Non capita spesso di sedersi a un tavolo a Play Bologna, tra un appuntamento e l’altro, e ritrovarsi davanti a un gioco che ti prende nel giro di pochi turni. Ma è esattamente quello che è successo con Gloomies, provato in anteprima direttamente con l’autore, Filippo Landini. Il colpo d’occhio è notevole: i colori sparano forte, tra viola, turchese e arancione, e l’estetica pucciosa da fantasmini spaziali ti strappa subito un sorriso.
Effetto wow
Gloomies è un gioco per 2-4 giocatori dai 10 anni in su, con partite da circa 45 minuti. Un family game? Sì, ma non solo. Perché sotto la grafica sgargiante c’è un gioco vero, compatto e ben strutturato. Le regole girano lisce, ma dietro c’è una bella profondità, il gioco è curato in ogni dettaglio e le scelte da fare non mancano. Insomma, un family con la testa al posto giusto.
Le illustrazioni, firmate da Justin Chan, si fanno notare eccome, e danno un’identità visiva precisa a un gioco che non passa inosservato sul tavolo. Il tutto arriva sotto l’etichetta Ravensburger, che ormai da qualche anno sta sfornando titoli per famiglie che non si accontentano di fare da contorno.
Nella scatola
Gloomies si gioca direttamente nella scatola, che funge da plancia grazie a due strati sovrapposti: uno inferiore e uno forato in alto, dove pianterai e raccoglierai fiori. Ogni giocatore riceve una tessera riassuntiva, un certo numero di carte e dei piccoli aiutanti. Al centro del tavolo si sistemano i mazzi di carte fiore e ordine (con tre carte scoperte per tipo), la ciotola con i fiori in legno, e i gettoni bonus viola da un lato, turchesi dall’altro. La preparazione è veloce e scenografica: una volta montato il “campo”, si è subito pronti a giocare.
Come si gioca a Gloomies
Una partita a Gloomies si articola in due fasi principali: Crescita e Raccolto. Entrambe le fasi si svolgono a turni, in senso orario, e prevedono tre passaggi per ogni giocatore. Ogni fase termina quando il campo da gioco, delimitato dalla “linea bianca”, è rispettivamente pieno (fase 1) o vuoto (fase 2). Al termine della prima fase si effettua un primo conteggio dei punti, ma ci torniamo più avanti.
Fase 1: Crescita
Durante il proprio turno, ogni giocatore esegue tre azioni: gioca carte fiore per piantarle in una fila, prende eventuali bonus e pesca nuove carte. I fiori devono rispettare l’ordine e il tipo richiesto dalla fila, e gli aiutanti possono estendere le azioni disponibili. Dopo aver piantato almeno un fiore, si controlla la colonna dell’ultimo buco riempito: se c’è un gettone bonus, lo si prende e si sposta sull’altro lato del campo. Infine, si pescano carte dal display, con la possibilità di usare aiutanti per ottenere più opzioni.
La fase prosegue così, turno dopo turno, fino a quando tutti i buchi del campo da gioco, fino alla linea bianca, sono stati riempiti. A quel punto si effettua un primo conteggio dei punti… ma ci torniamo dopo.
Fase 2: Raccolto
Le azioni sono le stesse, ma stavolta si raccolgono i fiori invece di piantarli. Si sceglie una fila, si giocano carte corrispondenti e si prende in sequenza quello che si riesce a raccogliere, partendo sempre dal lato indicato dalle frecce. Anche qui vale l’uso degli aiutanti per estendere le giocate. I bonus, se presenti nella colonna dell’ultimo fiore raccolto, vengono presi e scartati, e si pescano due nuove carte dal proprio mazzo personale.
La fase termina quando il campo è completamente svuotato. A quel punto, si fa il bilancio definitivo.
Il punteggio, tra metà partita e traguardo
Alla fine della prima fase, ogni carta giocata sotto la propria plancia porta punti. Se si è stati abbastanza coerenti da giocare almeno quattro carte dello stesso tipo (sei in due giocatori), quei fiori valgono il doppio. E se lungo il percorso si è raccolta un po’ di polvere di stelle, si ottengono punti extra anche per quella, in base alla quantità accumulata. Questi punti vengono trasformati in gettoni e tenuti da parte, pronti per essere sommati più avanti.
Dopo la seconda fase, arriva il conteggio finale. I fiori raccolti vengono sistemati sulla propria plancia o usati per completare gli ordini accumulati: ogni fiore piazzato vale da uno a tre punti, a seconda del tipo, mentre gli ordini completati premiano con il valore indicato sulla carta. Se un ordine è incompleto o sbagliato, non conta nulla. Anche qui si ricalcola la polvere di stelle con la stessa logica della prima fase, e si aggiungono i punti per gli aiutanti Gloomies rimasti inutilizzati, che regalano un punto ciascuno.
Alla fine si somma tutto: punti della prima fase, punteggio finale, stelle, ordini, aiutanti. Chi ha fatto meglio, vince. In caso di parità si confronta il numero di ordini completati, poi il valore del più alto. Se sono ancora pari… amici come prima.
Raccogli quel che hai seminato
Il gioco mantiene un ritmo sempre vivace, con turni rapidi e zero tempo morto. Una volta entrati nel mood, si va lisci dall’inizio alla fine. La prima fase ha un tono più leggero, quasi di costruzione tranquilla: si gioca in modo rilassato, ma mai distratti. Nella seconda invece cambia tutto, lì si tirano le somme e ogni scelta pesa. Dove metto i fiori? Rischio l’ordine o vado sul sicuro con la plancia? E soprattutto: mi conviene davvero spendere subito questi piccoli aiutanti, sapendo che a fine partita valgono un punto ciascuno?
È proprio qui che Gloomies mostra il meglio di sé.Perché sotto l’aspetto colorato e l’accessibilità da gioco per famiglie, riesce a infilarti in una serie di scelte che funzionano, senza mai rallentare il ritmo.E poi, diciamolo: nella seconda metà della partita, il fatto di poter utilizzare solo le carte, gli obiettivi e i piccoli aiutanti raccolti, somiglia un po’ alla vita, dove si raccoglie soltanto quello che si è seminato.Nel mio caso ben poco, ma sono fiducioso che, con tutto il concime che ho usato, quel poco sarà davvero rigoglioso!
Il fatto che Filippo Landini, l’autore, abbia vinto un’edizione del prestigioso Premio Archimede e, nell’edizione successiva, sia arrivato secondo proprio con Gloomies, conferma ancora di più le sue qualità come game designer: capace di dare ai suoi giochi quel quid che li rende immediatamente riconoscibili e vivi.
Qui sopra trovate il video tutorial che ho realizzato per il mio nuovissimo canale YouTube: non dimenticate di farci una visitina, lasciarmi un bel like e iscrivervi al canale!
Ringrazio Ravensburger, che su segnalazione dell’autore, mi ha mandato una copia del gioco per poter scrivere questo articolo.
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Sono spiazzato. e-Mission mi ha fortemente spiazzato! Un collaborativo, io?! Ebbene sì, e-Mission mi ha conquistato. E pensare che a Play sono passato davanti allo stand DV Games e Ghenos decine di volte senza degnarlo di uno sguardo. Poi, una manciata di giorni dopo, vado in associazione, mi siedo a giocarlo (quasi più per fare compagnia a un amico) ed eccomi qua a scrivere un articolo. O meglio: a interrompere l’articolo che stavo già scrivendo su un altro gioco, perché dovevo assolutamente parlarvi di questo!
Salviamo il mondo
Il gioco è firmato da Matt Leacock (sì, proprio quello di Pandemic) e Matteo Menapace, game designer italiano trapiantato a Londra, da sempre attento a temi sociali e ambientali. Una coppia insolita, che ha saputo unire solidità meccanica e impegno tematico in un cooperativo sorprendentemente centrato. In originale si chiama Daybreak, ma in Italia è arrivato come e-Mission. Un gioco di parole a conti fatti azzeccato: qui si parla di emissioni, sì, ma anche di una missione. E dopo averlo giocato, quella parola smette di suonare scolastica e inizia a sembrare urgente.
Grazie infinite a Giuliano Milani per avermelo fatto scoprire e avermelo prestato per farci qualche altra partita!
Non so se è stato il tema, il modo in cui ti mette davanti alla realtà senza ricattarti emotivamente, oppure quella strana alchimia che solo certi giochi cooperativi riescono a generare quando senti che ogni mossa conta, che dipendi dagli altri ma non sei mai inutile. Fatto sta che e-Mission ha qualcosa che funziona, e funziona dannatamente bene.
Non è un gioco leggero, ma non è nemmeno pesante. Non è un German, ma nemmeno un gioco da serata rilassata. È un cooperativo dove si costruisce, si progetta, si spera… e ogni tanto si impreca. E quando perdi (perché succederà) lo fai con quella sensazione di “ok, riproviamo subito”, che è il miglior segnale possibile.
È la prima volta che mi capita sottomano un regolamento scritto così in grande. I miei occhi ringraziano!
Come si gioca a e-Mission
In e-Mission, ogni giocatore prende il controllo di una potenza mondiale (Stati Uniti, Cina, Europa o il cosiddetto “Resto del Mondo”) con un obiettivo comune: rallentare il cambiamento climatico prima che il pianeta si surriscaldi troppo o che le comunità collassino. È un cooperativo puro, in cui si gioca tutti insieme, ma ognuno con risorse, potenzialità e criticità diverse.
Il gioco si sviluppa in round simultanei, ciascuno diviso in cinque fasi: si comincia con un summit globale, in cui si affrontano le crisi previste e si avviano progetti internazionali. Poi ci si concentra sulle scelte locali: si pescano carte, si avviano iniziative, si rimuovono emissioni, si sostituisce energia sporca con fonti pulite e si costruiscono strutture più resilienti. Ma non basta pianificare, si deve anche sopravvivere agli effetti delle emissioni accumulate.
Drawdown Climatico
Le emissioni in eccesso finiscono su un grande termometro centrale, e quando si alza la temperatura, entrano in gioco effetti planetari e nuove crisi da affrontare, con carte che rappresentano disastri ambientali e tumulti sociali. Il gioco non perdona: se la temperatura globale raggiunge un certo punto, o se una sola potenza accumula troppe comunità in crisi, la partita finisce. Male.
Per vincere, invece, bisogna raggiungere il “Drawdown“, cioè il momento in cui l’umanità inizia a rimuovere più carbonio di quanto ne produce. Ma non basta arrivarci: bisogna anche sopravvivere un ultimo round per dimostrare che il cambiamento è stabile. e-Mission è così: ti concede la speranza, ma ti chiede anche coerenza. La stessa coerenza che fa sì che all’interno della scatola non ci siano componenti in plastica e che, pur riportando le misure per eventuali sleeves, sia riportato un “se proprio non puoi farne a meno…”. Spoiler, le carte con le bustine non ci stanno nei contenitori forniti con il gioco, quindi che le mettete a fare?…
I Round di e-Mission
Ogni round di e-Mission segue un ciclo preciso e serrato. Si comincia con la Fase Globale, in cui tutti i giocatori affrontano insieme la previsione di una crisi imminente e scelgono un progetto comune da intraprendere, sperando di completarlo in tempo per attivarne gli effetti benefici. Si passa poi alla Fase Locale, dove ogni potenza agisce sul proprio territorio: si pescano carte, si giocano progetti, si costruiscono infrastrutture e si collabora con gli altri. Le carte si possono piazzare davanti a uno stack per attivare azioni, oppure si possono infilare dietro per potenziarle come una sorta di engine-building verticale, dove si cerca di creare combo efficienti in un tempo che non sembra mai abbastanza.
Una volta chiuse le azioni locali, arriva la Fase delle Emissioni: si calcola quanta anidride carbonica è stata prodotta, si cerca di sequestrarne il più possibile grazie ad alberi, oceani o tecnologie apposite, e tutto ciò che rimane finisce sul termometro globale, avvicinando il disastro climatico. Poi si passa alla Fase di crisi, dove si tirano dadi per gli effetti planetari e si rivelano carte che mettono a dura prova la tenuta sociale ed ecologica delle potenze. Infine si arriva alla Fase di Crescita, in cui (che ci piaccia o meno) la domanda energetica aumenta, e si ricomincia il ciclo con ancora più pressione addosso. È un susseguirsi di scelte difficili, collaborazione forzata e soluzioni che sembrano sempre temporanee, ma che se incastrate con cura portano a risultati insperati.
