori

L’ordine di turno è un altro aspetto da non trascurare. In certi momenti, agire per primi fa la differenza tra prendere una carta fondamentale o accontentarsi. Ma per farlo bisogna rinunciare alle posizioni che garantiscono più carte, o pagare pegno in termini di cibo. Senza contare che, volendo prendere più carte e quindi posizionandosi per ultimi, si corre il rischio di restare a bocca asciutta e vedersi soffiare tutte le carte dagli avversari, o doversi accontentare degli scarti rimasti. Lo dico per esperienza, ho perso il conto delle volte che mi sono trovato a non poter raccogliere tutte le carte che avrei potuto!

Il fine partita

Dopo il decimo round si calcolano i punti finali. Si sommano i punti già ottenuti durante la partita, quelli dati dagli edifici, quelli per gli inventori (in base alla varietà dei personaggi raccolti) e i punti delle pitture rupestri, che valgono sempre di più a seconda della quantità di artisti posseduti. Infine, ogni tre cibi rimasti si ottiene un punto extra.

Disposizione delle carte di Mesos in partita

Chi ha il punteggio più alto vince, con un sistema chiaro e senza sorprese. Ma spesso, la partita si decide negli ultimi due round, quando le combo costruite iniziano a dare frutti e i piccoli vantaggi accumulati diventano un solco difficile da colmare.

In conclusione

Ho giocato la prima volta a Mesos l’estate scorsa, durante un’anteprima al GiocAosta, e mi aveva colpito molto positivamente. Ora, potendo finalmente dedicargli più tempo, ho potuto apprezzare appieno la qualità del gioco.

Grazie a un manuale snello e chiaro, Mesos è un gioco facile da intavolare e proporre, a mio avviso ottimo per chi sta iniziando ad alzare leggermente l’asticella, ma adatto anche ai giocatori più esperti. L’impatto strategico, soprattutto per quanto riguarda la programmazione, è di livello superiore rispetto ad altri giochi della stessa fascia.

Particolare dell'artwork sulla scatola di Mesos

Poche regole eleganti e veloci da assimilare, che non appesantiscono i giocatori nella spiegazione, lasciandogli tutto il tempo di potersi concentrare sulle carte da raccogliere. Che poi, detto fra noi, mica è poco! È il cuore del gioco, il bilanciamento tra raccolta e mantenimento, il tempismo con cui si scelgono le carte: tutto gira con coerenza e crea una curva di apprendimento piacevole.

Anche la gestione del cibo, per quanto meno oppressiva rispetto ad altri titoli (in Mesos non muoiono appartenenti alla tribù, al massimo si rimedia qualche punto negativo), porta i giocatori a dover ragionare su più piani in contemporanea. Sotto questo punto di vista si vede l’ottimo lavoro fatto in fase di sviluppo, nel bilanciamento delle risorse.

L'organizer di Mesos

Mesos è un gioco in cui bisogna cercare di leggere gli avversari, capire dove stanno puntando, e anticiparli quando serve può fare la differenza.

Il comparto grafico è pulito e funzionale, senza fronzoli, e il regolamento è ben scritto. L’ambientazione resta leggera, ma la scelta dei ruoli e degli eventi riesce comunque a evocare un’atmosfera coerente con il tema.

Mesos apparecchiato al Muse di Trento durante il Playmuse del 2025

Se devo proprio cercare un pelo nell’uovo, mi resta qualche dubbio sulle partite a due giocatori, perché l’impressione che ho avuto è che il gioco diventi quasi una corsa ad accaparrarsi le carte sciamano, dato che verso fine partita incidono in maniera importante nei punteggi. Ammetto di non averne giocate chissà quante in questa configurazione (e di non amare a prescindere l’uno contro uno), ma ho la certezza che quattro giocatori sia il numero perfetto per giocare a Mesos.

E poi dai, soltanto in due, che razza di tribù sarebbe?!

Si ringrazia Cranio Creations per aver fornito la copia di valutazione, che sarà messa a disposizione dell’associazione ludica Ludoteca AltoMilanese, di cui faccio parte, per poter essere giocata.

Copertina del libro Nessuno Gioca per Perdere

Nessuno Gioca Per Perdere – La Recensione

Fin dal primo capitolo, pardon, il primo turno, le parole dell’autore, Andrea Dado, ci colpiscono come uno schiaffo in faccia. In Nessuno Gioca per Perdere sembra quasi che le regole vengano riscritte. Ritroviamo i familiari contorni macabri dei volumi precedenti, con la stessa crudezza linguistica che raramente associamo ai giochi da tavolo. Forse a quelli di ruolo, ma mai a quelli da tavolo.

Letture serali - Nessuno Gioca per Perdere
Era tardi, ma dovevo assolutamente finire di leggerlo!

Ancora una volta, Dado ci spiazza. Forse più che nel primo libro. All’inizio ti manca l’appiglio, ti chiedi cosa stai leggendo. Poi le pagine scorrono rapide e realizzi: tutto ciò che il secondo libro ha costruito ci ha condotto esattamente qui. E mentre cerchi di riprendere fiato, ti rendi conto che l’autore ti ha già preso alle spalle. Ti immobilizza, ti graffia con le parole: “Sei mio!” E quando sembra allentare la presa, lo fa solo per sbatterti di nuovo a terra. In un continuo, incessante turbinio di emozioni.

Premessa

Non è facile parlare di questo libro e della sua trama senza rischiare di svelare troppo. Ci proverò, ma non ne parlerò approfonditamente, per scongiurare ogni rischio di spoiler. E guai a fare torto a una bella opera come questa. Una storia costruita con pazienza e cura, che trova compimento soprattutto in ciò che, nato nel primo libro, ha preso davvero forma nel secondo. Questa non è una recensione canonica, o accademica se preferite. Pur essendo un buon lettore e rientrando in quel 7-8% di persone che legge più di dieci libri l’anno, non ho le competenze per andare oltre una riflessione personale, poco più che una recensione soggettiva.

Tutti e tre i romanzi della trilogia dei Mostri del Rock, scritti da Andrea Dado per DV Games: Nel dubbio prendo risorse, I punti di contano alla fine e Nessuno gioca per perdere
Che bel trittico!

Il Secondo Libro

Ho scritto un articolo su Nel dubbio prendo risorse, ma ho glissato sul secondo. Mi fa strano effettivamente scrivere del terzo volume della saga, saltando la parte centrale. Ma perché non ho parlato di I Punti si Contano alla Fine? Semplicemente perché ho avuto la sensazione che il romanzo fosse, seppur ottimo, mancante di qualcosa. La trama principale in sottofondo, quasi avvolta da una nebbia. Come fosse in preparazione di un qualcosa che, ora lo capisco, doveva arrivare con questo terzo capitolo. Qualcosa che portasse a una degna conclusione la storia. Non mi aspettavo però un pugno allo stomaco così forte.

Il Protagonista

Stefano Scalcianti è uno psicologo e un amante dei giochi da tavolo. Ne ha una profonda conoscenza e non lo nasconde, nonostante non sia mai semplice per un giocatore affermare la propria passione e condividerla con il mondo. Spesso ci si nasconde dietro poche parole, quasi sminuendo per stemperare un imbarazzo con frasi tipo “è un hobby”. Anch’io lo facevo all’inizio, temevo il giudizio e i mezzi sorrisi delle persone che con parole taglienti cercano di sminuire questo hobby. Stefano però sa che un Giocatore, uno con la G maiuscola, dedica a questo hobby molti più pensieri di quanti se ne dedichino a lavoretti di giardinaggio o fai da te.

Una passione che lo porta quasi a vivere la vita in funzione del gioco. Una passione che lo aiuta a superare la propria disabilità. Il protagonista ha perso una mano in un incidente da ragazzo. Il gioco è la sua ancora, il suo rifugio. Un’oasi sicura in cui ritirarsi da un mondo duro, dove il bullismo e la prevaricazione sui più fragili si alimentano in una Torino descritta con precisione tagliente.

Io invidio Stefano. Certo non per la serie di sfighe in cui vive la sua vita, ma per la forza interiore che lo porta a rimettersi in gioco ogni volta, nonostante tutto.

Il trittico di romanzi di Andrea Dado per DV Games

Espedienti Letterari

Difficile parlare di questo romanzo senza rovinarvi il gusto della lettura, ma non posso non parlare dei continui salti temporali che guidano la trama. L’autore ci ha abituati a una vera e propria modalità “in prima persona”. Come un videogioco narrativo, ti costringe a guardare attraverso gli occhi del protagonista, a farti le sue stesse domande. Che, lentamente, trovano risposta attraverso i salti temporali, come flashback che si intrecciano con naturalezza al presente.

Sarà per i continui richiami, ma mentre leggevo Space Oddity, la mia canzone preferita di David Bowie, continuava a suonarmi in testa. A un certo punto ho pensato che anche l’antagonista, come Major Tom, si è perso. Non nello spazio, ma in quel luogo nascosto della mente dove il dolore si trasforma in qualcosa di più oscuro quasi a giustificare il male che ne deriva.

In Conclusione

Vorrei parlarvi di altri personaggi fondamentali e dei semplici comprimari, tutti funzionali e ben disegnati dall’autore, ma preferisco non avventurarmi oltre e rovinare sorprese (Dico solo che il mio preferito è il signor Pinna!).

Apprezzo come Dado infili elementi del suo vissuto, spaziando dalle fitte descrizioni della sua Torino, ai modi di dire e sapori tipici abruzzesi. E soprattutto ammiro la precisione con cui inserisce tecnicismi, non solo ludici. Si sente che c’è studio dietro ogni dettaglio. E poi il finale. Che dire, davvero molto ben raccontato e con grande intensità. Quattro capitoli, quattro turni di gioco, davvero ben concepiti e portati a termine con cura.

Io che tengo in mano la mia copia di Nessuno Gioca per Perdere
Ringrazio DV Games per avermi fornito questa copia per scrivere l’articolo

Lo Consiglierei a Chi Non Gioca da Tavolo?

Ecco, a essere sinceri il dubbio mi perseguitava fin dalla fine del primo romanzo. So che leggere di Avalon, Dune Imperium o Florenzia potrebbe non dire nulla a chi non gioca. Ma allo stesso tempo, nell’insieme della storia, percepisco che nell’idea dell’autore il gioco, seppur predominante (vedi un po’ tu, è edito da DV Games…) non è determinante. Tutto ruota intorno al gioco, ma chiunque, anche un non giocatore, può apprezzare la storia e lasciarsi trasportare.

Sì, fatelo leggere anche a vostra moglie o vostro marito che sbuffano quando elemosinate una partita a Patchwork. Nessuno gioca per perdere non è un libro che parla di giochi. Almeno, non solo. È un libro che parla di rivincita. Anche perché, come l’autore ci insegna, perde solo chi smette di giocare.

P.S. Se non vi ho convinti a leggere questo romanzo, provate a farvi un’idea di come scrive Andrea andando sul suo blog, potreste cambiare immediatamente idea!

Ricordatevi di ringraziarmi poi…

No More Dead New York – Anteprima del Gioco da Tavolo

No More Dead New York – Anteprima del Gioco da Tavolo

Cronaca da una demo sopravvissuta a Play Modena

A Play ho avuto la fortuna di sedermi al tavolo di No More Dead New York, nuovo progetto firmato Pendragon Game Studio a tema Zombie! Un titolo fino ad allora tenuto sotto silenzio e presentato ufficialmente solo in fiera, dove ho scoperto anche il nome dell’autore: Daniele Molinari. Si tratta di un peso medio per 2-4 giocatori (14+), con partite da 60 a 90 minuti. Le meccaniche principali ruotano attorno al bag building, al controllo area, alle maggioranze e alla gestione risorse.

No More Dead - foto con l'autore Daniele Molinari
Selfie con l’autore e la sua creatura

Prima di addentrarci, una doverosa precisazione: tutte le immagini che vedrete si riferiscono a una copia demo. I materiali e le grafiche potranno cambiare in base all’andamento della campagna su Gamefound. Ecco il link diretto per tenerla d’occhio.

In gioco nella Blue Room di Pendragon con No More Dead

Di cosa parliamo

No More Dead New York è ambientato nella metropoli devastata da un’invasione zombie già avvenuta da almeno un anno. Non siamo quindi nei primi giorni dell’apocalisse, ma in piena fase di sopravvivenza. I giocatori interpretano i leader di diversi gruppi di superstiti e dovranno contendersi il controllo di una città a pezzi, cercando, se possibile, anche una cura. È un gioco competitivo, ma con un avvertimento chiaro fin da subito: se non si collabora almeno un po’, gli zombie vincono. Sì, proprio loro.

plancia Cura No More Dead

Come si vince

Ci sono due strade principali per la vittoria.

La prima è scientifica. Ogni volta che si trova una medicina si guadagnano punti su un tracciato “cura”. Raggiunta quota 15, la partita è finita. Chi ha trovato la cura ha vinto.

La seconda è più territoriale. Ogni distretto completato dà stelline. Chi ne colleziona di più, prima che sia troppo tardi, può vincere anche così.

E poi ci sono gli zombie. Anche loro avanzano su un tracciato vittoria e se raggiungono il traguardo prima dei giocatori… la città è perduta. Tecnicamente vincerà ancora un umano, quello che si sarà preparato meglio in termini di risorse, distretti e ricerca, ma sarà una vittoria amara.

altra foto del tabellone modulare di No More Dead

Com’è fatto

Il tabellone è modulare: viene composto con un numero di tessere distretto pari al numero dei giocatori più uno. Ogni tessera riporta il nome di un luogo reale di New York e il numero che vedete sopra non è casuale. Rappresenta la distanza in miglia da un punto di riferimento, che serve per definire il posizionamento. Che sia il Ground Zero dove è stato accertato il primo caso del virus? Mi dispiace, non lo ricordo…

Ogni tessera ha poi alcune locazioni, cioè piccoli spazi rettangolari, dove si piazzeranno zombie e personaggi. Chi avrà la maggioranza di influenza su una tessera una volta completata, la conquisterà ottenendo sia i punti stellina, sia la tessera stessa.

token personaggi No More Dead

Il cuore del gioco: il sacchetto

Parliamo di bag building. Ogni giocatore ha un sacchetto da cui pesca tre token a turno, tenendoli nascosti dietro uno schermo. Ogni token rappresenta un personaggio e riporta un valore movimento, un’abilità speciale e un numero bianco che indica l’influenza.

Quei tre personaggi saranno da intendere come presenti nel tuo caravan, ovvero il tuo gruppo operativo per quel turno. Il posizionamento iniziale avviene scegliendo e piazzando il proprio segnalino caravan sotto una delle tessere distretto. Da lì si inizierà a muovere i personaggi.

Ogni spostamento costa un punto movimento. Saltare una locazione già occupata da un altro personaggio (o zombie) non ha costo. Ci si può anche spostare da una tessera all’altra, ma sempre contando i punti movimento.

oznorCOBR

Le combo

Ogni personaggio, una volta mosso in una locazione, attiva la propria abilità e quella della locazione stessa. Le icone tonde rappresentano risorse ottenute automaticamente, quelle quadrate azioni attivabili. Qui il gioco si apre: le combinazioni tra personaggio e locazione creano combo molto interessanti. Inoltre, i personaggi specializzati sono ancora più efficienti. Un esempio? Se trovi una risorsa cibo, normalmente prendi un token. Se invece è un cuoco a trovarla, ne ottieni due.

Le altre abilità che mi ricordo sono queste: il Soldato raddoppia le munizioni, lo Scienziato guadagna un punto in più quando lavora alla cura, il Killer elimina un nemico nello stesso distretto e lo Sniper elimina a distanza, quindi verso un distretto adiacente.

tessere distretto No More Dead

Uccidere zombie (e non solo)

Eliminare uno zombie in No More Dead New York è semplice: svolgi l’azione dichiarando l’obiettivo e lo rimuovi dalla locazione, mettendolo sulla tua plancia. Al secondo zombie ucciso, ottieni una carta Ricerca o avanzi sul tracciato Cura. Spesso le carte Ricerca offrono miglioramenti, qualche volta invece mini quest per cercare di ottenere più punti cura. Sarà il giocatore a decidere se prendersi subito un punto cura (sicuro) o rischiare con una carta e magari ottenere più punti, ma con maggiore fatica.

Eliminare invece un altro personaggio, non zombie, è una scelta più drastica. Non succede di frequente, ma può capitare. In quel caso, non ottieni nulla, ma liberi uno spazio, oltre a modificare lo stato delle maggioranze su quel distretto. C’è da dire però che il giocatore al quale verranno uccisi due personaggi, verranno riconosciute carte Tenacia, che lo renderanno man mano sempre più forte. E non è tutto! Come in The Walking Dead, il virus è già in circolazione fra i superstiti, quindi anche i personaggi sono già infetti. Quando muoiono, diventano automaticamente zombie. Il che rende ogni distretto via via più pericoloso.

alcuni distretti di No More Dead

Conclusione

Avrei voluto raccontarvi di più, delle abilità dei runner, dei super zombie viola, di qualche meccanica che si è persa tra il frastuono della fiera e le urla di chi bussava ai vetri della Blue Room per capire cosa stessimo provando. Ma la memoria, si sa, fa brutti scherzi. Soprattutto quando hai il cervello di un criceto (zombie) come il sottoscritto.

Quello che posso dirvi con certezza è che No More Dead New York mi ha divertito sul serio. Le regole si imparano in fretta, ma le situazioni che si creano sono dinamiche, combattute, tese. Al tavolo si lotta su ogni centimetro quadrato di città.

La copertina, che a me ha ricordato vagamente quella dell’Eternauta (di cui vi avevo già parlato in questo articolo), è un chiaro richiamo allo stile di Kirkman.

scatola di No More Dead

Perché No More Dead New York e non solo No More Dead? Sto ipotizzando, e sicuramente non ci prenderò, ma credo che il voler specificare anche la città lasci la porta aperta a possibili espansioni del gioco o addirittura season. Ovviamente sono solo congetture, ma è bello farsi dei trip mentali ignorando, con molta nonchalance, quanto le recenti politiche economiche statunitensi potrebbero influire sulle strategie legate alla campagna di questo prodotto.
Ma si sa, lì l’infezione ha già preso piede, intaccando la materia cerebrale di un intero popolo…
Però io la butto comunque lì, agli amici di Pendragon: se servisse materiale per degli Stretch Goal, un No More Dead: Busto Arsizio ce lo vedrei benissimo!

No More Dead New York è un progetto di Pendragon Game Studio che passerà attraverso Gamefound, così come già accaduto per altri giochi della casa editrice.

Curiosi di saperne di più? Potete seguire la pagina ufficiale di Gamefound del progetto per non perdervi l’avvio della campagna.

porta Token No More Dead

Lo ricordo nuovamente: tutto il materiale che vedete in foto è da considerarsi in fase prototipale, quindi soggetto a modifiche e miglioramenti. Eventuali errori riscontrati a posteriori su quanto scritto, sono da imputarsi unicamente a me e delle mie difficoltà a restare concentrato al tavolo per più di trenta secondi. Altro che gli zombie di No More Dead New York o di The Walking Dead, dovevate vedermi camminare il sabato in quel di Bologna a play

Copertina dell'articolo di Gloomies

Gloomies: alla ricerca di fi…ori!