Pratiche ed ecologiche vaschette porta tutto
Ed è proprio qui che e-Mission mi ha fregato. Perché non è solo il tema (attuale, certo, ma spesso abusato) a colpire. È il modo in cui tutto si tiene: tensione, collaborazione, una certa urgenza costante che ti spinge a pianificare, adattarti, aiutare. Serve qualche giro per ingranare, è vero, ma quando tutto comincia a girare (o quando ti accorgi che sta per esplodere tutto) allora sì che e-Mission mostra il suo volto migliore. E diventa difficile non volerci tornare.
Tornando sulle carte di e-Mission
Durante la fase locale, le carte si possono usare in tre modi distinti. Le azioni locali si attivano dalle carte già presenti nella propria area di gioco: sono quelle in prima fila, ricevute all’inizio o giocate in precedenza, e si possono sfruttare più volte se le condizioni lo permettono. Le nuove carte dalla mano servono invece per avviare progetti locali, cioè per sostituire o potenziare quelli già in campo, andando a costruire pile di simbolini che rendono le azioni via via più efficaci. Oppure si possono usare per sostenere: infilate sotto un progetto globale per contribuire al suo completamento, o sotto una carta crisi per provare a mitigarne l’impatto. In ogni caso, ogni carta è una scelta: se la giochi da una parte, la perdi dall’altra. E non ce n’è mai una giusta per tutto.
In conclusione
In conclusione, e-Mission è uno di quei giochi che non pensavo mi sarei mai ritrovato a consigliare. Un collaborativo a tema climatico, con simbolini ovunque, una gestione condivisa e una minaccia costante? Eppure eccoci qui. Mi ha preso in contropiede. Mi ha fatto riflettere, discutere, pianificare, sbagliare, e alla fine ha pure zittito quella vocina che diceva: “Mah, sarà il solito gioco educativo travestito da cooperativo.” No, non lo è.
L’artwork del gioco ad opera di Mads Berg è molto figo!
e-Mission riesce a essere un gioco vero, prima ancora che un messaggio. L’eco-sostenibilità non è solo il tema: è il modo in cui ogni singolo elemento del gioco è costruito. Ogni carta ha un QR Code che rimanda a un approfondimento reale, a un progetto, a una tecnologia, a una scelta concreta che qualcuno nel mondo sta già affrontando. E tu, giocando, cominci a sentirne il peso. Ma non perché te lo impone: perché te lo fa vivere.
Dicitura sul retro della scatola
E alla fine ci casco. Perdo. Ma voglio rigiocarlo. In fondo e-Mission è come la realtà: si vince solo se si collabora. Non è facile, certo. Qualcuno si tira indietro, qualcun altro fa finta di niente… ma anche giocando in tre, in due, o persino da soli, una possibilità c’è.
Piccola novità: qualche volta sotto gli articoli troverete anche dei miei brevi video… Attendo dei feedback!
L’importante, come sempre, è provarci. Io, intanto, faccio il mio: non imbusto più i giochi con le sleeves. Non solo per questo, eh, ma da oggi anche per questo. Mica perché sono povero come la mer…
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C’è sempre una certa attesa quando arriva questo periodo dell’anno. Per me, per tanti altri, Play è da anni un appuntamento fisso, un rito ludico che si celebrava puntualmente a Modena. Ma quest’anno qualcosa è cambiato. Nuova location, nuova disposizione degli spazi, nuove abitudini da creare. E così, senza nemmeno accorgermene, mi sono ritrovato a Bologna per quello che, a tutti gli effetti, è stato un anno zero.
Direi che è andata ugualmente benone anche a Bologna!
La prima cosa che ho pensato quando è uscita la notizia dello spostamento da Modena a Bologna è stata: oh no, e adesso dove andrò a mangiare la sera?! Cosa me ne farò di tutti i ristorantini segnati nella mia agendina, che Gambero Rosso levati proprio?
Questo non sarà il solito report chilometrico, con l’elenco dei giochi provati o degli stand visitati. Questa volta voglio solo raccontarvi com’è stato vivere questa nuova Play, tra aspettative, sorprese e qualche inevitabile spiazzamento. E se alla fine mi chiedete com’è andata, vi anticipo già la risposta: diversa, intensa, e forse — anzi, probabilmente — la migliore di sempre. Se la gioca con la mia prima volta. Ehm, la prima volta a Play intendo!
Fai tre giorni a Play e ringiovanisci
Sui miei social ho pubblicato un selfie che mi sono fatto mentre ero in coda per entrare il venerdì a Play, e l’ho messo a confronto con quello del lunedì successivo: a parte la drammaticità voluta — per creare un post scherzoso con il contrasto tra le due immagini, una rilassata e l’altra distrutta — ho notato quanto un sorriso e l’emozione di partecipare abbiano avuto un effetto ringiovanente su di me. Purtroppo, per migliorare la faccia c’è poco da fare… nemmeno Play può fare miracoli!
Ma questa cosa mi dà una certezza. Anzi, conferma delle certezze che già avevo: aggiungere il gioco nella propria vita porta beneficio.
Salto temporale
È sabato sera, ho accompagnato all’hotel il buon Luca Ciglione, così che potesse lasciare la borsa in camera, prendere la giacchetta (perché è un vecchietto peggio di me, nonostante sia nettamente più giovane all’anagrafe) e andare insieme a mangiare.
Appena incontrati: Ale mi accompagni in farmacia?
In ascensore, scambiamo due chiacchiere con una signora che nota un gioco nella mia borsa e attacca bottone. Anche lei è venuta a Bologna per Play. Ci chiede chi siamo, notando i loghi sulle magliette, s’informa e ci confida che è una fan di Alberto e Valentina, I Giullari.
Mette tenerezza. Ci proponiamo di presentarglieli, se si presenta l’occasione, ma lei, tutta contenta, ci dice di essere già riuscita a incontrarli.
Ci racconta che è dispiaciuta di essere arrivata così tardi a conoscere questo mondo, in età avanzata, ma che è stato merito di un’amica: l’ha aiutata in un momento delicato della sua vita e ora ha trovato una passione che l’ha fatta andare avanti. Ha scoperto Play e già non vedeva l’ora di tornarci.
Tutto questo in soli tre piani e una manciata di minuti nella hall — ma quanto parlava, sta signora? — però sono stati pochi minuti davvero emozionanti.
Per lei, Play è rinascita.
Ho risparmiato la fatica di mettere la sveglia, ci pensava l’alba a svegliarmi…
Un posto per dormire
Come mia consuetudine, anche quest’anno ho prenotato un albergo con netto anticipo, così da poter risparmiare qualche soldino. Poi, un paio di mesi fa, faccio un ragionamento: perché dovermi alzare alle 5 del mattino di venerdì, arrivare in fiera dopo ore di guida, fra code, clacson e bestemmie varie, per poi essere già morto prima ancora di cominciare? Anticipo di un giorno, mi godo la tranquillità.
Non c’entra qui questa foto, ma avevo poco spazio altrove e ci tenevo a condividere lo stand che più ho visitato! C’era anche quello del Draft, ma i tempi d’attesa erano più proibitivi!
Troppo tardi per aggiungere un giorno alla mia prenotazione: una notte sarebbe costata quanto l’intero importo delle tre notti precedenti. Quindi decido di cercare un’alternativa valida. Trovo qualcosa di accettabile che, nonostante alcune problematiche che non starò qui a raccontare, non è nemmeno male…
Poco prima l’apertura
Per Play bisogna prenotare con largo anticipo! Poi devi capire se risparmiare sulla camera, e quindi allontanarti un po’ dalla fiera, sia più conveniente che non pagare ogni giorno il parcheggio della fiera. Quest’anno era a 15 euro, ma si sa già che l’anno prossimo i prezzi lieviteranno…
Play festival del gioco… Giocooo!
Sì, ma Ale, stai parlando di tutto tranne che della ciccia!
Non fatevi ingannare da quei sorrisi, hanno pestato come dei fabbri per tutta la partita!
Avete ragione, voi volete sapere (giustamente) qualcosa sui giochi provati! In questo articolo farò un breve accenno, mentre approfondirò alcuni di questi giochi con articoli dedicati.
Questo Detectives vs Criminals di Luca Maragno mi ispirava, ma purtroppo non sono riuscito a provarlo!
Ho giocato poco, lo dico subito a scanso di equivoci, perché i vari impegni con gli editori hanno risucchiato molto del mio tempo, soprattutto in orari ravvicinati, impedendomi di prenotarmi ai tavoli desiderati.
Ho fatto giocare tanto, allo stand di Weega (ve ne avevo già parlato qui), dove ho proposto Dig Your Way Out, gioco di cui avevo scritto un articolo in altri lidi, e che ha riscosso davvero successo grazie alla sua interazione diretta, coinvolgente, che ha conquistato tutti quelli a cui l’ho fatto provare. In più ho fatto giocare anche a Scout, gioco della Oink Games: un piccolo capolavoro formato da un mazzetto di carte e pochi segnalini. Se ancora non lo avete giocato, correte immediatamente a provarlo, anche perché ora che Ghenos Games lo sta portando in Italia non avrete più scuse!
Mai sedersi sul telefono mentre altri ti fanno la foto, altrimenti ti scambiano per una scimmia cappuccina…
Cosa ho giocato
Ho visitato diversi stand degli editori e ho provato alcune novità in anteprima, come ad esempio No More Dead: New York, nella Blu Room di Pendragon insieme ad altri “colleghi” creator.
Aspettatevi a breve un articolo, come già fatto in passato per The Eternaut e altri prima ancora, perché questo gioco mi ha davvero convinto.
Dico solo che, quando mi è arrivato l’invito via mail, non ne sapevo nulla. Anzi, nessuno ne conosceva l’esistenza: è rimasto tutto sotto traccia fino a Play. La mail, alla mia richiesta di maggiori informazioni, recitava: “zombie, gnam gnam!”. Non vedo l’ora di scrivere le mie impressioni, ma vi spoilero già una cosa: è molto divertente!
Dovevo andare a Play per scoprire che l’autore è Daniele Molinari!
Intanto andate a questo link per seguire la campagna su Gamefound.
Da Red Glove erano presenti anche un paio di tavoli di Tesla Games, dove ho potuto finalmente provare Circadians: Prima Alba.
Inseguivo questo gioco da due anni, ma non ero mai riuscito a provarlo. Finalmente ho potuto farlo.
Gioco gestionale di J. Macdonald e illustrato da Sam Philips, con un bel sistema di programmazione delle azioni che si alterna su più fasi. Ben fatto e con un bel punto di forza nell’ambientazione.
Poi, allo stand 15, sono passato a trovare Filippo Landini allo stand di Saz Italia, che mi ha proposto il suo ultimo gioco, edito da Ravensburger: Gloomies.
Purtroppo non è arrivato in tempo per essere acquistato a Play, nonostante fossero presenti le locandine nello stand, quindi non molti hanno avuto la possibilità di provare quello che, per me, è stato il miglior gioco della fiera!
Un family game dalla grafica davvero accattivante, proposto a un prezzo molto abbordabile, soprattutto considerando la qualità del gioco e la quantità dei componenti. Due fasi di gioco: una di posizionamento dei fiori nei campi, l’altra di raccolta, in cui i giocatori dovranno completare gli ordini e cercare di sfruttare al meglio i vari bonus raccolti.
Meglio piantare subito tanti fiori comuni o diversificare, piantando anche quelli più rari, sapendo che poi, nella seconda fase, saranno più remunerativi?
Un gioco semplice e ben realizzato che mi sarei volentieri portato a casa da Play. Sicuramente ve ne parlerò meglio più avanti.
Sempre allo stand di Saz, mi alzo dal tavolo e mi siedo a quello a fianco, dai amici della DTG Publisher, dove trovo Tommaso Ceglia e Riccardo Corti, ma soprattutto Sub-Zero! L’avevo provato due anni fa a Modena, era poco più che un prototipo, anche se molto simile a com’è oggi. C’è una sostanziale differenza, però: quando lo provai all’epoca, non ne rimasi del tutto convinto, mentre ora l’ho trovato davvero un gioiellino! Esplora, Conquista, Sopravvivi. Nonostante la profonda asimmetria delle diverse fazioni, tutto gira a meraviglia. Ho fatto una partita uno contro uno e, nonostante abbia perso, mi sono alzato dal tavolo davvero molto soddisfatto e desideroso di saperne di più. Anche questo lo trovate su Gamefound andando a questolink e il mio consiglio è di non lasciarvelo sfuggire.