Non capita spesso di sedersi a un tavolo a Play Bologna, tra un appuntamento e l’altro, e ritrovarsi davanti a un gioco che ti prende nel giro di pochi turni. Ma è esattamente quello che è successo con Gloomies, provato in anteprima direttamente con l’autore, Filippo Landini. Il colpo d’occhio è notevole: i colori sparano forte, tra viola, turchese e arancione, e l’estetica pucciosa da fantasmini spaziali ti strappa subito un sorriso.

Play Bologna Gloomies e Filippo Landini

Effetto wow

Gloomies è un gioco per 2-4 giocatori dai 10 anni in su, con partite da circa 45 minuti. Un family game? Sì, ma non solo. Perché sotto la grafica sgargiante c’è un gioco vero, compatto e ben strutturato. Le regole girano lisce, ma dietro c’è una bella profondità, il gioco è curato in ogni dettaglio e le scelte da fare non mancano. Insomma, un family con la testa al posto giusto.

La scatola di Gloomies

Le illustrazioni, firmate da Justin Chan, si fanno notare eccome, e danno un’identità visiva precisa a un gioco che non passa inosservato sul tavolo. Il tutto arriva sotto l’etichetta Ravensburger, che ormai da qualche anno sta sfornando titoli per famiglie che non si accontentano di fare da contorno.

I materiali di Gloomies

Nella scatola

Gloomies si gioca direttamente nella scatola, che funge da plancia grazie a due strati sovrapposti: uno inferiore e uno forato in alto, dove pianterai e raccoglierai fiori. Ogni giocatore riceve una tessera riassuntiva, un certo numero di carte e dei piccoli aiutanti. Al centro del tavolo si sistemano i mazzi di carte fiore e ordine (con tre carte scoperte per tipo), la ciotola con i fiori in legno, e i gettoni bonus viola da un lato, turchesi dall’altro. La preparazione è veloce e scenografica: una volta montato il “campo”, si è subito pronti a giocare.

Porta Token Fiore

Come si gioca a Gloomies

Una partita a Gloomies si articola in due fasi principali: Crescita e Raccolto. Entrambe le fasi si svolgono a turni, in senso orario, e prevedono tre passaggi per ogni giocatore. Ogni fase termina quando il campo da gioco, delimitato dalla “linea bianca”, è rispettivamente pieno (fase 1) o vuoto (fase 2). Al termine della prima fase si effettua un primo conteggio dei punti, ma ci torniamo più avanti.

Durante la prima Fase di gioco di Gloomies

Fase 1: Crescita

Durante il proprio turno, ogni giocatore esegue tre azioni: gioca carte fiore per piantarle in una fila, prende eventuali bonus e pesca nuove carte. I fiori devono rispettare l’ordine e il tipo richiesto dalla fila, e gli aiutanti possono estendere le azioni disponibili. Dopo aver piantato almeno un fiore, si controlla la colonna dell’ultimo buco riempito: se c’è un gettone bonus, lo si prende e si sposta sull’altro lato del campo. Infine, si pescano carte dal display, con la possibilità di usare aiutanti per ottenere più opzioni.

La fase prosegue così, turno dopo turno, fino a quando tutti i buchi del campo da gioco, fino alla linea bianca, sono stati riempiti. A quel punto si effettua un primo conteggio dei punti… ma ci torniamo dopo.

Tabellone di Gloomies

Fase 2: Raccolto

Le azioni sono le stesse, ma stavolta si raccolgono i fiori invece di piantarli. Si sceglie una fila, si giocano carte corrispondenti e si prende in sequenza quello che si riesce a raccogliere, partendo sempre dal lato indicato dalle frecce. Anche qui vale l’uso degli aiutanti per estendere le giocate. I bonus, se presenti nella colonna dell’ultimo fiore raccolto, vengono presi e scartati, e si pescano due nuove carte dal proprio mazzo personale.

La fase termina quando il campo è completamente svuotato. A quel punto, si fa il bilancio definitivo.

Carte di Gloomies

Il punteggio, tra metà partita e traguardo

Alla fine della prima fase, ogni carta giocata sotto la propria plancia porta punti. Se si è stati abbastanza coerenti da giocare almeno quattro carte dello stesso tipo (sei in due giocatori), quei fiori valgono il doppio. E se lungo il percorso si è raccolta un po’ di polvere di stelle, si ottengono punti extra anche per quella, in base alla quantità accumulata. Questi punti vengono trasformati in gettoni e tenuti da parte, pronti per essere sommati più avanti.

Carte Obiettivi Gloomies

Dopo la seconda fase, arriva il conteggio finale. I fiori raccolti vengono sistemati sulla propria plancia o usati per completare gli ordini accumulati: ogni fiore piazzato vale da uno a tre punti, a seconda del tipo, mentre gli ordini completati premiano con il valore indicato sulla carta. Se un ordine è incompleto o sbagliato, non conta nulla. Anche qui si ricalcola la polvere di stelle con la stessa logica della prima fase, e si aggiungono i punti per gli aiutanti Gloomies rimasti inutilizzati, che regalano un punto ciascuno.

Alla fine si somma tutto: punti della prima fase, punteggio finale, stelle, ordini, aiutanti. Chi ha fatto meglio, vince. In caso di parità si confronta il numero di ordini completati, poi il valore del più alto. Se sono ancora pari… amici come prima.

Carte di Gloomies impilate sotto la plancia giocatore

Raccogli quel che hai seminato

Il gioco mantiene un ritmo sempre vivace, con turni rapidi e zero tempo morto. Una volta entrati nel mood, si va lisci dall’inizio alla fine. La prima fase ha un tono più leggero, quasi di costruzione tranquilla: si gioca in modo rilassato, ma mai distratti. Nella seconda invece cambia tutto, lì si tirano le somme e ogni scelta pesa. Dove metto i fiori? Rischio l’ordine o vado sul sicuro con la plancia? E soprattutto: mi conviene davvero spendere subito questi piccoli aiutanti, sapendo che a fine partita valgono un punto ciascuno?

Aiutanti Gloomies, delle sorte di modificatori

È proprio qui che Gloomies mostra il meglio di sé.Perché sotto l’aspetto colorato e l’accessibilità da gioco per famiglie, riesce a infilarti in una serie di scelte che funzionano, senza mai rallentare il ritmo.E poi, diciamolo: nella seconda metà della partita, il fatto di poter utilizzare solo le carte, gli obiettivi e i piccoli aiutanti raccolti, somiglia un po’ alla vita, dove si raccoglie soltanto quello che si è seminato.Nel mio caso ben poco, ma sono fiducioso che, con tutto il concime che ho usato, quel poco sarà davvero rigoglioso!

Il fatto che Filippo Landini, l’autore, abbia vinto un’edizione del prestigioso Premio Archimede e, nell’edizione successiva, sia arrivato secondo proprio con Gloomies, conferma ancora di più le sue qualità come game designer: capace di dare ai suoi giochi quel quid che li rende immediatamente riconoscibili e vivi.

Qui sopra trovate il video tutorial che ho realizzato per il mio nuovissimo canale YouTube: non dimenticate di farci una visitina, lasciarmi un bel like e iscrivervi al canale!

Ringrazio Ravensburger, che su segnalazione dell’autore, mi ha mandato una copia del gioco per poter scrivere questo articolo.

copertina articolo per e-Mission

e-Mission: sono impazzito per un collaborativo!

Sono spiazzato. e-Mission mi ha fortemente spiazzato! Un collaborativo, io?! Ebbene sì, e-Mission mi ha conquistato. E pensare che a Play sono passato davanti allo stand DV Games e Ghenos decine di volte senza degnarlo di uno sguardo. Poi, una manciata di giorni dopo, vado in associazione, mi siedo a giocarlo (quasi più per fare compagnia a un amico) ed eccomi qua a scrivere un articolo. O meglio: a interrompere l’articolo che stavo già scrivendo su un altro gioco, perché dovevo assolutamente parlarvi di questo!

giocando a e-Mission

Salviamo il mondo

Il gioco è firmato da Matt Leacock (sì, proprio quello di Pandemic) e Matteo Menapace, game designer italiano trapiantato a Londra, da sempre attento a temi sociali e ambientali. Una coppia insolita, che ha saputo unire solidità meccanica e impegno tematico in un cooperativo sorprendentemente centrato. In originale si chiama Daybreak, ma in Italia è arrivato come e-Mission. Un gioco di parole a conti fatti azzeccato: qui si parla di emissioni, sì, ma anche di una missione. E dopo averlo giocato, quella parola smette di suonare scolastica e inizia a sembrare urgente.

La scatola di e-Mission
Grazie infinite a Giuliano Milani per avermelo fatto scoprire e avermelo prestato per farci qualche altra partita!

Non so se è stato il tema, il modo in cui ti mette davanti alla realtà senza ricattarti emotivamente, oppure quella strana alchimia che solo certi giochi cooperativi riescono a generare quando senti che ogni mossa conta, che dipendi dagli altri ma non sei mai inutile. Fatto sta che e-Mission ha qualcosa che funziona, e funziona dannatamente bene.

Non è un gioco leggero, ma non è nemmeno pesante. Non è un German, ma nemmeno un gioco da serata rilassata. È un cooperativo dove si costruisce, si progetta, si spera… e ogni tanto si impreca. E quando perdi (perché succederà) lo fai con quella sensazione di “ok, riproviamo subito”, che è il miglior segnale possibile.

Il Manuale di e-Mission
È la prima volta che mi capita sottomano un regolamento scritto così in grande. I miei occhi ringraziano!

Come si gioca a e-Mission

In e-Mission, ogni giocatore prende il controllo di una potenza mondiale (Stati Uniti, Cina, Europa o il cosiddetto “Resto del Mondo”) con un obiettivo comune: rallentare il cambiamento climatico prima che il pianeta si surriscaldi troppo o che le comunità collassino. È un cooperativo puro, in cui si gioca tutti insieme, ma ognuno con risorse, potenzialità e criticità diverse.

e-Mission previsione di una crisi

Il gioco si sviluppa in round simultanei, ciascuno diviso in cinque fasi: si comincia con un summit globale, in cui si affrontano le crisi previste e si avviano progetti internazionali. Poi ci si concentra sulle scelte locali: si pescano carte, si avviano iniziative, si rimuovono emissioni, si sostituisce energia sporca con fonti pulite e si costruiscono strutture più resilienti. Ma non basta pianificare, si deve anche sopravvivere agli effetti delle emissioni accumulate.