Da Creardo ho trovato il buon Emanuele Sassi Zanichelli che mi ha fatto provare Colleagues, un gioco di Giorgio Galbusera che inizialmente non avevo riconosciuto, ma che poi ho ricordato di aver già provato a IdeaG qualche anno fa. Come l’altra volta, ho capito il gioco a metà partita, perdendo malamente. Devi assegnare carte numerate dalla propria mano a delle mansioni, consapevole che il valore più alto “vincerà” l’incarico lavorativo, mentre il più basso ti metterà a rischio licenziamento. Insomma bisogna cercare di essere mediocri, lavorare il meno possibile, ma non così poco da rischiare di essere licenziati. Insomma, galleggiare nel mezzo. Una cosa troppo difficile per il sottoscritto, dove di norma o mi dicono bravo, oppure (più spesso) fai pena! Il gioco però è valido e piacevole, perfetto per due risate in compagnia magari di veri colleghi!
Sono elefantini non maialini!
Da Cranio mi fermo con Gianluca di Boardgame Italia e Boardgame Francesco a provare Pirata Splash Vietato Cadere!, un gioco per bambini in cui l’obiettivo è accumulare tesori diversi durante la propria manche, girando carte una alla volta, in un push your luck dove chi sbaglia farà fare un passo avanti nella passerella al proprio elefantino, col rischio di farlo cadere in mare come nelle peggiori torture piratesche dei vecchi film. Ovviamente fuori target per noi, ma divertente e piacevole. Sicuramente farebbe la gioia di ogni bambino delle elementari. Francesco sono elefantini non maialini!
Questo sarà l’anno delle Lontre!
Otter non lo troverete in giro. Non ancora, almeno, perché è uno di quei giochi in cerca di editore, ma che sai già che farà il botto. Io lo vorrei ora, per farlo giocare a tutti i miei amici e sarei disposto a pagare anche profumatamente, nonostante si tratti di un semplice mazzetto di carte. Questo è l’anno delle lontre! Il gioco è semplicissimo: hai tre file di carte, dove in alto ci sono delle condizioni, in basso degli animali e al centro ci sono delle carte, sulle quali dovrai aggiungere altre carte dalla tua mano, cercando di fare matchare le condizioni in basso e in alto e scartandone il più possibile. Prima però potrai decidere se modificare una o due condizioni iniziali, acquisendo nuove carte come scotto da pagare.
Spiegato così non dice granché, ma le dinamiche di gioco, unite alla bellezza delle lontre, senza parlare delle implicazioni strategiche a cui portano le scelte delle condizioni, lo rendono un gioco molto, molto bello. Grazie a Francesco Biglia per avermelo fatto provare e Andrea Dado per aver giocato insieme.
Per finire, tornando da Cranio Creations, dove ho un evento insieme al Green PlayerNicola e Claudia, Ian di MeepleorDie e Luca di Giochi sul Nostro Tavolo, giochiamo a Eroi di Barcadia. Tiriamo dentro un “ragazzo” dal pubblico, che probabilmente avrà la mia età, Moreno, molto simpatico e disponibile. Ero convinto si trattasse di un gioco brutto, lo ammetto, invece si è rivelato un gioco davvero divertente e ben pensato.
Un Dungeon Crawler dove i personaggi sono dei bicchieri e il cui livello di vita è pari al livello del liquido in esso contenuto. Birra nel nostro caso. I bicchieri si muovono su degli esagoni disposti precedentemente a caso, rivelando mostri e boss da affrontare, attivando trappole e abilità, proprio come in un gioco fantasy.
Sto perdendo… oh noooo
Peccato che il mio personaggio fosse così forte, perché ogni colpo subito mi avrebbe fatto perdere vita, dovendo bere dal mio bicchiere, ma la sorte si è accanita con il sottoscritto, facendomi sempre vincere gli scontri! Ho bevuto a fine partita.
Io questo gioco lo voglio, già me lo vedo in associazione insieme agli altri ubriaconi che giocano solitamente con me!
Giusto due persone due al padiglione 15 ai tavoli delle associazioni
In conclusione
Alla fine sono andato per le lunghe anche a questo giro, avrei voluto essere più conciso, ma quando parlo di cose che amo divento come lo zio Colm della serie Derry Girls e non smetto più di parlare!
Ho proposto a Stella e Gabriele un nuovo format: I Casa “P” Abis. Mi hanno detto che riceverò una lettera dal loro avvocato…
Play a Bologna è magnifica. Così ampia che solo il parcheggio è grande quanto tutti i padiglioni della fiera di Modena. I bagni sono tanti, puliti costantemente e senza le code chilometriche che erano un marchio di fabbrica della vecchia location. Il primo impatto è stato disorientante, mancando completamente i riferimenti a cui ero abituato, e anche alla fine del terzo giorno ho avuto ancora difficoltà a raggiungere a colpo sicuro padiglioni e stand che credevo di aver memorizzato.
Padiglione Dedicato al GDR poco prima dell’apertura
Però, vuoi mettere la bellezza di giocare con i tavoli ben distanziati? Non sentire l’odore di sudore delle ascelle della gente, costretta a passarti a fianco strusciandosi per via dei corridoi colmi di persone ammassate tra loro? Certo, dover percorrere chilometri per spostarsi da un padiglione all’altro un po’ mi ha frenato dal girare la fiera come avrei voluto, ma lo trovo un compromesso accettabile.
Due passi…
Insomma, Play, mi sei mancata da morire e già conto i giorni che mi separano dal prossimo appuntamento, già annunciato: 10-11-12 aprile 2026… chissà se potrò portare dentro la fiera un monopattino!
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L’importante è essere costruttivi anche nelle critiche.
Piccolo passo indietro. Prima di House of Fado, di cui vi ho recentemente parlato qui, è uscito un altro gioco da tavolo di Vital Lacerda per la Eagle Gryphon Games e portato in Italia da Tesla Games: Inventions Evolution of Ideas. Giuro che, nonostante mi sia aperto da poco alle collaborazioni, non sono sponsorizzato dalla Tesla Games. Non è colpa mia se continuano a portare in Italia dei gran giochi dei miei autori preferiti!
Inventions: Evolution of Ideas, da questo momento per comodità lo chiamerò solo Inventions, è uno di quei titoli che si capisce fin da subito che ti faranno sudare le fatidiche sette camicie. Un paio erano anche quelle sgargianti del Meeple con la Camicia, che ringrazio per aver fatto il tutorial su YouTube e avermi tolto così qualche dubbio sul regolamento. A differenza di The Weather Machine dove, nonostante la complessità, avevo capito tutto al volo, qui ho avuto da leggere e rileggere (e ri-rileggere ancora) il regolamento più volte e compensare le lacune con video.
È la vita di noi amanti del gioco duro del buon Lacerda, sempre a smadonnare con i regolamenti, ma poi in un brodo di giuggiole una volta seduti al tavolo. Qualche volta poco soddisfatti, qualche altra di più.
A scanso di equivoci, lo dico subito: Inventions per me è davvero un buon gioco, e non lo dico da fan di Lacerda, ma cerco di pormi in maniera obiettiva! Tosto ma appagante, seppur con una scala di apprendimento così ripida da rischiare di farti scivolare ancora dopo diverse partite. Ovviamente, se cercate qualcosa di più elegante, immediato e comodo da intavolare, guardate altrove. Anche perché, con quello che risparmiate, potreste acquistare due, se non tre, ottimi giochi di altri autori altrettanto affermati! Ma, come dico sempre, l’eleganza nei giochi da tavolo è (a mio avviso) sopravvalutata. Quello che conta è l’esperienza al tavolo. Le vibes.
Ma cos’è Inventions
Inventions è un gioco denso, articolato e con la profondità strategica che ormai contraddistingue ogni gioco di Lacerda. Ok, l’ambientazione è un pretesto, lo sappiamo tutti, però l’ho trovata abbastanza coerente con le azioni proposte. Ovviamente parliamo di un bel germanone, qui non si costruiscono imperi, ma si gestiscono con ingegno e precisione idee pronte a diventare invenzioni, ottimizzando ogni scelta per farle circolare e lasciare il segno sul progresso.
Ma, com’era prevedibile, non basta accendere una lampadina e gridare “Eureka!”. Ogni mossa va calcolata, ogni lavoratore assegnato con criterio, mentre ci si destreggia nella classica spirale lacerdiana, dove ogni azione innesca conseguenze da gestire con attenzione quasi maniacale.
Come si gioca (moooolto brevemente)
La partita si sviluppa in una serie di round in cui i giocatori agiscono per far avanzare la propria civiltà, accumulando Punti Ingegno, la vera misura del successo in Inventions. Al centro del gioco troviamo tre concetti fondamentali: Idee, Invenzioni e Condivisione.
Le Idee sono il punto di partenza: ogni carta Idea rappresenta un concetto emergente nelle tre grandi aree dello sviluppo umano (Economia, Cultura e Tecnologia) e richiede specialisti adeguati per essere sviluppata. Gli specialisti possono essere commercianti, artigiani o pensatori, ognuno con un ruolo chiave nella trasformazione delle idee in Invenzioni.
Le Invenzioni sono il cuore pulsante del gioco: un’Idea diventa un’Invenzione quando un giocatore ha investito abbastanza specialisti (i meeple specializzati della categoria richiesta) o studiosi (altri meeple senza specializzazione, considerati però come dei jolly) per svilupparla. Questo porta vantaggi immediati, sblocca nuove opportunità e, in perfetto stile Lacerda, esaurisce gli specialisti impiegati nel processo, rendendoli temporaneamente inutilizzabili.
La Condivisione è l’elemento che obbliga i giocatori a guardare oltre il proprio orticello: le invenzioni possono essere divulgate, portando benefici ulteriori e influenzando l’andamento della partita. Il progresso, dopotutto, non è mai un affare solitario.
Le azioni di gioco
Ogni round si articola in due momenti distinti. All’inizio del proprio turno, il giocatore prepara un certo numero di segnalini Azione a Catena, determinato dalla sua Influenza. Questi segnalini saranno fondamentali per eseguire azioni aggiuntive nel corso del turno.
A questo punto si passa all’azione vera e propria: il giocatore esegue la sua azione principale e, se le condizioni lo permettono, può attivare una o più azioni a catena, creando così combinazioni strategiche che rendono ogni scelta ancora più cruciale.
L’azione principale del gioco si attiva piazzando un segnalino Epoca. Quando il meeple Chronos segna un cambio di era, il giocatore deve collocare il suo segnalino Epoca su uno spazio azione disponibile, sbloccando così nuove possibilità strategiche. Se, invece, Chronos si trova su una ruota stagionale, il giocatore posiziona un segnalino Stagione su un forum libero, eseguendo l’azione corrispondente.
La sezione del tabellone con le azioni è chiamata Assemblea, ed è suddivisa in 5 Forum. Ogni Forum offre due slot azione, e quando un giocatore occupa uno slot, blocca a sé stesso anche quello adiacente.
Le azioni disponibili sono molteplici e richiedono un’attenta pianificazione:
– Presentare un’idea: si piazzano specialisti su una carta idea per prepararsi a svilupparla.
– Inventare: si trasforma un’idea in un’Invenzione, ottenendo benefici e avanzando nel gioco.
– Innovare: si migliora un’invenzione già creata, aumentando i suoi effetti.
– Condividere un’invenzione: si diffonde la scoperta, ottenendo ulteriori vantaggi.
– Chiamare specialisti: si reclutano nuovi cittadini da specializzare nelle diverse aree del gioco.
– Guadagnare influenza: si aumenta la propria capacità di concatenare azioni nei turni successivi.
– Viaggiare: si spostano cittadini sulla mappa per espandere le proprie opportunità.
– Eureka!: si ottiene l’accesso a una tessera traguardo che fornisce bonus significativi.
– Inviare o chiamare diplomatici: si interagisce con le tessere traguardo degli altri giocatori per ottenere vantaggi.
Il tempo scorre, le civiltà evolvono
Il meeple Chronos scandisce il passaggio del tempo: il suo movimento sul tracciato dell’era determina se una civiltà è in anticipo o in ritardo, influenzando alcuni effetti di gioco. Le tessere Traguardo sono obiettivi chiave che forniscono vantaggi immediati o a lungo termine, mentre l’Influenza gioca un ruolo cruciale nell’ottimizzazione delle proprie azioni.