Aumento della temperatura in e-Mission

Drawdown Climatico

Le emissioni in eccesso finiscono su un grande termometro centrale, e quando si alza la temperatura, entrano in gioco effetti planetari e nuove crisi da affrontare, con carte che rappresentano disastri ambientali e tumulti sociali. Il gioco non perdona: se la temperatura globale raggiunge un certo punto, o se una sola potenza accumula troppe comunità in crisi, la partita finisce. Male.

Risorse sulla mappa di e-Mission

Per vincere, invece, bisogna raggiungere il “Drawdown“, cioè il momento in cui l’umanità inizia a rimuovere più carbonio di quanto ne produce. Ma non basta arrivarci: bisogna anche sopravvivere un ultimo round per dimostrare che il cambiamento è stabile. e-Mission è così: ti concede la speranza, ma ti chiede anche coerenza. La stessa coerenza che fa sì che all’interno della scatola non ci siano componenti in plastica e che, pur riportando le misure per eventuali sleeves, sia riportato un “se proprio non puoi farne a meno…”. Spoiler, le carte con le bustine non ci stanno nei contenitori forniti con il gioco, quindi che le mettete a fare?…

carta missione di e-Mission

I Round di e-Mission

Ogni round di e-Mission segue un ciclo preciso e serrato. Si comincia con la Fase Globale, in cui tutti i giocatori affrontano insieme la previsione di una crisi imminente e scelgono un progetto comune da intraprendere, sperando di completarlo in tempo per attivarne gli effetti benefici. Si passa poi alla Fase Locale, dove ogni potenza agisce sul proprio territorio: si pescano carte, si giocano progetti, si costruiscono infrastrutture e si collabora con gli altri. Le carte si possono piazzare davanti a uno stack per attivare azioni, oppure si possono infilare dietro per potenziarle come una sorta di engine-building verticale, dove si cerca di creare combo efficienti in un tempo che non sembra mai abbastanza.

una plancia giocatore di e-Mission

Una volta chiuse le azioni locali, arriva la Fase delle Emissioni: si calcola quanta anidride carbonica è stata prodotta, si cerca di sequestrarne il più possibile grazie ad alberi, oceani o tecnologie apposite, e tutto ciò che rimane finisce sul termometro globale, avvicinando il disastro climatico. Poi si passa alla Fase di crisi, dove si tirano dadi per gli effetti planetari e si rivelano carte che mettono a dura prova la tenuta sociale ed ecologica delle potenze. Infine si arriva alla Fase di Crescita, in cui (che ci piaccia o meno) la domanda energetica aumenta, e si ricomincia il ciclo con ancora più pressione addosso. È un susseguirsi di scelte difficili, collaborazione forzata e soluzioni che sembrano sempre temporanee, ma che se incastrate con cura portano a risultati insperati.

i Contenitori di e-Mission
Pratiche ed ecologiche vaschette porta tutto

Ed è proprio qui che e-Mission mi ha fregato. Perché non è solo il tema (attuale, certo, ma spesso abusato) a colpire. È il modo in cui tutto si tiene: tensione, collaborazione, una certa urgenza costante che ti spinge a pianificare, adattarti, aiutare. Serve qualche giro per ingranare, è vero, ma quando tutto comincia a girare (o quando ti accorgi che sta per esplodere tutto) allora sì che e-Mission mostra il suo volto migliore. E diventa difficile non volerci tornare.

carta centrali nucleari e-Mission

Tornando sulle carte di e-Mission

Durante la fase locale, le carte si possono usare in tre modi distinti. Le azioni locali si attivano dalle carte già presenti nella propria area di gioco: sono quelle in prima fila, ricevute all’inizio o giocate in precedenza, e si possono sfruttare più volte se le condizioni lo permettono. Le nuove carte dalla mano servono invece per avviare progetti locali, cioè per sostituire o potenziare quelli già in campo, andando a costruire pile di simbolini che rendono le azioni via via più efficaci. Oppure si possono usare per sostenere: infilate sotto un progetto globale per contribuire al suo completamento, o sotto una carta crisi per provare a mitigarne l’impatto. In ogni caso, ogni carta è una scelta: se la giochi da una parte, la perdi dall’altra. E non ce n’è mai una giusta per tutto.

dotazione iniziale di e-Mission

In conclusione

In conclusione, e-Mission è uno di quei giochi che non pensavo mi sarei mai ritrovato a consigliare. Un collaborativo a tema climatico, con simbolini ovunque, una gestione condivisa e una minaccia costante? Eppure eccoci qui. Mi ha preso in contropiede. Mi ha fatto riflettere, discutere, pianificare, sbagliare, e alla fine ha pure zittito quella vocina che diceva: “Mah, sarà il solito gioco educativo travestito da cooperativo.” No, non lo è.

Scatola di e-Mission
L’artwork del gioco ad opera di Mads Berg è molto figo!

e-Mission riesce a essere un gioco vero, prima ancora che un messaggio. L’eco-sostenibilità non è solo il tema: è il modo in cui ogni singolo elemento del gioco è costruito. Ogni carta ha un QR Code che rimanda a un approfondimento reale, a un progetto, a una tecnologia, a una scelta concreta che qualcuno nel mondo sta già affrontando. E tu, giocando, cominci a sentirne il peso. Ma non perché te lo impone: perché te lo fa vivere.

Dicitura sul retro della scatola

E alla fine ci casco. Perdo. Ma voglio rigiocarlo. In fondo e-Mission è come la realtà: si vince solo se si collabora. Non è facile, certo. Qualcuno si tira indietro, qualcun altro fa finta di niente… ma anche giocando in tre, in due, o persino da soli, una possibilità c’è.

Piccola novità: qualche volta sotto gli articoli troverete anche dei miei brevi video… Attendo dei feedback!

L’importante, come sempre, è provarci. Io, intanto, faccio il mio: non imbusto più i giochi con le sleeves. Non solo per questo, eh, ma da oggi anche per questo. Mica perché sono povero come la mer…

Play a Bologna: Anno Zero

Play a Bologna: Anno zero

C’è sempre una certa attesa quando arriva questo periodo dell’anno. Per me, per tanti altri, Play è da anni un appuntamento fisso, un rito ludico che si celebrava puntualmente a Modena. Ma quest’anno qualcosa è cambiato. Nuova location, nuova disposizione degli spazi, nuove abitudini da creare. E così, senza nemmeno accorgermene, mi sono ritrovato a Bologna per quello che, a tutti gli effetti, è stato un anno zero.

Play Bologna Tagliatelle
Direi che è andata ugualmente benone anche a Bologna!

La prima cosa che ho pensato quando è uscita la notizia dello spostamento da Modena a Bologna è stata: oh no, e adesso dove andrò a mangiare la sera?! Cosa me ne farò di tutti i ristorantini segnati nella mia agendina, che Gambero Rosso levati proprio?

Questo non sarà il solito report chilometrico, con l’elenco dei giochi provati o degli stand visitati. Questa volta voglio solo raccontarvi com’è stato vivere questa nuova Play, tra aspettative, sorprese e qualche inevitabile spiazzamento. E se alla fine mi chiedete com’è andata, vi anticipo già la risposta: diversa, intensa, e forse — anzi, probabilmente — la migliore di sempre. Se la gioca con la mia prima volta. Ehm, la prima volta a Play intendo!

Play Bologna prima e dopo

Fai tre giorni a Play e ringiovanisci

Sui miei social ho pubblicato un selfie che mi sono fatto mentre ero in coda per entrare il venerdì a Play, e l’ho messo a confronto con quello del lunedì successivo: a parte la drammaticità voluta — per creare un post scherzoso con il contrasto tra le due immagini, una rilassata e l’altra distrutta — ho notato quanto un sorriso e l’emozione di partecipare abbiano avuto un effetto ringiovanente su di me. Purtroppo, per migliorare la faccia c’è poco da fare… nemmeno Play può fare miracoli!

Ma questa cosa mi dà una certezza. Anzi, conferma delle certezze che già avevo: aggiungere il gioco nella propria vita porta beneficio.

Play Bologna coda Weega

Salto temporale

È sabato sera, ho accompagnato all’hotel il buon Luca Ciglione, così che potesse lasciare la borsa in camera, prendere la giacchetta (perché è un vecchietto peggio di me, nonostante sia nettamente più giovane all’anagrafe) e andare insieme a mangiare.

Luca Ciglione a Play Bologna
Appena incontrati: Ale mi accompagni in farmacia?

In ascensore, scambiamo due chiacchiere con una signora che nota un gioco nella mia borsa e attacca bottone. Anche lei è venuta a Bologna per Play. Ci chiede chi siamo, notando i loghi sulle magliette, s’informa e ci confida che è una fan di Alberto e Valentina, I Giullari.

Mette tenerezza. Ci proponiamo di presentarglieli, se si presenta l’occasione, ma lei, tutta contenta, ci dice di essere già riuscita a incontrarli.

Ci racconta che è dispiaciuta di essere arrivata così tardi a conoscere questo mondo, in età avanzata, ma che è stato merito di un’amica: l’ha aiutata in un momento delicato della sua vita e ora ha trovato una passione che l’ha fatta andare avanti. Ha scoperto Play e già non vedeva l’ora di tornarci.

Tutto questo in soli tre piani e una manciata di minuti nella hall — ma quanto parlava, sta signora? — però sono stati pochi minuti davvero emozionanti.