Alla fine della partita, il giocatore con più punti sarà colui che avrà guidato la sua civiltà all’apice dell’innovazione.
Considerazioni finali
Ho cercato di non cadere nel mio solito errore di scrivere in quantità industriali, tali da competere con la lunghezza del regolamento stesso. Per un gioco del genere avrei dovuto scrivere davvero tanta roba!
Inventions è un titolo che porta la firma inconfondibile di Lacerda: denso, cerebrale e con una molteplicità di strade per la vittoria. Ogni decisione ha un peso, ogni errore può costare caro, ma la soddisfazione di vedere il proprio motore di gioco funzionare a pieno regime è impagabile.
A livello grafico, è innegabile che l’apporto qualitativo di Ian O’Toole elevi il gioco a un livello superiore, confermandosi indispensabile. Forse, a voler essere puntigliosi, alcune scelte simboliche risultano meno immediate e riconoscibili rispetto a suoi lavori precedenti, ma davvero si tratta di dettagli minimi.
Componentistica sempre al top
Il cuore pulsante del gioco è l’ottimizzazione delle azioni catena, capaci di concatenare (per l’appunto) più azioni in combo. Quando in alcune situazioni riesci a concatenare azioni collegate tra loro, senti quella soddisfazione rara che solo pochi giochi sanno regalare.
La cosa che più mi piace di Inventions, e qui Lacerda si è superato con questo gioco, è la possibilità di organizzare tutta la parte di gestione della plancia società, arricchendo la mappa progresso con tessere progresso e ricchezza, al termine del proprio turno. Il tutto avviene mentre gli altri giocano, evitando così di aggiungere downtime a un gioco che di per sé è già abbastanza lunghetto
Ah, ultima cosa, non fateci caso se all’inizio vi sentirete spaesati, con due o tre partite sulle spalle vedrete che tutto miglior… ah no, facciamo anche cinque o sei!
Ora però scusate, devo andare a inventare la ruota.
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In breve: ho iniziato a collaborare con Weega, un social commerce per l’acquisto di giochi da tavolo. In questo articolo (quasi un comunicato) vi spiego il perché.
Ah, già che ci siamo, ve lo scrivo subito qui, all’interno del blog da oggi troverete un banner in alto e dei link referral di Weega. Se la cosa vi infastidisce potete non cliccare oppure andare a leggere altri blog, dove i link referral ci sono comunque… solo che probabilmente non ve lo dicono.
Partiamo da qui
Esattamente sette anni fa (giorno più, giorno meno) nasceva Le Cronache del Gioco, un blog il cui unico impegno è sempre stato quello di parlare di giochi da tavolo senza prendersi mai troppo sul serio. Una scommessa, un modo per condividere la mia passione e, perché no, per creare un po’ di scompiglio nel panorama ludico. Nel tempo, tra alti e bassi, sparizioni e ritorni, il blog si è ritagliato il suo spazietto, restando sempre fedele a un principio: niente collaborazioni dirette con editori o negozi.
Eppure, si cresce. Si cambia. Si impara a guardare avanti.
Aprire a collaborazioni senza perdere indipendenza
Ho capito che aprire a collaborazioni non significa cedere la propria indipendenza, ma semmai rafforzarla.
Ho già scritto in passato (altrove) di giochi “gentilmente offerti” dagli editori, ma senza mai addolcire la pillola per il quieto vivere. Perché se si perde la propria equità solo per assecondare le dinamiche tra editori e recensori, si perde tutto. L’onestà intellettuale viene meno, e con essa crolla qualsiasi progetto. Anche il grattacielo più imponente, se costruito su fondamenta fragili, prima o poi cade.
Quindi sì, ho sempre evitato di aprire a collaborazioni, perché so bene che, agli occhi di chi ti conosce poco, se ricevi un gioco da un editore sarai sempre un falso al soldo dei potenti. Fa niente se poi ne hai scritto peste e corna: tanto, la maggior parte della gente non legge, e se legge, spesso non capisce.
Ma c’è di peggio. C’è chi, pur di emergere dalla massa, sceglie di stroncare giochi a caso e viene osannato come un paladino della giustizia. O, peggio ancora, chi parla male di un gioco perché ha sbagliato a interpretare le regole, e chi lo segue non se ne accorge neppure.
Weega e la collaborazione con Le Cronache del Gioco
Chi mi segue sui social aveva già intuito qualcosa, ma rendiamo le cose ufficiali com’è giusto che sia: Le Cronache del Gioco ha aperto a una collaborazione con Weega, il primo social e-commerce dedicato ai giochi da tavolo.
Anni fa avevo già parlato con loro, in altre vesti e in altri lidi, ma per vari motivi non se n’era fatto nulla. Oggi, invece, eccoci qui.
La cosa mi fa piacere, perché il loro progetto è chiaro, pulito e poco invasivo per il blog. Weega è un portale che si occupa dell’acquisto di giochi da tavolo in modalità social, con prezzi competitivi e la capacità di trovare titoli difficili da reperire. Inoltre, ha un contatto diretto con la community, coinvolgendola nella selezione dei giochi da cercare e proporre.
In questo momento, in alto su Le Cronache del Gioco, c’è un banner con link referral. A voi non è chiesto nulla, se non supportare questo blog andando a cliccare qualche volta su quel banner.
Fine del comunicato. Ora possiamo tornare a parlare di giochi.
Attendo il vostro parere nei commenti.
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Se sistemare il giardino fosse facile come in Flower Fields, probabilmente non avrei più bisogno di passare le mie domeniche mattina a maledire le erbacce e passare il tosaerba. Che poi, fosse per me, stenderei una colata di cemento e via, ma vabbè… Più che il pollice verde io ho il pollice nero! Per non parlare delle api, che lo so anch’io che non pungono mica per sport, però quando le vedo il mio istinto grida “fuggi, sciocco” con la stessa voce di Gandalf. E invece, mentre nella realtà sistemare il giardino significa combattere con piante infestanti (maledetta ambrosia), con questo gioco potremo entrare in un mondo meno snervante, dove creare il giardino perfetto con pochi piazzamenti ben ragionati.
Flower Fields è un gioco di Luca Bellini e Luca Borsa, sviluppato dalla Horrible Guilds e pubblicato da Ghenos Games, pensato per 1-4 giocatori dagli 8 anni con partite della durata di circa 40 minuti circa . Un bel piazzamento tessere semplice da spiegare e per questo facile da proporre in ogni occasione.
Come diventare un perfetto giardiniere
In Flower Fields l’obiettivo sarà quello di creare un giardino fiorito e pieno di api, piazzando tessere aiuola di varie forme e dimensioni su una plancia personale. Ogni aiuola avrà il suo colore e potrà ospitare api, che saranno fondamentali per ottenere punti alla fine della partita. Solo le aiuole bianche presenteranno un simbolo speciale, l’alveare, che permetterà di raccogliere nuove api alla fine di ogni stagione.
Il gioco si sviluppa in tre stagioni, ognuna composta da un numero variabile di turni. Si partirà con una plancia giardino per ogni giocatore, un certo numero di tessere aiuola grandi disposte a cerchio con un segnalino che girerà (questa disposizione dei polimini ricorda vagamente Patchwork), alcune tessere aiuola piccole e una riserva di api. Durante ogni turno si potrà compiere una tra queste azioni. Si potrà prendere gratuitamente la tessera aiuola grande adiacente al segnalino sole, oppure pagandola in api se si sceglierà una tessera successiva, piazzandola subito nel proprio giardino. In alternativa, si potrà prendere una tessera aiuola piccola dalla riserva e posizionarla, raccogliere due api dal campo, oppure piazzare un’ape su un’aiuola che abbia lo spazio apposito, pagando il costo richiesto.
Di fiore in fiore
Alla fine di ogni stagione, quando saranno terminate le tessere aiuola grandi, si otterranno nuove api in base agli alveari visibili sulle aiuole bianche e si ripartirà con una nuova disposizione di tessere. Dopo la terza stagione si passerà al conteggio finale. Ogni aiuola varrà un certo numero di punti, con un sistema di moltiplicazione che premierà le aiuole più grandi e ricche di api. Inoltre, si riceveranno punti bonus per ogni riga o colonna completata sulla propria plancia.
Tessere promo direttamente da Essen
Ti raserò l’aiuola…
Flower Fields riesce a unire la bellezza di un giardino fiorito a una piccola sfida gestionale adatta a tutti. Ogni tessera andrà pensata con cura, ogni ape avrà il suo valore strategico e le scelte degli avversari influenzeranno la partita. E la cosa più bella? Qui non ci saranno erbacce da estirpare come nella realtà! (Si capisce tanto che il giardinaggio mi stressa?).
Luca Borsa ha lasciato una dedica sulla mia copia di Flower Fields
Dal punto di vista strategico, converrà concentrarsi maggiormente su un paio di colori di aiuole, perché cercare di svilupparli tutti non sarà redditizio. Inoltre, un’ottima idea sarà cercare di collegare fra loro due piccoli agglomerati di aiuole con almeno un’ape già presente in ognuna. In questo modo si potranno ottimizzare le risorse e ottenere un punteggio migliore a fine partita.
Luca Bellini alle prese con la presentazione del gioco a una delle nostre serate in associazione LAM
Conclusioni
Flower Fields è un gioco che avrà il potere di rilassarti, senza togliere il gusto della sfida. Basterà sistemare le aiuole e distribuire le api al momento giusto, per poter quasi sentire il profumo dei campi fioriti. Una quarantina di minuti in cui realizzare un tabellone coloratissimo, pieno di tessere ben incastrate, regalando un’esperienza soddisfacente.
Certo, se invece ti cimenterai in partite contro avversari determinati e amanti della sfida, scoprirai che Flower Fields può diventare a tratti spietato. Si lotterà per accaparrarsi ogni tessera aiuola, si cercherà di arraffare l’ultima apina disponibile, rivelando la vera anima del gioco, ben nascosta dietro un’ambientazione leggera e delle api pucciose… capaci però anche di pungere!
Per me Flower Fields è un ottimo gioco, perfetto da portare alle serate in associazione e da proporre sia ai neofiti che ai giocatori più esigenti. Intanto, continuo a fare pratica, sperando che mi aiuti a pianificare la piantumazione del mio piccolo giardino. Il gioco piace anche a mia moglie, anche se continua a ripetere che, più che strategie di piazzamento, a casa nostra servirebbe un giardiniere in carne e ossa…
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House of Fado è un gioco di Vital Lacerda e João Quintela Martins per 1-4 giocatori della durata di 30-60 minuti, consigliato a partire dai 14 anni, edito da Eagle-Gryphon Games e portato in Italia, in italiano, da Tesla Games.
Fado e Saudade
Ogni volta che penso alla saudade, mi torna in mente L’Allenatore nel Pallone. C’è quella scena in cui Aristoteles, sopraffatto dalla nostalgia, vuole tornare in Brasile. Oronzo Canà, il suo allenatore alla Longobarda, lo implora di restare e, per convincerlo, lo porta a casa sua. Lì incontra la figlia di Canà, che, con la chitarra tra le mani, inizia a suonare, mentre Aristoteles l’accompagna in un canto triste ma col sorriso sulle labbra. Credo di aver scoperto per la prima volta il significato della parola saudade proprio guardando quella scena.
Ecco, House of Fado ha riportato a galla un ricordo trash che, per quanto iconico, probabilmente solo chi è bello stagionato come me può avere. Il canto malinconico che accompagna lo strimpellare di una chitarra dai suoni intensi ed evocativi. Il fado incarna la saudade, con la nostalgia che diventa melodia, creata dal suono intenso di una chitarra portoghese.
Cos’è House of Fado?
House of Fado è l’ultimo gioco di Vital Lacerda, che in coppia con il mitico João Quintela Martins, torna a proporre un gioco dal peso medio-leggero. Già, peso medio-leggero. So che i meno attenti si staranno chiedendo: “Ma Lacerda non è quello che fa giochi da minimo 4.20 su BGG?” e invece, da qualche anno a questa parte, l’autore di capolavori come On Mars e Lisboa ha alternato grossi titoli ad altri più light, come Mercado de Lisboa (dimenticabile a mio avviso), Bot Factory (anche questo insieme a João, di cui ho già scritto in passato qui) e, infine, House of Fado.