Per lei, Play è rinascita.

Play Bologna camera
Ho risparmiato la fatica di mettere la sveglia, ci pensava l’alba a svegliarmi…

Un posto per dormire

Come mia consuetudine, anche quest’anno ho prenotato un albergo con netto anticipo, così da poter risparmiare qualche soldino. Poi, un paio di mesi fa, faccio un ragionamento: perché dovermi alzare alle 5 del mattino di venerdì, arrivare in fiera dopo ore di guida, fra code, clacson e bestemmie varie, per poi essere già morto prima ancora di cominciare? Anticipo di un giorno, mi godo la tranquillità.

Play Bologna la Tana dell'elfo
Non c’entra qui questa foto, ma avevo poco spazio altrove e ci tenevo a condividere lo stand che più ho visitato! C’era anche quello del Draft, ma i tempi d’attesa erano più proibitivi!

Troppo tardi per aggiungere un giorno alla mia prenotazione: una notte sarebbe costata quanto l’intero importo delle tre notti precedenti. Quindi decido di cercare un’alternativa valida. Trovo qualcosa di accettabile che, nonostante alcune problematiche che non starò qui a raccontare, non è nemmeno male…

Play Bologna quiete
Poco prima l’apertura

Per Play bisogna prenotare con largo anticipo! Poi devi capire se risparmiare sulla camera, e quindi allontanarti un po’ dalla fiera, sia più conveniente che non pagare ogni giorno il parcheggio della fiera. Quest’anno era a 15 euro, ma si sa già che l’anno prossimo i prezzi lieviteranno…

Play festival del gioco… Giocooo!

Sì, ma Ale, stai parlando di tutto tranne che della ciccia!

Non fatevi ingannare da quei sorrisi, hanno pestato come dei fabbri per tutta la partita!

Avete ragione, voi volete sapere (giustamente) qualcosa sui giochi provati! In questo articolo farò un breve accenno, mentre approfondirò alcuni di questi giochi con articoli dedicati.

Detectives vs Criminals
Questo Detectives vs Criminals di Luca Maragno mi ispirava, ma purtroppo non sono riuscito a provarlo!

Ho giocato poco, lo dico subito a scanso di equivoci, perché i vari impegni con gli editori hanno risucchiato molto del mio tempo, soprattutto in orari ravvicinati, impedendomi di prenotarmi ai tavoli desiderati.

Play Bologna Weega

Ho fatto giocare tanto, allo stand di Weega (ve ne avevo già parlato qui), dove ho proposto Dig Your Way Out, gioco di cui avevo scritto un articolo in altri lidi, e che ha riscosso davvero successo grazie alla sua interazione diretta, coinvolgente, che ha conquistato tutti quelli a cui l’ho fatto provare. In più ho fatto giocare anche a Scout, gioco della Oink Games: un piccolo capolavoro formato da un mazzetto di carte e pochi segnalini. Se ancora non lo avete giocato, correte immediatamente a provarlo, anche perché ora che Ghenos Games lo sta portando in Italia non avrete più scuse!

Play Bologna tavola rotonda
Mai sedersi sul telefono mentre altri ti fanno la foto, altrimenti ti scambiano per una scimmia cappuccina…

Cosa ho giocato

Ho visitato diversi stand degli editori e ho provato alcune novità in anteprima, come ad esempio No More Dead: New York, nella Blu Room di Pendragon insieme ad altri “colleghi” creator.

Play Bologna da Pendragon

Aspettatevi a breve un articolo, come già fatto in passato per The Eternaut e altri prima ancora, perché questo gioco mi ha davvero convinto.

Dico solo che, quando mi è arrivato l’invito via mail, non ne sapevo nulla. Anzi, nessuno ne conosceva l’esistenza: è rimasto tutto sotto traccia fino a Play. La mail, alla mia richiesta di maggiori informazioni, recitava: “zombie, gnam gnam!”. Non vedo l’ora di scrivere le mie impressioni, ma vi spoilero già una cosa: è molto divertente!

Dovevo andare a Play per scoprire che l’autore è Daniele Molinari!

Intanto andate a questo link per seguire la campagna su Gamefound.

Da Red Glove erano presenti anche un paio di tavoli di Tesla Games, dove ho potuto finalmente provare Circadians: Prima Alba.

Inseguivo questo gioco da due anni, ma non ero mai riuscito a provarlo. Finalmente ho potuto farlo.

Gioco gestionale di J. Macdonald e illustrato da Sam Philips, con un bel sistema di programmazione delle azioni che si alterna su più fasi. Ben fatto e con un bel punto di forza nell’ambientazione.

Play Bologna Gloomies e Filippo Landini

Poi, allo stand 15, sono passato a trovare Filippo Landini allo stand di Saz Italia, che mi ha proposto il suo ultimo gioco, edito da Ravensburger: Gloomies.

Purtroppo non è arrivato in tempo per essere acquistato a Play, nonostante fossero presenti le locandine nello stand, quindi non molti hanno avuto la possibilità di provare quello che, per me, è stato il miglior gioco della fiera!

Gloomies

Un family game dalla grafica davvero accattivante, proposto a un prezzo molto abbordabile, soprattutto considerando la qualità del gioco e la quantità dei componenti. Due fasi di gioco: una di posizionamento dei fiori nei campi, l’altra di raccolta, in cui i giocatori dovranno completare gli ordini e cercare di sfruttare al meglio i vari bonus raccolti.

Meglio piantare subito tanti fiori comuni o diversificare, piantando anche quelli più rari, sapendo che poi, nella seconda fase, saranno più remunerativi?

Un gioco semplice e ben realizzato che mi sarei volentieri portato a casa da Play. Sicuramente ve ne parlerò meglio più avanti.

Play Bologna sub-zero

Sempre allo stand di Saz, mi alzo dal tavolo e mi siedo a quello a fianco, dai amici della DTG Publisher, dove trovo Tommaso Ceglia e Riccardo Corti, ma soprattutto Sub-Zero! L’avevo provato due anni fa a Modena, era poco più che un prototipo, anche se molto simile a com’è oggi. C’è una sostanziale differenza, però: quando lo provai all’epoca, non ne rimasi del tutto convinto, mentre ora l’ho trovato davvero un gioiellino! Esplora, Conquista, Sopravvivi. Nonostante la profonda asimmetria delle diverse fazioni, tutto gira a meraviglia. Ho fatto una partita uno contro uno e, nonostante abbia perso, mi sono alzato dal tavolo davvero molto soddisfatto e desideroso di saperne di più. Anche questo lo trovate su Gamefound andando a questo link e il mio consiglio è di non lasciarvelo sfuggire.

Da Creardo ho trovato il buon Emanuele Sassi Zanichelli che mi ha fatto provare Colleagues, un gioco di Giorgio Galbusera che inizialmente non avevo riconosciuto, ma che poi ho ricordato di aver già provato a IdeaG qualche anno fa. Come l’altra volta, ho capito il gioco a metà partita, perdendo malamente. Devi assegnare carte numerate dalla propria mano a delle mansioni, consapevole che il valore più alto “vincerà” l’incarico lavorativo, mentre il più basso ti metterà a rischio licenziamento. Insomma bisogna cercare di essere mediocri, lavorare il meno possibile, ma non così poco da rischiare di essere licenziati. Insomma, galleggiare nel mezzo. Una cosa troppo difficile per il sottoscritto, dove di norma o mi dicono bravo, oppure (più spesso) fai pena! Il gioco però è valido e piacevole, perfetto per due risate in compagnia magari di veri colleghi!

Play Bologna elefantini
Sono elefantini non maialini!

Da Cranio mi fermo con Gianluca di Boardgame Italia e Boardgame Francesco a provare Pirata Splash Vietato Cadere!, un gioco per bambini in cui l’obiettivo è accumulare tesori diversi durante la propria manche, girando carte una alla volta, in un push your luck dove chi sbaglia farà fare un passo avanti nella passerella al proprio elefantino, col rischio di farlo cadere in mare come nelle peggiori torture piratesche dei vecchi film. Ovviamente fuori target per noi, ma divertente e piacevole. Sicuramente farebbe la gioia di ogni bambino delle elementari. Francesco sono elefantini non maialini!

Play Bologna Otter carta
Questo sarà l’anno delle Lontre!

Otter non lo troverete in giro. Non ancora, almeno, perché è uno di quei giochi in cerca di editore, ma che sai già che farà il botto. Io lo vorrei ora, per farlo giocare a tutti i miei amici e sarei disposto a pagare anche profumatamente, nonostante si tratti di un semplice mazzetto di carte. Questo è l’anno delle lontre! Il gioco è semplicissimo: hai tre file di carte, dove in alto ci sono delle condizioni, in basso degli animali e al centro ci sono delle carte, sulle quali dovrai aggiungere altre carte dalla tua mano, cercando di fare matchare le condizioni in basso e in alto e scartandone il più possibile. Prima però potrai decidere se modificare una o due condizioni iniziali, acquisendo nuove carte come scotto da pagare.

Play Bologna Otter

Spiegato così non dice granché, ma le dinamiche di gioco, unite alla bellezza delle lontre, senza parlare delle implicazioni strategiche a cui portano le scelte delle condizioni, lo rendono un gioco molto, molto bello. Grazie a Francesco Biglia per avermelo fatto provare e Andrea Dado per aver giocato insieme.

Play Bologna da cranio

Per finire, tornando da Cranio Creations, dove ho un evento insieme al Green Player Nicola e Claudia, Ian di MeepleorDie e Luca di Giochi sul Nostro Tavolo, giochiamo a Eroi di Barcadia. Tiriamo dentro un “ragazzo” dal pubblico, che probabilmente avrà la mia età, Moreno, molto simpatico e disponibile. Ero convinto si trattasse di un gioco brutto, lo ammetto, invece si è rivelato un gioco davvero divertente e ben pensato.