È nata una stella
House of Fado è sostanzialmente un piazzamento lavoratori, in cui lo scopo finale è quello di far guadagnare prestigio al nostro ristorantino. Accoglieremo i clienti, allietando la loro cena con della buona musica d’accompagnamento, potendo contare sulla presenza di un trio d’artisti nella loro composizione tipica del Fado: cantante, suonatore di chitarra classica e suonatore di chitarra portoghese.
Potremo ingaggiare artisti sconosciuti, fargli fare gavetta e vederli crescere, oppure assumere veri e propri talenti e magari portarli alla consacrazione definitiva. Dovremo scegliere se licenziarli alla chiusura del nostro locale per poi rimpiazzarli, oppure investire su di loro ottenendo fama e denaro. Daremo sfogo alla nostra estrosità eseguendo canzoni di Fado, acquisendo tanti punti quanto la loro difficoltà di esecuzione. Intratterremo contatti con i critici, sottostando alle loro condizioni pur di ottenere maggiore visibilità e aumentare i nostri guadagni. Guadagneremo una stella ogni volta che raggiungeremo un obiettivo prima dei nostri avversari e, nel momento in cui ne saranno assegnate tre (in generale, non per forza allo stesso giocatore), il gioco terminerà.
La chitarra portoghese
Partiamo dal presupposto che nemmeno sapevo della sua esistenza, ma dopo un rapido giro su YouTube ho trovato questo video che spiega e dà una dimostrazione di cosa possa fare questo strumento. Cosa c’entra con il gioco? Nulla, ma ho pensato fosse interessante anche per voi imparare qualcosa di nuovo.
Brevemente sulle regole di House of Fado
Come già accennato, la plancia principale è suddivisa in aree dove i giocatori potranno selezionare le proprie azioni posizionando uno dei propri meeple. Accogliere il pubblico avrà una limitazione: una volta selezionati i meeple, questi potranno andare unicamente sul tavolo da due posti, o su quello da tre. Eventualmente anche su quello da quattro, una volta sbloccato eliminando cubetti dalla plancia personale, principalmente grazie all’opera del critico.
Anche il critico avrà le sue fisime: vuole stare al tavolo da solo, senza altri meeple attorno (di tanto in tanto mi sento un po’ un critico anch’io effettivamente). In più, questo maledetto, oltre a non far crescere la fama degli artisti, non pagherà nemmeno il conto! Però sarà grazie a lui se passeremo dal guadagnare una miseria a diventare un locale di forte richiamo, perché a ogni sua visita i cubetti sulla nostra plancia verranno tolti, rivelando miglioramenti. Ah, il potere delle recensioni!
I colori dei meeple influenzeranno la fama degli artisti: Il marrone sui chitarristi, il nero sui cantanti e il grigio come jolly.
A prima vista quelli che sembrano dadi (ok, lo sono, ma non vanno lanciati) in realtà vengono usati come modificatori di fama degli artisti. Da notare, cosa figa, che ogni dado ha su ogni faccia una frecciolina che indica come ruotarlo per incrementarne il valore, utile per gli impediti come il sottoscritto!
Come The Gallerist, ma con più Fado
La particolarità di questo “giochino”, che tanto ino ino non è (ma che in confronto ai soliti titoli di Lacerda lo diventa), è che richiama la meccanica principale di The Gallerist.
Ogni giocatore sceglierà la propria azione posizionando un meeple o muovendolo da una posizione già occupata. Capiterà però che le azioni desiderate siano già occupate da altri meeple, quindi il giocatore precedente verrà scalzato, ma con l’opportunità di scegliere una delle tre azioni secondarie direttamente connesse alla principale.
Questa dinamica porta a un annullamento del downtime, tenendo il gioco costantemente vivo. A livello strategico, si cercherà di mantenere i propri meeple sulle azioni principali il più a lungo possibile, cercando di guadagnare un’azione secondaria dalle mosse degli avversari.
Tessere speciali presenti nell’edizione Kickstarter con rappresentati gli autori
Considerazioni
Questa non è una recensione, ma una panoramica del gioco. Il termine recensione viene spesso abusato e confuso, sia dal lettore che da chi scrive. Non parlerò quindi della modalità solitaria o a due giocatori, anche perché al momento non le ho provate, né della rigiocabilità, avendo all’attivo poche partite. Ci vuole più dedizione e tempo per scrivere una vera recensione, ma questo non vieta di parlarne e trarre qualche considerazione.
A livello estetico, House of Fado convince sia per componentistica che per artwork (davvero molto belli i disegni di Marina Costa, giovane artista portoghese dal tratto pulito e con un uso interessante dei colori). Tuttavia, perde qualcosa in ergonomia: cubetti e meeple troppo concentrati in spazi stretti, quasi trasformano il gioco in un dexterity game!
Il flusso di gioco scorre bene e l’ambientazione si percepisce il giusto. Una volta capiti i meccanismi, tutto scorre senza rallentamenti. Il regolamento italiano è chiaro e ben corredato di esempi, anche se ho dovuto verificare un paio di passaggi su BGG per dei chiarimenti (se c’è scritto MAY in inglese DEVI tradurlo con PUOI!)…
Il prezzo è alto (poi ti chiedi perché gli editori non ti mandano i giochi!). Avendo partecipato al Kickstarter/preordine con Tesla Games e usufruendo dello sconto della tessera VIP, l’ho preso a un prezzo più umano e, a mio avviso, coerente con la proposta. E comunque parliamo di Lacerda, quindi un gioco destinato a non perdere valore.
Un giorno mio figlio potrà comprarsi un appartamento vendendo tutti i miei giochi di Lacerda… ma questo solo dopo la mia morte!
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Ieri sera sono stato ospite, insieme ad alcuni colleghi creator, di Cranio Creations per provare con mano qualcuna delle loro prossime novità in arrivo. Siamo stati al mitico Draft di Milano, un Ludo pub, dove ti siedi per mangiare e bere e intanto giochi con i tantissimi giochi disponibili. Presentato alla scorsa edizione di Essen Spiele dalla Game Brewer, dove ha raggiunto un notevole successo tra i giocatori esperti, Algae Inc. è stato recentemente annunciato dalla Cranio Creations che lo porterà in italiano a Play festival del Gioco. Aspetta, un gioco sulle alghe!?
Panoramica
Algae Inc è un gioco gestionale della coppia Julia Thiemann e Christoph Waage per 1-4 giocatori dalla durata di 90/120 minuti dichiarati, anche se con spiegazione e setup si andrà ad aggiungere un’oretta al conteggio finale. Ovviamente la mia è solo una supposizione, in quanto non so se ogni scatola sarà provvista di organizer o simili, ma vedendo il prezzo proposto, è probabile la loro assenza.
Ogni giocatore avrà la gestione e il controllo di un’azienda di materie ricavate dalla trasformazione delle alghe. Ogni plancia sarà organizzata in maniera differente, creando un’asimmetria nella disposizione degli elementi. Bioplastiche, Biocarburanti, Cosmetici e Cibo, tutti derivati dalle alghe, che le nostre aziende dovranno produrre e distribuire in giro per l’Europa.
Ovviamente la copia non è quella definitiva, alcuni componenti verranno modificati
Alghe come se non ci fosse un domani
Algae Inc. simula un mese di lavoro in queste aziende, suddiviso in quattro settimane da cinque giorni l’una. Ogni giorno equivarrà a un turno di gioco, per un totale di 20 turni a partita. La gestione della fabbrica sarà guidata dal giocatore con il supporto di tre tipologie di esperti: ricercatori, ingegneri e chimici. Ognuno avrà delle abilità da poter sfruttare durante il gioco, come ad esempio la creazione di migliorie nella propria azienda, le modifiche ai macchinari per velocizzarne la creazione o la distribuzione finale.
Bassa interazione
La selezione delle azioni avviene tramite una selezione a bivi su di un’apposita plancia, che obbligherà i giocatori a una programmazione settimanale, per poter ottimizzare al meglio le poche mosse a disposizione. Sarà comunque possibile mettere delle “pezze” su eventuali errori decisionali, utilizzando alcune risorse guadagnate durante il gioco, che permetteranno di selezionare azioni differenti (in parte o totalmente) da quelle in cui sarà posizionato il nostro lavoratore. Portare a compimento una settimana di lavoro, culminando in una vendita, porterà all’ottenimento di bonus variabili, selezionati in fase di setup.
Alghe, alghe e ancora alghe
La distribuzione di questi prodotti sarà forse l’unico elemento di interazione tra i giocatori, perché ci sarà una corsa alla consegna nelle città per ottenerne i bonus sulla mappa. Questi bonus sono ottenibili solo dal primo che consegnerà in quella determinata città. Ci sarà anche una corsa all’ottenimento di contratti, che distribuiranno maggiori punti a chi li completerà per primi. Completare contratti e raggiungere tratte sulla mappa permetterà di liberarsi di dischetti e cubetti, sbloccando rendite in termini di punti e denaro.
Azzardiamo delle conclusioni
Questa è solo una brevissima panoramica di Algae Inc., accennando solo alle meccaniche e le dinamiche del gioco, sicuramente in maniera molto approssimativa (ma vi assicuro che è un gioco difficilmente condensabile in poche righe). Quindi, al netto di una sola partita, per giunta spiegatemi in un contesto forse non adeguato per il peso del gioco e senza aver letto il regolamento, date il giusto peso a queste conclusioni.
Cose negative
Algae Inc. ha un problema di impatto non indifferente, spiazzando i giocatori per la tanta simbologia presente nel gioco e per le tante variabili da spiegare a causa delle plance asimmetriche, ognuna con delle proprie condizioni di gioco differenti. Poi il setup richiede tempo. Visto che ci siamo, anche se io non la considero una nota negativa, c’è da dire che l’interazione (indiretta) è limitata alla sola mappa di distribuzione delle merci e ai bacini delle alghe.
Cose positive
In realtà questo gioco sembra difficile da comprendere, ma se si ha un minimo di dimestichezza con giochi di un certo peso e, soprattutto, si utilizza un po’ la logica, ci si accorgerà di quanto lineare e coerente sia. Una volta “entrati” nel gioco (già dopo la terza o quarta mossa), si aprono davanti agli occhi diverse strade, tutte apparentemente valide, per poter ottimizzare il proprio gioco.
Per certi versi è un gioco largo (per fortuna), perché puoi fare tante cose e hai la possibilità di convertire risorse per poter sbloccare azioni diverse da quelle a cui altrimenti saresti indirizzato. Oltretutto, è vero che di base hai solo 20 azioni a partita, ma puoi sbloccarne di nuove “bruciando” le tessere delle rendite, scartandole.
L’asimmetria, come dicevo, aggiunge difficoltà inizialmente per la comprensione del gioco (se non ho capito male, oltre al manuale base, nella scatola saranno presenti anche quattro manuali dedicati a ogni tipo di fabbrica…), ma restituirà condizioni diverse di approccio strategico. Se ad esempio gestirai un’industria dedicata alla produzione di cibo, dovrai smaltire in fretta i prodotti prima della loro deperibilità, quindi tutta la filiera dovrà essere velocizzata, a differenza di un’industria di bioplastiche, che però avrà nella diversificazione dei prodotti i propri limiti.
Per la scalabilità mi fido di Francesco, il simpatico ragazzo che ci ha spiegato il gioco, che ci ha confermato che anche in altre configurazioni il gioco rende davvero bene.
Ultima nota positiva, molto positiva a mio avviso, è la tantissima rigiocabilità che offre Algae Inc. grazie alle tante parti modulabili del tabellone e delle plance, alle diverse tile di bonus, sia quelli personali (non li ho accennato, ma fidatevi, sono fighi), che quelli comuni di fine round e fine partita. Insomma, potenzialmente mai una partita uguale alla precedente.
Mabelle, io e Jacopo. Ringrazio Luca Ciglione di Giochi Sul Nostro Tavolo per la foto. Hai colto la mia essenza!
E quindi cosa ne penso?
Algae Inc. è tra i papabili vincitori del Goblin Magnifico, premio dedicato ai giochi per esperti, quindi viene da sé che non è adatto a giocatori di primo pelo, ma nonostante un’entrata ripida, si rivela essere più abbordabile di quanto non sembri inizialmente.
Ammetto che mi ha colpito positivamente e che mi piacerebbe rigiocarlo a breve, anche se l’idea di affrontare di nuovo una spiegazione così impegnativa mi frena un po’ dall’acquistarlo. Probabilmente farò ciò che mi riesce meglio: aspettare che qualcuno del mio gruppo lo compri, così da poterlo giocare senza dovermi preoccupare del resto.
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Sono tornato anche quest’anno a Parma per il 20° Incontro Nazionale delle Autrici e degli Autori di Giochi, ovvero: IdeaG! La mia settima edizione nazionale! Inizio quasi a sentirmi un veterano, vecchio, stagionato o, se preferite, profondo conoscitore dell’ambiente. Un esperto, se vogliamo, non di giochi forse, ma di come si sta a un tavolo per fare del playtest sì. E quindi, voi direte: “Ne avrai fatto una miriade di playtest, giusto?”
No
Non prendiamoci in giro, sono sempre stato uno scansafatiche che approfitta di queste occasioni per rivedere amici, mangiare e bere senza alcun ritegno. Tuttavia, nonostante abbia giocato poco, devo ammettere di aver giocato bene. Diciamo che quest’anno ho puntato più sulla qualità che sulla quantità!
A differenza degli anni passati, dove ho scritto migliaia di righe per ogni report, addirittura in un caso facendo due articoli (vedi qui e qui), raccontando con minuzia di particolari i regolamenti di tutti i giochi provati, quest’anno ho deciso di tornare alle origini con articoli meno voluminosi e più immediati. Solo un breve accenno a ogni gioco provato, anche perché tanto poi le regole da qui ai prossimi mesi cambieranno in un battito di ciglio. Ah, probabilmente sarò ancora più dispersivo del solito, ma ormai immagino mi conosciate abbastanza…
Appena arrivato. Ancora poca gente a IdeaG
Sabato
Il sabato a IdeaG è da sempre il mio giorno preferito, perché solitamente ho la forza di affrontare i giochi che più amo, quelli corposi e impegnativi da almeno 4.0 su BGG. Ecco, solitamente dicevo, certo che se però parti da casa con poche ore di sonno in saccoccia, non è che disdegni partire con cosine più light. Quindi, ho saltato dritto ignorando ogni ben di Dio che mi si parava davanti agli occhi, che anche solo sembrasse più complesso di un Carcassonne.
Pirati e Farfalle
No Prey No Pay
Ho ritrovato il caro Emanuele Briano, e dopo averci scambiato due chiacchiere, mi sono seduto a provareNo Prey No Pay. In questo gioco, i giocatori vestono i panni di pirati intenti a dividersi il bottino delle loro razzie, ma dove spesso capiterà di lasciare qualcuno al tavolo a mani vuote. Ci sono diverse carte che daranno punti a fine partita per dei set collection, maggioranze e altre condizioni. Soltanto i più bravi a fare previsioni potranno accedere al bottino. I giocatori disporranno di carte con sopra riportati dei valori da 1 a 3, uguali per tutti, e dopo averne giocata una a ogni turno dovranno scommettere sul valore totale di tutte quelle in gioco. In base a chi si sarà avvicinato di più al valore totale, i giocatori avranno la possibilità di raccogliere dal tavolo il bottino, che sarà in quantità limitata a ogni round. Ho avuto l’impressione che il gioco non avesse bisogno di alcun intervento e che fosse già pronto per essere piazzato a qualche casa editrice. Non mi è dispiaciuto.
Butterflowers
Curiosando qui e là, vagando tipo The Walking Dead tra i tavoli, vengo attratto da quello del buon Filippo Landini per provare il suo Butterflowers. In questo gioco bisogna collezionare principalmente carte con fiori e farfalle, sbloccare delle milestone per acquisire nuove abilità e poter agire su di un mercato comune, dove far crescere il valore delle varie tipologie di farfalle. Interessante la gestione delle presa delle carte, condizionata dai simboli presenti sulle stesse, rappresentanti l’alba, il sole di mezzogiorno e il tramonto, che ti obbligano a prendere soltanto carte dello stesso tipo. Lasciate perdere il discorso farfalle e fiori, che immagino possano attrarre quanto una visita dall’urologo, ma questo gioco è a mio avviso davvero ben fatto e, con qualche limatina, sono sicuro ne uscirà un buon prodotto.
IdeaGDR
Quest’anno, per la prima volta, a IdeaG, era presente un distaccamento dedicato al GDR! Sei o sette tavoli dedicati al playtesting del Gioco di ruolo in un’altra saletta, meno caotica delle altre ma carica di magia. Ho soltanto incrociato Mauro Longo, uno degli artefici di questa innovazione, senza però poter scambiare nulla di più che due parole. Immagino comunque la sua emozione e soddisfazione nel vedere realizzarsi un passo così importante. Così, passeggiando curioso fra i tavoli, ho assorbito tutto l’entusiasmo di quel manipolo di autori, lasciandomi coinvolgere nel loro mondo e raccogliendo i loro feedback (molto positivi) sull’evento. Non ho giocato a nulla, mi sono limitato ad ascoltare un paio di idee e ne sono uscito soddisfatto.
Ground Zero
IdeaG è una polveriera di menti in costante lavoro, puoi quasi sentire gli ingranaggi che stridono i loro denti mentre ruotano, al quale solo gli autori più navigati sanno porre rimedio “lubrificando” con una buona birra. È il caso del mitico Simone Cerruti Sola, che dopo qualche anno ritorna in quel di Parma e subito mi propone una bella bevuta, non prima però di testare il suo ultimo gioco: Ground Zero. Un gioco di gestione e piazzamento dadi dove lo scopo sarà quello di fondare un’accademia della magia. Sarà nostra cura sviluppare i vari attributi, gestendo anche quelli di luce e oscurità, bene e male, cercando di bilanciare in un perfetto equilibrio ogni cosa.
Non posso scendere maggiormente nei dettagli senza dover scrivere un romanzo. Premesse buone, c’è ancora da lavorarci, ma visto il nome dell’autore, sono sicuro che verrà fuori qualcosa di buono.
Sabbia e Mana
Castelli di Sabbia
Dopo la pausa dissetante, si torna in sala a provare cinghialoni! Scherzo, non è vero, mi fermo dal mitico Filippo – Jack Black – Brigo a provare un gioco di carte, Castelli di Sabbia, fatto in collaborazione con Francesco Corato, per un target dichiarato di 7+, ma che ha intrattenuto piacevolmente anche un 47+ come il sottoscritto. Meccaniche semplici: peschi delle carte, giochi quelle con gli stessi numeri presenti sul castello di sabbia, andando a completare la struttura e attivi i poteri per stimolare un’interazione diretta, spietata ma divertente. Non male, dai!
Non ricordo il nome
Poi, con il grandissimo Tommaso Vezzali, ci siamo appropriati di mezzo tavolo e abbiamo provato un suo gioco (lo aggiungo dopo che ora non ricordo il nome). Un gioco di quelli che di solito rifuggo come la peste! Non amo i giochi di carte in generale, se poi sono vagamente di carte collezionabili, uno contro uno, sento del dolore fisico anche solo a stargli vicino. Però questa volta ho sopportato, dopo tutto, il playtester a IdeaG è al servizio dell’autore! E poi, col senno di poi, non mi è andata neanche così male. Questo gioco mi ha mostrato in pochi turni una fase di crescita esponenziale, dove, dopo una prima mano esplorativa, un po’ lenta, ne è seguita un’altra più veloce e appagante, regalandomi delle buone sensazioni.
Il sistema di attivazione a modi tris delle nove carte disposte in una griglia tre per tre, permette di accumulare risorse e mana per poter migliorare al mercato le proprie carte, oppure risolvere le missioni prima dell’avversario, sfruttando altre intuizioni, che per brevità, non sto qui a raccontare. Questo gioco mi ha colpito soprattutto per l’impressionante quantità di carte già pronte e, a occhio inesperto quale può essere il mio, già ben bilanciate.
E pensare che questo genere di giochi solitamente mi fa ca… capire quanto i gusti dei giocatori possano essere condizionati dalle esperienze negative pregresse, e che non è detto che un buon gioco non possa farci ricredere. Bisogna sempre dare delle seconde chance!
Quindi ho dato una seconda chance anche al barista, bevendo un’altra birra, questa volta con una nuova crew.
A IdeaG solo per giocare. Sì…
Il Mio Preferito
Per riprendermi dalle mille fatiche, ne ho approfittato per andare a fare il check-in al mio albergo. Sì, perché per la prima volta non sono rimasto nello stesso hotel dove si svolge l’evento. Ho trovato un’offerta migliore in una struttura molto vicina e con i soldi risparmiati mi ci sono pagato la cena. No, non scenderò nei dettagli dei prezzi, ma ne è valsa la pena.
Manarola
Mezz’ora dopo, sono nuovamente ai tavoli, giusto in tempo per poter provare il mio gioco preferito di questa edizione di IdeaG. Due giovani e acerbi autori, come Walter Obert e Carlo Lanzavecchia, mi portano a Manarola. Un gioco scenografico che soltanto due menti geniali come le loro potevano partorire. Oltretutto, gioco non registrato nel listone dei prototipi e con le plance disegnate al momento su dei pezzi di carta, perché il regolamento vero e proprio è stato definito quella mattina stessa…
Immagine presa da internet
A turno, ogni giocatore può eseguire 4 azioni, fra cui prendere un edificio, posizionare un edificio, prendere un contratto, prendere un oggetto fra un gatto, un gabbiano e un omino. Sì, possono fare più volte le stesse azioni, ma con una riserva limitata dove stipare le cose. Lo scopo è quello di ricreare le condizioni dei contratti, rispettando posizione, colori, presenza di oggetti e portoni, negozi o finestre, cercando di ottimizzare il più possibile le proprie mosse. Man mano che il gioco prosegue, la città si costruisce davanti ai propri occhi, regalando uno scorcio esattamente uguale alla realtà. Sono due geniacci e io non vedo l’ora di poterlo giocare nuovamente!
Arriva il momento più bello della giornata, ovvero quello dove si mangia! Anche quest’anno mi ritrovo a cena con Luca Ciglione di Giochi Sul Nostro Tavolo, Nicola il Green Player e Stefano il Boardgamer di Montagna. Siamo così male assortiti e casinisti che pariamo Abatantuono and Company in Attila il flagello di Dio. Per fortuna i nostri Unni sono Claudia, Licia, Christian e Sara che alzano un pochino il livello (solo un pochino), ma non basta ad evitarci le occhiatacce della proprietaria. Quest’anno siamo andati a mangiare in un posto sperduto trovato all’ultimo momento, perché la bettola dove eravamo stati l’anno scorso ha chiuso, probabilmente per la vergogna, subito dopo averci ospitati l’ultima volta. In questa nuova location (voto diesci) ho potuto apprezzare specialità del luogo come il risotto taleggio e radicchio, annaffiato da dell’ottima acqua.
Nient’altro da segnalare, se non che per la fretta di tornare in albergo siamo andati via senza salutare Sara, che ho scoperto soltanto in un secondo momento essere colei che sta dietro il profilo Instagram I Giochi di Sasha. Adesso capisco come mai ricorreva spesso nei discorsi della serata!
Nicola Mosca che istiga alla violenza contro un altro tavolo
La Cialtronata
Ma perché tutta sta fretta di tornare a IdeaG? Perché per le 21 era prevista la cialtronata! Ora, per chi non è mai venuto in passato a un’IdeaG nazionale sarà difficile comprendere questa cosa, ma IdeaG, oltre che un ritrovo di grandi autori, è anche un ritrovo di gran cialtroni! La sera si organizza uno spettacolo dove i partecipanti, solitamente, collaborano fra loro per la creazione di un gioco da tavolo, sfidando gli altri tavoli a suon di esposizioni surreali, urli, insulti, ululati, incitamenti e applausi vari. A presentare la serata un impeccabile Luca Borsa, stimato concittadino e gran visir di tutti i cialtroni di IdeaG!
Appena arrivati, e dopo aver rovesciato acqua sul tavolo e preso a insulti gli altri presenti, accogliamo Chiara de Le Recensioni di Chiara, per creare una super squadra capitanata dal sottoscritto.
Le interviste di IdeaG mentre la gente dorme!