Un Dungeon Crawler dove i personaggi sono dei bicchieri e il cui livello di vita è pari al livello del liquido in esso contenuto. Birra nel nostro caso. I bicchieri si muovono su degli esagoni disposti precedentemente a caso, rivelando mostri e boss da affrontare, attivando trappole e abilità, proprio come in un gioco fantasy.

Play Bologna Eroi di Barcadia
Sto perdendo… oh noooo

Peccato che il mio personaggio fosse così forte, perché ogni colpo subito mi avrebbe fatto perdere vita, dovendo bere dal mio bicchiere, ma la sorte si è accanita con il sottoscritto, facendomi sempre vincere gli scontri! Ho bevuto a fine partita.

Io questo gioco lo voglio, già me lo vedo in associazione insieme agli altri ubriaconi che giocano solitamente con me!

Play Bologna padiglione 15
Giusto due persone due al padiglione 15 ai tavoli delle associazioni

In conclusione

Alla fine sono andato per le lunghe anche a questo giro, avrei voluto essere più conciso, ma quando parlo di cose che amo divento come lo zio Colm della serie Derry Girls e non smetto più di parlare!

Play Bologna Casa P Abis
Ho proposto a Stella e Gabriele un nuovo format: I Casa “P” Abis. Mi hanno detto che riceverò una lettera dal loro avvocato…

Play a Bologna è magnifica. Così ampia che solo il parcheggio è grande quanto tutti i padiglioni della fiera di Modena. I bagni sono tanti, puliti costantemente e senza le code chilometriche che erano un marchio di fabbrica della vecchia location. Il primo impatto è stato disorientante, mancando completamente i riferimenti a cui ero abituato, e anche alla fine del terzo giorno ho avuto ancora difficoltà a raggiungere a colpo sicuro padiglioni e stand che credevo di aver memorizzato.

Play Bologna allestimento sala gdr
Padiglione Dedicato al GDR poco prima dell’apertura

Però, vuoi mettere la bellezza di giocare con i tavoli ben distanziati? Non sentire l’odore di sudore delle ascelle della gente, costretta a passarti a fianco strusciandosi per via dei corridoi colmi di persone ammassate tra loro? Certo, dover percorrere chilometri per spostarsi da un padiglione all’altro un po’ mi ha frenato dal girare la fiera come avrei voluto, ma lo trovo un compromesso accettabile.

Play Bologna km percorsi
Due passi…

Insomma, Play, mi sei mancata da morire e già conto i giorni che mi separano dal prossimo appuntamento, già annunciato: 10-11-12 aprile 2026… chissà se potrò portare dentro la fiera un monopattino!

Inventions Lacerda Gioco - foto copertina articolo

Inventions: Evolution of Ideas – Nella mente di un genio

Piccolo passo indietro. Prima di House of Fado, di cui vi ho recentemente parlato qui, è uscito un altro gioco da tavolo di Vital Lacerda per la Eagle Gryphon Games e portato in Italia da Tesla Games: Inventions Evolution of Ideas. Giuro che, nonostante mi sia aperto da poco alle collaborazioni, non sono sponsorizzato dalla Tesla Games. Non è colpa mia se continuano a portare in Italia dei gran giochi dei miei autori preferiti!

Inventions Lacerda Gioco - scatola

Inventions: Evolution of Ideas, da questo momento per comodità lo chiamerò solo Inventions, è uno di quei titoli che si capisce fin da subito che ti faranno sudare le fatidiche sette camicie. Un paio erano anche quelle sgargianti del Meeple con la Camicia, che ringrazio per aver fatto il tutorial su YouTube e avermi tolto così qualche dubbio sul regolamento. A differenza di The Weather Machine dove, nonostante la complessità, avevo capito tutto al volo, qui ho avuto da leggere e rileggere (e ri-rileggere ancora) il regolamento più volte e compensare le lacune con video.

È la vita di noi amanti del gioco duro del buon Lacerda, sempre a smadonnare con i regolamenti, ma poi in un brodo di giuggiole una volta seduti al tavolo. Qualche volta poco soddisfatti, qualche altra di più.

Inventions Lacerda Gioco - Scatola sdraiata

A scanso di equivoci, lo dico subito: Inventions per me è davvero un buon gioco, e non lo dico da fan di Lacerda, ma cerco di pormi in maniera obiettiva! Tosto ma appagante, seppur con una scala di apprendimento così ripida da rischiare di farti scivolare ancora dopo diverse partite. Ovviamente, se cercate qualcosa di più elegante, immediato e comodo da intavolare, guardate altrove. Anche perché, con quello che risparmiate, potreste acquistare due, se non tre, ottimi giochi di altri autori altrettanto affermati! Ma, come dico sempre, l’eleganza nei giochi da tavolo è (a mio avviso) sopravvalutata. Quello che conta è l’esperienza al tavolo. Le vibes.

Inventions Lacerda Gioco - In gioco

Ma cos’è Inventions

Inventions è un gioco denso, articolato e con la profondità strategica che ormai contraddistingue ogni gioco di Lacerda. Ok, l’ambientazione è un pretesto, lo sappiamo tutti, però l’ho trovata abbastanza coerente con le azioni proposte. Ovviamente parliamo di un bel germanone, qui non si costruiscono imperi, ma si gestiscono con ingegno e precisione idee pronte a diventare invenzioni, ottimizzando ogni scelta per farle circolare e lasciare il segno sul progresso.

Inventions Lacerda Gioco - tessere traguardo

Ma, com’era prevedibile, non basta accendere una lampadina e gridare “Eureka!”. Ogni mossa va calcolata, ogni lavoratore assegnato con criterio, mentre ci si destreggia nella classica spirale lacerdiana, dove ogni azione innesca conseguenze da gestire con attenzione quasi maniacale.

Come si gioca (moooolto brevemente)

La partita si sviluppa in una serie di round in cui i giocatori agiscono per far avanzare la propria civiltà, accumulando Punti Ingegno, la vera misura del successo in Inventions. Al centro del gioco troviamo tre concetti fondamentali: Idee, Invenzioni e Condivisione.

Le Idee sono il punto di partenza: ogni carta Idea rappresenta un concetto emergente nelle tre grandi aree dello sviluppo umano (Economia, Cultura e Tecnologia) e richiede specialisti adeguati per essere sviluppata. Gli specialisti possono essere commercianti, artigiani o pensatori, ognuno con un ruolo chiave nella trasformazione delle idee in Invenzioni.

Inventions Lacerda Gioco - Dettaglio copertina

Le Invenzioni sono il cuore pulsante del gioco: un’Idea diventa un’Invenzione quando un giocatore ha investito abbastanza specialisti (i meeple specializzati della categoria richiesta) o studiosi (altri meeple senza specializzazione, considerati però come dei jolly) per svilupparla. Questo porta vantaggi immediati, sblocca nuove opportunità e, in perfetto stile Lacerda, esaurisce gli specialisti impiegati nel processo, rendendoli temporaneamente inutilizzabili.

La Condivisione è l’elemento che obbliga i giocatori a guardare oltre il proprio orticello: le invenzioni possono essere divulgate, portando benefici ulteriori e influenzando l’andamento della partita. Il progresso, dopotutto, non è mai un affare solitario.

Inventions Lacerda Gioco - Mappa

Le azioni di gioco

Ogni round si articola in due momenti distinti. All’inizio del proprio turno, il giocatore prepara un certo numero di segnalini Azione a Catena, determinato dalla sua Influenza. Questi segnalini saranno fondamentali per eseguire azioni aggiuntive nel corso del turno.

A questo punto si passa all’azione vera e propria: il giocatore esegue la sua azione principale e, se le condizioni lo permettono, può attivare una o più azioni a catena, creando così combinazioni strategiche che rendono ogni scelta ancora più cruciale.

L’azione principale del gioco si attiva piazzando un segnalino Epoca. Quando il meeple Chronos segna un cambio di era, il giocatore deve collocare il suo segnalino Epoca su uno spazio azione disponibile, sbloccando così nuove possibilità strategiche. Se, invece, Chronos si trova su una ruota stagionale, il giocatore posiziona un segnalino Stagione su un forum libero, eseguendo l’azione corrispondente.

La sezione del tabellone con le azioni è chiamata Assemblea, ed è suddivisa in 5 Forum. Ogni Forum offre due slot azione, e quando un giocatore occupa uno slot, blocca a sé stesso anche quello adiacente.

Inventions Lacerda Gioco - Chronos

Le azioni disponibili sono molteplici e richiedono un’attenta pianificazione:

Presentare un’idea: si piazzano specialisti su una carta idea per prepararsi a svilupparla.

Inventare: si trasforma un’idea in un’Invenzione, ottenendo benefici e avanzando nel gioco.

Innovare: si migliora un’invenzione già creata, aumentando i suoi effetti.

Condividere un’invenzione: si diffonde la scoperta, ottenendo ulteriori vantaggi.

Chiamare specialisti: si reclutano nuovi cittadini da specializzare nelle diverse aree del gioco.

Guadagnare influenza: si aumenta la propria capacità di concatenare azioni nei turni successivi.

Viaggiare: si spostano cittadini sulla mappa per espandere le proprie opportunità.

Eureka!: si ottiene l’accesso a una tessera traguardo che fornisce bonus significativi.

Inviare o chiamare diplomatici: si interagisce con le tessere traguardo degli altri giocatori per ottenere vantaggi.

Inventions Lacerda Gioco - Epoca

Il tempo scorre, le civiltà evolvono

Il meeple Chronos scandisce il passaggio del tempo: il suo movimento sul tracciato dell’era determina se una civiltà è in anticipo o in ritardo, influenzando alcuni effetti di gioco. Le tessere Traguardo sono obiettivi chiave che forniscono vantaggi immediati o a lungo termine, mentre l’Influenza gioca un ruolo cruciale nell’ottimizzazione delle proprie azioni.