GLI INCONTINENT CREATOR
Purtroppo, nonostante un’idea brillante, la realizzazione di un prototipo perfettamente funzionante e l’ottima e impeccabile esposizione del sottoscritto, non abbiamo vinto, giungendo però a un rispettabile secondo posto. Ho provato in tutti i modi a farmi amico la giuria e il pubblico, esponendo la mia teoria secondo cui per creare un gioco di successo quelle che contano veramente sono le recensioni degli influencer e le loro storie su Instagram, e che essere autori è sopravvalutato, ma nonostante tutto ci hanno preferito altri. Per la cronaca, ha vinto una squadraccia capitanata da Riccardo Vadalà e sovvenzionata dai soldi di Max Calimera, che dopo aver unto la giuria e soprattutto il super giurato editore Silvio Negri Clementi, promettendo una prossima uscita della rivista Io Gioco interamente e unicamente dedicata a Pendragon Game Studio, ha avuto gioco facile. A tal proposito, chiedo ufficialmente indietro i soldi che ho allungato alla giuria per vincere il primo premio! Comunque, se volete una panoramica dettagliata del nostro gioco, lo trovate nella seconda parte del video di Chiara cliccando qui. Potete cogliere le mie indiscusse doti oratorie che mi hanno valso un premio speciale della critica, per la migliore presentazione.
Premio speciale della giuria. Un gioco di Luca Bellini. In russo!
Cinque o sei anni fa avrei fatto le quattro del mattino a giocare, per macinare quanti più giochi possibili, ma a mezzanotte e cinque sono già in debito di ossigeno. Scambio due chiacchiere con Licia Cavallini e Christian Viaggio, i mitici ragazzi di Salso Ludix, che quest’anno hanno curato i social di IdeaG durante tutta la kermesse. Bevo qualcosa, annuisco e rispondo con sciocchezze a domande intelligenti, saluto e poi quasi senza accorgermene mi ritrovo in camera mia, pronto per andare a dormire.
Cose che capitano. Spesso. Solo a me!
Domenica
Rinvigorito dal sonno e dall’abbondante colazione, torno alla carica ai tavoli di IdeaG. Il mio programma è sempre lo stesso di tutti gli anni: si gioca fino all’ora di pranzo, poi si torna a casa.
Golden Acorn
Trovo il carissimo Luca Zack Piran e il suo splendido gioco Day Zero, un american che tanto attira sia per la veste grafica che per l’idea di gioco in sé. Ho declinato l’offerta di provarlo, consapevole dello scarso apporto che avrei potuto dare in termini di playtesting, ma ho potuto provare, sempre dell’autore, un bel gioco di corse di nome Golden Acorn. Ambientato in un bosco, si tratta di un gioco di gestione mano di carte, con una parte interessante di programmazione del turno, sia per quanto riguarda la carta da giocare nel turno successivo, sia nella scelta di dove posizionare il proprio segnaposto su di un lato o l’altro del ramo.
Se decidiamo di partire in posizione più avanzata per ottenere maggiori risorse ghiande (vero e proprio carburante del gioco), poi muoveremo la nostra pedina senza alcun vantaggio, mentre invece, se lo posizioniamo più indietro, potremo avanzare più velocemente, sfruttando dei boost, ma a costi più alti in termini di ghiande. Gioco pulito e piacevole, soprattutto per chi al tavolo apprezza le sportellate, con situazioni di gioco forse un po’ troppo al limite della controllabilità, per via delle abilità asimmetriche dei giocatori e dall’interazione diretta che ne scaturisce, ma davvero divertente. Bella idea, bravo!
Tobia Botta
Finalmente Tobia
Io e Tobia Botta abbiamo sempre un appuntamento fisso le domeniche a IdeaG, perché lui prende sempre il tavolo quel giorno, dedicando il sabato a playtestare i giochi degli altri, mentre io la domenica solitamente non riesco a provare roba troppo complessa, spesso sfatto dal giorno prima. I suoi giochi sono perfetti, mazzetti di carte con poche regole, ma davvero geniali.
Jinn
Anche qui non entrerò troppo nello specifico, altrimenti non finisco più di scrivere, ma da lui ho potuto provare Jinn, un gioco di prese dove puoi giocare carte davanti a te o agli avversari in base ai colori, e che alla fine del round, chi ha davanti a sé il numero più alto, prende una carta tesoro, così poi il successivo e così via. Se la carta tesoro indica un 3, ad esempio, i 3 giocatori con la carta più alta della manche prenderanno ognuno un tesoro. Nella sua semplicità si è rivelato essere un gioco preciso e divertente.
Colorzilla
Poi abbiamo provato Colorzilla, il mio preferito del trittico, che però richiede ancora un po’ di lavoro di sviluppo. Un uno contro tutti, formato da un mazzetto di carte che riportano da un lato sei tipi diversi di colori. Un giocatore interpreta Godzilla che entra in città, giocherà una carta coperta dalla propria mano, vincolato da una sequenza di colori obbligatoria preventivamente visionata, che lo obbligherà a giocare seguendo un ordine senza mai cambiarlo durante tutta la partita. Gli altri giocatori, ignari dell’ordine dei colori, dovranno rispondere, carta su carta, confrontandosi e giocando a loro volta una carta. Se i colori saranno uguali, Godzilla subirà un colpo, altrimenti proseguirà nella propria avanzata.
Una ricerca del codice colori alla Mastermind per cercare di intuire le mosse dell’avversario, ma pur sempre condizionato dalle carte nella propria mano. Credetemi, è molto più semplice di come l’ho spiegato io, ma non vorrei dilungarmi troppo, anche perché i regolamenti dei prototipi evolvono durante la fiera stessa!
Bonzo Gonzo
Terzo gioco provato sul wrestling Bonzo Gonzo, anche qui un’idea meravigliosa e che secondo me diverte tantissimo, ma che ha bisogno ancora di qualche aggiustatina. Partendo con delle carte disposte casualmente in una griglia, con i colori dei giocatori e valori da 1 a 5, puoi eseguire una delle due mosse: atterrare l’avversario adiacente con il valore uguale o più basso del tuo, ma nel farlo ti giri di spalle modificando il tuo valore di forza in zero, e quindi a tua volta rischi di essere schienato, oppure ti sposti su uno spazio libero della griglia. Dopo il test, abbiamo discusso sulla possibilità di aggiungere un sistema di punteggio e sulla possibilità di non avere il controllo solo dei lottatori di un determinato colore, ma di poter utilizzarli tutti. Moooolto promettente!
Il gioco che non fa per me
Everything, Fast!
Poi sono finito da Dario Massa per provare ancora tre giochi, sempre di peso light. Il primo è una bomba: Everything, Fast!, che a mio avviso potenzialmente può spaccare. Un party game in cui tutti devono liberarsi delle proprie carte in mano, scartandole al centro del tavolo seguendo delle regole per ogni figura. Tipo, ad esempio, la carta Scala, che puoi scartarla solo liberando il centro del tavolo di un set di tre carte dal valore in scala (per l’appunto), oppure la carta Re, che può essere giocata solo se è l’unica presente in quel momento sul tavolo, senza che ce ne sia presente nemmeno una con le sue stesse caratteristiche (Re, Colore, Valore). Questo gioco non fa per me, così come non fanno per me altri giochi come Dobble, perché mi sento frastornato cercando di decifrare le carte che ho in mano, mentre vedo gli altri scartarne come se non ci fosse un domani. Non è un gioco per vecchi, ecco, però secondo me spacca davvero!
Please Understand
Poi ho provato un altro gioco: Please Understand, dove a ogni giocatore viene assegnata una carta regola, sul cui retro dovrà posizionare degli oggetti di partenza che possano rispondere alle domande sì o no. Se la mia regola, ad esempio, è “si trova in una casa”, assegnerò il libro e le fragole sul sì, il motore e la rana sul no. Gli altri giocatori chiederanno dove andranno posizionati gli oggetti che a loro volta passeranno, e man mano, andando a riempirsi il tavolo di oggetti disposti sui vari sì e no, bisognerà cercare di intuire la regola alla base di ogni ragionamento.
Per ammissione dello stesso autore, è impensabile indovinare le regole, se non dopo lunghi e svariati tentativi, e la presenza di oggetti difficilmente assegnabili alle due semplici categorie ne aumentano la difficoltà. Tuttavia, non è impensabile riuscire a risolvere una o due carte, e farlo è anche piacevolmente gratificante. C’è da lavorarci, però mi intriga.
A Strange Town
Dell’ultimo gioco, A Strange Town, in realtà ho seguito solo la spiegazione e il primo turno, perché mi stavano aspettando per altro. Un giocatore interpreta la parte di un abitante di una città dove ci si esprime con dei modi di dire particolari. Gli altri, i forestieri, devono porgli delle domande e cercare di integrarsi nella città. In base alle risposte, si dovrà giungere a comprendere il loro modo di esprimersi. Ad esempio, se devo rispondere mettendo nella frase sempre almeno un colore e un giocatore mi chiede che tempo fa, io risponderò che è una giornata grigia. Se mi chiedono quale manga sto leggendo, io rispondo che sto leggendo One Piece, ma che sono nero perché non finisce più, ecc… Un gioco particolare, che ha la caratteristica di essere formato da pochissime carte, perché ne servirà una per ogni round, ma che potrebbe funzionare più come print and play che come prodotto da mettere in vendita!
In un mondo di Batman io voglio essere…
Ho mentito all’inizio, lo avevate capito vero? Ho detto che sarei stato breve e invece non ce l’ho fatta, mi sono fatto trasportare dai ricordi e ho iniziato a scrivere. Mica è facile però, provateci voi ad avere un’esplosione di emozioni da raccontare e doverle invece contenere! Ammetto che ho parlato poco dei giochi, preferendo concentrarmi di più sul resto, per il semplice fatto che ha poco senso parlare di regolamenti, quando questi variano in continuazione. Basta dare un’idea di massima e un’impressione, senza scendere troppo nei particolari.
Foto rubata dai social di IdeaG, non diteglielo!
E poi, parliamoci chiaro, a IdeaG non ci vai solo per giocare, ma per poter vivere e condividere attimi di puro divertimento insieme ai tuoi eroi. Perché io da piccolo non volevo essere Batman, io volevo essere Pestrin!
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A chi legge porta via poco tempo, a chi scrive serve per capire se si sta andando nella giusta direzione.
L’importante è essere costruttivi anche nelle critiche.
Anche quest’anno ho avuto la fortuna di essere ospite a Salso Ludix, evento sul gioco da tavolo e di ruolo nello splendido Palazzo dei Congressi di Salsomaggiore Terme, svoltosi il 19 e il 20 ottobre, organizzato dall’omonima associazione A.S.D. Salso Ludix, con la direzione artistica di Christian Viaggio, Daniele Molinari e Andrea Storti.
Potendo fare affidamento su diverse associazioni ludiche del territorio, un gran numero di volontari e professionisti, supervisionati da un’organizzazione ormai oliata e consolidata, anche quest’anno la kermesse è stata un successo, forse anche più dell’anno scorso, cosa che non credevo fosse possibile.
Posso fare un piccolo confronto, avendo partecipato anche all’edizione scorsa, trovando un miglioramento in termini di organizzazione degli spazi, volti a cercare di lasciare ancora più zone dedicate al gioco, senza perdere tuttavia le aree tematiche dedicate al gioco di ruolo, ai giochi di carte collezionabili, ai Lego e ai panel, offrendo addirittura un’intera arena a questi ultimi.
Ok, finita la parte seria (la maggior parte scopiazzata dal comunicato stampa), passo a parlarvi della mia Salso Ludix.
Conta più la persona che il personaggio
Resto spiazzato, imbarazzato e grato quando Daniele e Christian, anche quest’anno, mi chiamano per invitarmi a partecipare a Salso Ludix. Non sono certo un personaggio come TeOoh, I Giullari o Helios Pu. Soprattutto lo sono ancora meno quest’anno, che, per mille ragioni, ho contribuito davvero poco alla divulgazione del gioco sui miei canali, ma è chiaro che, per loro, conta più la persona che il personaggio. Per dire, mia madre si dimentica di invitarmi a cena (forse anche perché sa quanto mangio) e loro, invece, si ricordano di me! Scherzi a parte, capisci subito quando hai a che fare con ragazzi appassionati e con le idee chiare, che sanno quello che vogliono: “Vogliamo il Pabis perché… perché vogliamo il Pabis?” me li immagino così durante il loro briefing.
Poi, diciamocela tutta, Luca Borsa, mio esimio concittadino, ha bisogno di un badante, e loro sanno benissimo che sono la persona più adatta per questo ruolo!