Alla fine della partita, il giocatore con più punti sarà colui che avrà guidato la sua civiltà all’apice dell’innovazione.

Inventions Lacerda Gioco - dettaglio plancia progresso

Considerazioni finali

Ho cercato di non cadere nel mio solito errore di scrivere in quantità industriali, tali da competere con la lunghezza del regolamento stesso. Per un gioco del genere avrei dovuto scrivere davvero tanta roba!

Inventions Lacerda Gioco - dall'alto

Inventions è un titolo che porta la firma inconfondibile di Lacerda: denso, cerebrale e con una molteplicità di strade per la vittoria. Ogni decisione ha un peso, ogni errore può costare caro, ma la soddisfazione di vedere il proprio motore di gioco funzionare a pieno regime è impagabile.

A livello grafico, è innegabile che l’apporto qualitativo di Ian O’Toole elevi il gioco a un livello superiore, confermandosi indispensabile. Forse, a voler essere puntigliosi, alcune scelte simboliche risultano meno immediate e riconoscibili rispetto a suoi lavori precedenti, ma davvero si tratta di dettagli minimi.

Inventions Lacerda Gioco - inserto
Componentistica sempre al top

Il cuore pulsante del gioco è l’ottimizzazione delle azioni catena, capaci di concatenare (per l’appunto) più azioni in combo. Quando in alcune situazioni riesci a concatenare azioni collegate tra loro, senti quella soddisfazione rara che solo pochi giochi sanno regalare.

La cosa che più mi piace di Inventions, e qui Lacerda si è superato con questo gioco, è la possibilità di organizzare tutta la parte di gestione della plancia società, arricchendo la mappa progresso con tessere progresso e ricchezza, al termine del proprio turno. Il tutto avviene mentre gli altri giocano, evitando così di aggiungere downtime a un gioco che di per sé è già abbastanza lunghetto

Inventions Lacerda Gioco - Plancia progresso

Ah, ultima cosa, non fateci caso se all’inizio vi sentirete spaesati, con due o tre partite sulle spalle vedrete che tutto miglior… ah no, facciamo anche cinque o sei!

Ora però scusate, devo andare a inventare la ruota.

Annuncio collaborazione per i giochi da tavolo fra Le Cronache del Gioco e Weega

Collaborazione con Weega: Giochi da Tavolo e Nuove Opportunità

In breve: ho iniziato a collaborare con Weega, un social commerce per l’acquisto di giochi da tavolo. In questo articolo (quasi un comunicato) vi spiego il perché.

Ah, già che ci siamo, ve lo scrivo subito qui, all’interno del blog da oggi troverete un banner in alto e dei link referral di Weega. Se la cosa vi infastidisce potete non cliccare oppure andare a leggere altri blog, dove i link referral ci sono comunque… solo che probabilmente non ve lo dicono.

Partiamo da qui

Esattamente sette anni fa (giorno più, giorno meno) nasceva Le Cronache del Gioco, un blog il cui unico impegno è sempre stato quello di parlare di giochi da tavolo senza prendersi mai troppo sul serio. Una scommessa, un modo per condividere la mia passione e, perché no, per creare un po’ di scompiglio nel panorama ludico. Nel tempo, tra alti e bassi, sparizioni e ritorni, il blog si è ritagliato il suo spazietto, restando sempre fedele a un principio: niente collaborazioni dirette con editori o negozi.

Eppure, si cresce. Si cambia. Si impara a guardare avanti.

Annuncio collaborazione per i giochi da tavolo fra Le Cronache del Gioco e Weega

Aprire a collaborazioni senza perdere indipendenza

Ho capito che aprire a collaborazioni non significa cedere la propria indipendenza, ma semmai rafforzarla.

Ho già scritto in passato (altrove) di giochi “gentilmente offerti” dagli editori, ma senza mai addolcire la pillola per il quieto vivere. Perché se si perde la propria equità solo per assecondare le dinamiche tra editori e recensori, si perde tutto. L’onestà intellettuale viene meno, e con essa crolla qualsiasi progetto. Anche il grattacielo più imponente, se costruito su fondamenta fragili, prima o poi cade.

Quindi sì, ho sempre evitato di aprire a collaborazioni, perché so bene che, agli occhi di chi ti conosce poco, se ricevi un gioco da un editore sarai sempre un falso al soldo dei potenti. Fa niente se poi ne hai scritto peste e corna: tanto, la maggior parte della gente non legge, e se legge, spesso non capisce.

Ma c’è di peggio. C’è chi, pur di emergere dalla massa, sceglie di stroncare giochi a caso e viene osannato come un paladino della giustizia. O, peggio ancora, chi parla male di un gioco perché ha sbagliato a interpretare le regole, e chi lo segue non se ne accorge neppure.

Vi ricordate questo mio vecchio articolo? Scemo chi legge

Annuncio collaborazione per i giochi da tavolo fra Le Cronache del Gioco e Weega - screenshot dal sito con i dati dei giochi venduti
Giusto qualche gioco venduto!

Weega e la collaborazione con Le Cronache del Gioco

Chi mi segue sui social aveva già intuito qualcosa, ma rendiamo le cose ufficiali com’è giusto che sia: Le Cronache del Gioco ha aperto a una collaborazione con Weega, il primo social e-commerce dedicato ai giochi da tavolo.

Anni fa avevo già parlato con loro, in altre vesti e in altri lidi, ma per vari motivi non se n’era fatto nulla. Oggi, invece, eccoci qui.

La cosa mi fa piacere, perché il loro progetto è chiaro, pulito e poco invasivo per il blog. Weega è un portale che si occupa dell’acquisto di giochi da tavolo in modalità social, con prezzi competitivi e la capacità di trovare titoli difficili da reperire. Inoltre, ha un contatto diretto con la community, coinvolgendola nella selezione dei giochi da cercare e proporre.

In questo momento, in alto su Le Cronache del Gioco, c’è un banner con link referral. A voi non è chiesto nulla, se non supportare questo blog andando a cliccare qualche volta su quel banner.

Fine del comunicato. Ora possiamo tornare a parlare di giochi.

Attendo il vostro parere nei commenti.

Scatola Flower Fields

Flower Fields: il giardino che vorrei… ma senza api!

Se sistemare il giardino fosse facile come in Flower Fields, probabilmente non avrei più bisogno di passare le mie domeniche mattina a maledire le erbacce e passare il tosaerba. Che poi, fosse per me, stenderei una colata di cemento e via, ma vabbè… Più che il pollice verde io ho il pollice nero! Per non parlare delle api, che lo so anch’io che non pungono mica per sport, però quando le vedo il mio istinto grida “fuggi, sciocco” con la stessa voce di Gandalf. E invece, mentre nella realtà sistemare il giardino significa combattere con piante infestanti (maledetta ambrosia), con questo gioco potremo entrare in un mondo meno snervante, dove creare il giardino perfetto con pochi piazzamenti ben ragionati.

Leila e Flower Fields

Flower Fields è un gioco di Luca Bellini e Luca Borsa, sviluppato dalla Horrible Guilds e pubblicato da Ghenos Games, pensato per 1-4 giocatori dagli 8 anni con partite della durata di circa 40 minuti circa . Un bel piazzamento tessere semplice da spiegare e per questo facile da proporre in ogni occasione.

Scatola del gioco Flower Fields

Come diventare un perfetto giardiniere

In Flower Fields l’obiettivo sarà quello di creare un giardino fiorito e pieno di api, piazzando tessere aiuola di varie forme e dimensioni su una plancia personale. Ogni aiuola avrà il suo colore e potrà ospitare api, che saranno fondamentali per ottenere punti alla fine della partita. Solo le aiuole bianche presenteranno un simbolo speciale, l’alveare, che permetterà di raccogliere nuove api alla fine di ogni stagione.

Azione Tessera Piccola Flower Fields

Il gioco si sviluppa in tre stagioni, ognuna composta da un numero variabile di turni. Si partirà con una plancia giardino per ogni giocatore, un certo numero di tessere aiuola grandi disposte a cerchio con un segnalino che girerà (questa disposizione dei polimini ricorda vagamente Patchwork), alcune tessere aiuola piccole e una riserva di api. Durante ogni turno si potrà compiere una tra queste azioni. Si potrà prendere gratuitamente la tessera aiuola grande adiacente al segnalino sole, oppure pagandola in api se si sceglierà una tessera successiva, piazzandola subito nel proprio giardino. In alternativa, si potrà prendere una tessera aiuola piccola dalla riserva e posizionarla, raccogliere due api dal campo, oppure piazzare un’ape su un’aiuola che abbia lo spazio apposito, pagando il costo richiesto.

Fine partita Flower Fields

Di fiore in fiore

Alla fine di ogni stagione, quando saranno terminate le tessere aiuola grandi, si otterranno nuove api in base agli alveari visibili sulle aiuole bianche e si ripartirà con una nuova disposizione di tessere. Dopo la terza stagione si passerà al conteggio finale. Ogni aiuola varrà un certo numero di punti, con un sistema di moltiplicazione che premierà le aiuole più grandi e ricche di api. Inoltre, si riceveranno punti bonus per ogni riga o colonna completata sulla propria plancia.

Tessere Promo Flower Fields
Tessere promo direttamente da Essen

Ti raserò l’aiuola…

Flower Fields riesce a unire la bellezza di un giardino fiorito a una piccola sfida gestionale adatta a tutti. Ogni tessera andrà pensata con cura, ogni ape avrà il suo valore strategico e le scelte degli avversari influenzeranno la partita. E la cosa più bella? Qui non ci saranno erbacce da estirpare come nella realtà! (Si capisce tanto che il giardinaggio mi stressa?).