Quello con la borsa è il Borsa. Scusate…
Scende la pioggia ma che fa
Partiamo da casa con calma a metà mattina e, in un’oretta e mezza, arriviamo in quel di Salsomaggiore Terme, in tempo per il pranzo. Subito a pensare male, eh? È solo un caso. Giusto il tempo di scrollarci di dosso la pioggia e ambientarci nelle splendide sale del Palazzo dei Congressi, dove si svolge Salso Ludix, che veniamo accolti da Daniele e Christian. Abbandonato Luca Borsa al suo programma, assaporo il clima piacevole nelle sale, approfittando dei tanti amici e “colleghi” per scambiare due chiacchiere. Ci sono tanti bravissimi autori, ma anche Roberto Pestrin, tanti bravissimi divulgatori capaci, ma anche Luca Ciglione. Insomma, di tutto un po’, alti e bassi.
Peccato per l’estintore, potevano farlo bianco!
Giochi provati a Salso Ludix
Ho proposto un paio di giochi per il “Gioca Con” di quest’anno e ne ho approfittato per sedermi a provare qualcosa. Senza scendere troppo nei particolari dei giochi, ecco cosa ho provato in questi due giorni:
I ritardatari
Botanicus
Botanicus ha davvero un bel ritmo, semplice e chiaro; si spiega con semplicità, e il suo pregio migliore è che lo puoi giocare sia con il neofita che con il giocatore esperto, senza perdere il piacere di giocare. Il difetto è che parla di piante e giardini. Questo è il primo gioco che ho deciso di proporre per il mio “Gioca Con” del sabato.
All’orario prefissato lo apparecchio sul tavolo assegnatomi, ma, con il passare dei minuti, sembra chiaro che chi si è prenotato non sarà della partita. Decido allora di cedere e farlo giocare ai “tre scappati di casa”, che, in barba alle prenotazioni, avevano già preso posto al tavolo: Luca Borsa, Walter Obert e Carlo A. Rossi. Faccio l’errore di dire a Carlo che, secondo me, la strategia degli animali, nella versione base, soprattutto nelle prime partite, è un pelino troppo redditizia; subito fa suo il consiglio e ci asfalta. A un certo punto arrivano anche i due che si erano prenotati (con solo 23 minuti di ritardo) e, cogliendo la loro delusione nell’aver perso il posto, mi offro di intavolarlo nuovamente appena finita la partita. Tutti felici, e anch’io di prendere mazzate anche da loro.
Ero troppo preso per fare foto mentre giocavo
Fruit Cup
Scopro di essere una sega assurda a questo gioco, ma che inspiegabilmente vorrei, così da farci giocare tutti in ludoteca e a casa. Davvero, sono imbarazzante mentre cerco di decifrare le richieste delle carte e, con il cucchiaino, tento di tirare fuori gli ingredienti inadatti al loro completamento. Il mio cervello ragiona al contrario, togliendo gli ingredienti che invece dovrei lasciare nel bicchierino. Al tavolo ho perso con chiunque sia passato di lì: da Paolo Mori a Gabriele Mari, da una bambina di tre anni ad addirittura Roberto Pestrin!
Bel gioco davvero
Shogun No Katana
Provato la domenica nella Sala delle Cariatidi (un nome un programma) ai tavoli di Orizzonte degli Eventi, associazione attiva dal 2007 in quel di Piacenza, che vanta fra le proprie fila proprio l’autore del gioco, che però non c’era. Meglio così, ho evitato di fare figuracce davanti a lui! Oltretutto il gioco non l’avevo mai provato, se non in versione prototipo nel 2017, quindi sono riuscito a colmare una mia lacuna. Purtroppo ho scelto male i miei compagni di tavolo: Luca Ciglione e Fabio Lopiano, soprattutto quest’ultimo, la devo smettere di giocarci assieme! Ha infierito inanellando una serie infinita di combo, forgiando più katane lui che Hattori Hanzō in Kill Bill. Comunque, questo è un gioco davvero ben fatto, che fa venire voglia di rigiocare immediatamente. Quasi quasi me lo regalo a Natale…
Un Pestrin desideroso di menare
Gioco di menare
Lo so, è tutto l’articolo che parlo male di lui, ma Roberto Pestrin mi ha fatto provare un gioco di menare (manco mi ha detto il titolo) che ricorda i classici beat ‘em up, o picchiaduro se preferite, in stile Street Fighter, misto a Sushi Dice. Non so realmente quanto possa parlare di questo prototipo, ma posso dire che mi sono divertito davvero parecchio e che non vedo l’ora che sia mio! Che poi, riflettendoci, ha tutti gli elementi che più odio nei giochi: il dexterity, il dover essere veloci, urlare e suonare una cacchio di campanella, eppure mi sono davvero divertito. Eh sì, lo ribadisco anche qui, collegandomi a un discorso nato al tavolo: i giochi per ragazzi possono essere anche di puro divertimento ignorante, non devono per forza insegnare sempre qualcosa.
Dall’Egitto con furore
Pyramidice
Altro gioco proposto dal sottoscritto per il “Gioca Con” è Pyramidice. Non ho avuto prenotazioni dal sito del Salso Ludix, ma, una volta apparecchiato, ha riscosso fin da subito la curiosità dei passanti. Infatti, dopo qualche minuto di attesa, tre amici si siedono al tavolo. Due di questi ci stanno dentro, capiscono al volo come si gioca; quello che mi preoccupa, però, è il loro amico, quello con la birra in mano, che mi confida di star seguendo una dieta liquida. Praticamente ho giocato anche per lui, ma la cosa più sconvolgente, al termine, è stata sentire il gruppetto decidere di andare a giocare a un Lacerda. Non oso immaginare cosa possa essere stata quella partita.
Aky, Lopiano, Mari, Pestrin, Ciglione e il sottoscritto.
Just One
Qui sto un po’ imbrogliando; questo l’ho giocato all’hotel, dove, dopo cena (ne avrei tante da raccontare anche sulla cena, ma vi risparmiamo certe scene), ho trovato il clan degli autori Obert, Borsa, Pestrin, Mari e Spada, a cui poi si è aggiunta anche Aky, e abbiamo dato vita a una partita memorabile di Just One, dove abbiamo scoperto che: Walter Obert ha un pensiero laterale, ma così tanto laterale, che è quasi fuori dalle mura della stanza. Per capirci, per farmi indovinare un dolce, la crêpe Suzette, scrive “MURO”. Muro per le crêpe! Quella sera ho scoperto che David Spada utilizza sempre e solo termini francesi quando tocca a me indovinare qualcosa, qualsiasi cosa essa sia. Ho anche scoperto che sono l’unico stronzo a non ricordare i nomi dei personaggi di Asterix. È stata una chiusura di serata bellissima di cui purtroppo non ho scattato foto.
Il sabato a Salso Ludix, tra le varie attività, le partite, qualche panel da seguire e chiacchiere varie, scivola che è una bellezza. A un certo punto mi cercano dall’organizzazione per un’intervista, cinque minuti per chiederti come sta andando la manifestazione, con una o due domande da montare poi in spezzoni da mettere sui loro social. Vengo microfonato e buttato sotto il mega riflettore. Mi lamento della luce, insistendo che con la mia bella carnagione da mozzarella potrei confondermi con i muri, ma vengo giustamente ignorato. Parte la domanda e, mentre rispondo, si sente un frastuono alle mie spalle dietro il telo. Licia e Michele, intervistatrice e cameraman, indispettiti vanno a controllare chi ci sia dietro, ma scoprono che non c’è nessuno. Insomma, delle scatole sono cadute da sole appena ho iniziato a parlare. Più volte. Mi piace pensare che fosse il fantasma formaggino, annoiato dalla mia voce, che desiderava mettere fine a quello strazio.
Finisco l’intervista, ringrazio e annuncio (mi pare logico farlo a voce alta) che mi sto pisciando addosso e mi avvio verso i bagni… ancora microfonato! Per fortuna vengo raggiunto in tempo e spogliato di ogni aggeggio radiofonico. Sta scena mi ricorda un po’ Frank Drebin in Una Pallottola Spuntata…
Con Luca Ciglione che scende al mio livello
Non contento, raggiungo il bagno, faccio passare un tizio che esce dalla porta e mi infilo a espletare le mie funzioni. Esco e, mentre lavo le mani, guardo alla mia sinistra, vedendo due signore che stanno facendo la stessa cosa. Sono leggermente imbarazzate ed evitano di guardarmi, io probabilmente sono viola e balbetto frasi sconnesse:
“Oh, ho sbagliato io o avete sbagliato voi?” “Mi sa lei…” “Scusate, ma c’era dentro un signore!”
Silenzio. Esco fuori impacciato, mentre le due sghignazzano, guardo dietro la porta, che, da spalancata, nasconde l’omino con la gonna, a confermare quanto sono pirla.
Praticamente la sala dedicata a me!
Vuole un caffè?
Domenica mattina, colazione all’hotel insieme a tanti altri avventori del Salso Ludix. Siedo a un tavolo da solo, di fianco a TeOoh, seduto a sua volta a un tavolo da solo, di fronte a Helios Pu, a sua volta seduto a un tavolo da solo, così come Gabriele Mari… Sì, insomma, ogni persona è seduta a un tavolo da sola, non perché siamo un branco di asociali — forse anche quello — ma perché la stragrande maggioranza dei tavoli presenti nella sala è con un solo posto a sedere.
Non ho fatto foto nell’hotel, quindi ecco un dettaglio interno del palazzo dei congressi
Due chiacchiere, solite formalità con chi ti sta vicino, mentre addenti una brioche e bevi un po’ di succo, poi però arriva lui: il cameriere. Molto impostato, vecchia scuola, sebbene penso abbia sì e no la mia età (quindi moooolto giovane), con un’espressione che ricorda un po’ Elmo dei Muppets e una voce incredibilmente uguale a quella di Zed di Scuola di Polizia:
“Le porto un Caffffeeeeeueue?“
Muoio, trattengo a malapena le labbra mentre gli occhi mi si stringono. Sento il cuore battermi nel petto mentre resto impassibile, guardandolo e annuendo. Non oso guardarmi attorno finché non si allontana, ma percepisco gli occhi spalancati di tutti gli altri attorno a me che, a loro volta, a stento si trattengono dal ridere fragorosamente.
Da lì in poi, il delirio: ogni volta che passava leggevo negli sguardi dei presenti l’attesa e il desiderio di riascoltare quel soave gracchiare, mentre si avvicinava ai nuovi avventori.
Sembra gigante, ma è soltanto una normale scacchiera all’interno di una delle bellissime sale del palazzo
Conclusione
Torniamo seri, almeno quel poco. Salso Ludix è fra i migliori eventi ludici a cui un appassionato possa decidere di partecipare. Puoi giocare a stretto gomito con personalità di spicco di questo mondo ludico, seguire panel molto interessanti in un ambiente davvero fuori dall’ordinario.
Il contrasto tra l’architettura Liberty-Decò del palazzo e i tavoli ricolmi di giochi restituisce un alone di rara bellezza. Al piano di sopra ci sono passato solo rapidamente, ma le tante sale colme di giocatori di ruolo testimoniano la buona riuscita dell’evento, capace di unire e fare giocare chiunque. Anche famiglie e casual gamer sono stati degnamente accontentati con un’intera area al piano inferiore dedicata ai Lego. E poi, zone dedicate alla pittura di miniature, in cui ho visto tantissimi giovani, ma soprattutto l’immancabile stand della cioccolata di Marco Biolzi, che ha fatto la gioia della mia famiglia, a cui ho portato gli immancabili cioccolatini a forma di meeple.
Cioè, ma vi rendete conto di cosa voglia dire giocare qui dentro?
Solo una cosa prima di chiudere: questa edizione è stata dedicata a Giovanni Melandri, giovane divulgatore ludico della zona che ci ha lasciato troppo presto poche settimane fa. Ero suo amico di Facebook da alcuni anni senza mai realmente conoscerlo, poi, proprio l’anno scorso al Salso Ludix, ho potuto scambiare un po’ di parole con lui, scoprendo una persona appassionata e davvero piacevole. Ci eravamo ripromessi di mantenere i contatti, ma si sa, sono cose che si dicono tanto per dire, prima di essere rapiti dalla frenetica quotidianità. Siamo abituati a pensare che c’è sempre tempo per qualsiasi cosa… no, non è così: prendiamoci il nostro tempo per fare quello che amiamo, quando lo vogliamo, insieme a chi vogliamo.
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