L'autore Luca Borsa mi lascia una dedica sulla mia copia di Flower Fields
Luca Borsa ha lasciato una dedica sulla mia copia di Flower Fields

Dal punto di vista strategico, converrà concentrarsi maggiormente su un paio di colori di aiuole, perché cercare di svilupparli tutti non sarà redditizio. Inoltre, un’ottima idea sarà cercare di collegare fra loro due piccoli agglomerati di aiuole con almeno un’ape già presente in ognuna. In questo modo si potranno ottimizzare le risorse e ottenere un punteggio migliore a fine partita.

Luca Bellini alle prese con la presentazione del gioco a una delle nostre serate in associazione LAM

Conclusioni

Flower Fields è un gioco che avrà il potere di rilassarti, senza togliere il gusto della sfida. Basterà sistemare le aiuole e distribuire le api al momento giusto, per poter quasi sentire il profumo dei campi fioriti. Una quarantina di minuti in cui realizzare un tabellone coloratissimo, pieno di tessere ben incastrate, regalando un’esperienza soddisfacente.

Un ape di Flower Fields

Certo, se invece ti cimenterai in partite contro avversari determinati e amanti della sfida, scoprirai che Flower Fields può diventare a tratti spietato. Si lotterà per accaparrarsi ogni tessera aiuola, si cercherà di arraffare l’ultima apina disponibile, rivelando la vera anima del gioco, ben nascosta dietro un’ambientazione leggera e delle api pucciose… capaci però anche di pungere!

Ironicometro valore basso
per informazioni clicca qui

Per me Flower Fields è un ottimo gioco, perfetto da portare alle serate in associazione e da proporre sia ai neofiti che ai giocatori più esigenti. Intanto, continuo a fare pratica, sperando che mi aiuti a pianificare la piantumazione del mio piccolo giardino. Il gioco piace anche a mia moglie, anche se continua a ripetere che, più che strategie di piazzamento, a casa nostra servirebbe un giardiniere in carne e ossa…

Foto copertina - scatola davanti alla libreria House of Fado

House of Fado – Un piccolo The Gallerist

House of Fado è un gioco di Vital Lacerda e João Quintela Martins per 1-4 giocatori della durata di 30-60 minuti, consigliato a partire dai 14 anni, edito da Eagle-Gryphon Games e portato in Italia, in italiano, da Tesla Games.

Foto copertina - scatola davanti alla libreria House of Fado

Fado e Saudade

Ogni volta che penso alla saudade, mi torna in mente L’Allenatore nel Pallone. C’è quella scena in cui Aristoteles, sopraffatto dalla nostalgia, vuole tornare in Brasile. Oronzo Canà, il suo allenatore alla Longobarda, lo implora di restare e, per convincerlo, lo porta a casa sua. Lì incontra la figlia di Canà, che, con la chitarra tra le mani, inizia a suonare, mentre Aristoteles l’accompagna in un canto triste ma col sorriso sulle labbra. Credo di aver scoperto per la prima volta il significato della parola saudade proprio guardando quella scena.

Scatola House of Fado

Ecco, House of Fado ha riportato a galla un ricordo trash che, per quanto iconico, probabilmente solo chi è bello stagionato come me può avere. Il canto malinconico che accompagna lo strimpellare di una chitarra dai suoni intensi ed evocativi. Il fado incarna la saudade, con la nostalgia che diventa melodia, creata dal suono intenso di una chitarra portoghese.

Cos’è House of Fado?

House of Fado è l’ultimo gioco di Vital Lacerda, che in coppia con il mitico João Quintela Martins, torna a proporre un gioco dal peso medio-leggero. Già, peso medio-leggero. So che i meno attenti si staranno chiedendo: “Ma Lacerda non è quello che fa giochi da minimo 4.20 su BGG?” e invece, da qualche anno a questa parte, l’autore di capolavori come On Mars e Lisboa ha alternato grossi titoli ad altri più light, come Mercado de Lisboa (dimenticabile a mio avviso), Bot Factory (anche questo insieme a João, di cui ho già scritto in passato qui) e, infine, House of Fado.

Stelle House of Fado gioco di Vital Lacerda

È nata una stella

House of Fado è sostanzialmente un piazzamento lavoratori, in cui lo scopo finale è quello di far guadagnare prestigio al nostro ristorantino. Accoglieremo i clienti, allietando la loro cena con della buona musica d’accompagnamento, potendo contare sulla presenza di un trio d’artisti nella loro composizione tipica del Fado: cantante, suonatore di chitarra classica e suonatore di chitarra portoghese.

House of Fado davanti alla libreria

Potremo ingaggiare artisti sconosciuti, fargli fare gavetta e vederli crescere, oppure assumere veri e propri talenti e magari portarli alla consacrazione definitiva. Dovremo scegliere se licenziarli alla chiusura del nostro locale per poi rimpiazzarli, oppure investire su di loro ottenendo fama e denaro. Daremo sfogo alla nostra estrosità eseguendo canzoni di Fado, acquisendo tanti punti quanto la loro difficoltà di esecuzione. Intratterremo contatti con i critici, sottostando alle loro condizioni pur di ottenere maggiore visibilità e aumentare i nostri guadagni. Guadagneremo una stella ogni volta che raggiungeremo un obiettivo prima dei nostri avversari e, nel momento in cui ne saranno assegnate tre (in generale, non per forza allo stesso giocatore), il gioco terminerà.

In gioco House of Fado

La chitarra portoghese

Partiamo dal presupposto che nemmeno sapevo della sua esistenza, ma dopo un rapido giro su YouTube ho trovato questo video che spiega e dà una dimostrazione di cosa possa fare questo strumento. Cosa c’entra con il gioco? Nulla, ma ho pensato fosse interessante anche per voi imparare qualcosa di nuovo.

Note House of Fado

Brevemente sulle regole di House of Fado

Come già accennato, la plancia principale è suddivisa in aree dove i giocatori potranno selezionare le proprie azioni posizionando uno dei propri meeple. Accogliere il pubblico avrà una limitazione: una volta selezionati i meeple, questi potranno andare unicamente sul tavolo da due posti, o su quello da tre. Eventualmente anche su quello da quattro, una volta sbloccato eliminando cubetti dalla plancia personale, principalmente grazie all’opera del critico.

Cubetti House of Fado

Anche il critico avrà le sue fisime: vuole stare al tavolo da solo, senza altri meeple attorno (di tanto in tanto mi sento un po’ un critico anch’io effettivamente). In più, questo maledetto, oltre a non far crescere la fama degli artisti, non pagherà nemmeno il conto! Però sarà grazie a lui se passeremo dal guadagnare una miseria a diventare un locale di forte richiamo, perché a ogni sua visita i cubetti sulla nostra plancia verranno tolti, rivelando miglioramenti. Ah, il potere delle recensioni!

Locale House of Fado

I colori dei meeple influenzeranno la fama degli artisti: Il marrone sui chitarristi, il nero sui cantanti e il grigio come jolly.

A prima vista quelli che sembrano dadi (ok, lo sono, ma non vanno lanciati) in realtà vengono usati come modificatori di fama degli artisti. Da notare, cosa figa, che ogni dado ha su ogni faccia una frecciolina che indica come ruotarlo per incrementarne il valore, utile per gli impediti come il sottoscritto!

Come The Gallerist, ma con più Fado

La particolarità di questo “giochino”, che tanto ino ino non è (ma che in confronto ai soliti titoli di Lacerda lo diventa), è che richiama la meccanica principale di The Gallerist.

The Gallerist e House of Fado

Ogni giocatore sceglierà la propria azione posizionando un meeple o muovendolo da una posizione già occupata. Capiterà però che le azioni desiderate siano già occupate da altri meeple, quindi il giocatore precedente verrà scalzato, ma con l’opportunità di scegliere una delle tre azioni secondarie direttamente connesse alla principale.

Questa dinamica porta a un annullamento del downtime, tenendo il gioco costantemente vivo. A livello strategico, si cercherà di mantenere i propri meeple sulle azioni principali il più a lungo possibile, cercando di guadagnare un’azione secondaria dalle mosse degli avversari.

Tessere speciali House of Fado
Tessere speciali presenti nell’edizione Kickstarter con rappresentati gli autori

Considerazioni

Questa non è una recensione, ma una panoramica del gioco. Il termine recensione viene spesso abusato e confuso, sia dal lettore che da chi scrive. Non parlerò quindi della modalità solitaria o a due giocatori, anche perché al momento non le ho provate, né della rigiocabilità, avendo all’attivo poche partite. Ci vuole più dedizione e tempo per scrivere una vera recensione, ma questo non vieta di parlarne e trarre qualche considerazione.

Sacchetto House of Fado

A livello estetico, House of Fado convince sia per componentistica che per artwork (davvero molto belli i disegni di Marina Costa, giovane artista portoghese dal tratto pulito e con un uso interessante dei colori). Tuttavia, perde qualcosa in ergonomia: cubetti e meeple troppo concentrati in spazi stretti, quasi trasformano il gioco in un dexterity game!

Ironicometro valore basso
per informazioni clicca qui

Il flusso di gioco scorre bene e l’ambientazione si percepisce il giusto. Una volta capiti i meccanismi, tutto scorre senza rallentamenti. Il regolamento italiano è chiaro e ben corredato di esempi, anche se ho dovuto verificare un paio di passaggi su BGG per dei chiarimenti (se c’è scritto MAY in inglese DEVI tradurlo con PUOI!)…

Il prezzo è alto (poi ti chiedi perché gli editori non ti mandano i giochi!). Avendo partecipato al Kickstarter/preordine con Tesla Games e usufruendo dello sconto della tessera VIP, l’ho preso a un prezzo più umano e, a mio avviso, coerente con la proposta. E comunque parliamo di Lacerda, quindi un gioco destinato a non perdere valore.

I giochi di Vital Lacerda

Un giorno mio figlio potrà comprarsi un appartamento vendendo tutti i miei giochi di Lacerda… ma questo solo dopo la mia morte!